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8 marzo: consulenti lavoro, parità di genere anche in Jobs Act autonomi

07 marzo 2016 | 14.49
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Marina Calderone
Marina Calderone

“La parità di genere sia una priorità del Jobs Act degli autonomi”. Lo chiede il Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro, in occasione dell'8 marzo, ricordando l’impegno della categoria "per arrivare a un ampliamento della disciplina relativa alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro".

"Solo l’equità di genere -spiega una nota dei consulenti del lavoro- può essere in grado di generare incremento dell’occupazione e coesione sociale: il Jobs Act fa un passo avanti positivo ma, sul fronte del lavoro autonomo, è da perfezionare". I consulenti del lavoro, continua, "riflettono e dibattono costantemente sul ruolo del lavoro femminile attraverso la Commissione pari opportunità e politiche di genere del proprio Consiglio nazionale, i convegni sul territorio, l’esame delle norme (sia in gestazione, sia emanate) per i lavoratori dipendenti e per i lavoratori autonomi".

La presidente del Comitato unitario delle professioni (Cup) e dei consulenti del lavoro, Marina Calderone, "giudica positivamente il Jobs Act nella parte in cui si occupa della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, ampliandola e rendendola più aderente alle reali necessità delle donne (genitorialità derivante da adozioni o affidamenti, telelavoro, congedi per vittime di violenze di genere)".

“E’ necessario però - afferma la presidente - mettere in campo ulteriori riflessioni anche sul ruolo che le donne ricoprono all'interno della società e sulle difficoltà d'integrazione lavorativa che ancora oggi riscontrano. Tutto questo ricordando sempre l'apporto importante che le donne possono offrire allo sviluppo dell'economia italiana e alla gestione dell'economia familiare”.

Sul versante del lavoro autonomo, inoltre, l'accesso al mondo delle professioni è contraddistinto da una forte componente femminile. Ma se si analizza il differenziale retributivo di genere, ci si rende conto di quanto siano penalizzate le donne professioniste rispetto ai loro colleghi maschi, a causa della difficile conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Se è vero che a livello generale in Italia i lavoratori guadagnano il 7,3% in più delle lavoratrici, nel mondo delle professioni le percentuali sono molto più alte. Se non altro perché in gravidanza o in malattia le professioniste - non potendo lavorare - vedono drasticamente abbassare i loro redditi.

Le pari opportunità, secondo la presidente Calderone, devono essere declinate in pari condizioni di lavoro, mettendo in campo "strumenti di welfare flessibili che offrano alle professioniste sostegni aggiuntivi al congedo di maternità obbligatorio". “La riforma del lavoro, iniziata con il Jobs Act, potrà dirsi conclusa - spiega - con un piano normativo efficace anche sul fronte del lavoro autonomo, che possa favorire le esigenze dei professionisti iscritti agli ordini professionali”.

Da parte dei consulenti del lavoro, sono molti i progetti messi in campo per sostenere le donne professioniste, come la convenzione in corso di definizione tra Consiglio nazionale dell’Ordine e il Dipartimento delle pari opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri per una banca dati in grado di mettere in rete le professioniste con la pubblica amministrazione.

Questo permetterà di valorizzare il talento femminile e favorire l’ingresso negli enti pubblici. Senza dimenticare la creazione della rete nazionale tra le Commissioni pari opportunità, nate nei Consigli provinciali degli Ordini, e il percorso formativo che presto partirà con il fine di migliorare l’orientamento dei componenti delle Commissioni stesse. Un altro progetto è quello di avviare uno studio sulla relazione tra patologie tumorali e stress da lavoro.

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