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Vino: professione assaggiatore, comunicare bene per fare conoscere

14 febbraio 2017 | 11.00
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Vino: professione assaggiatore, comunicare bene per fare conoscere

Mai sentito parlare di 'funghi di origine batterica'? E di 'pastiglie di zolfo aggiunte nei carri in vendemmia per salvare gli aromi primari del vino'? Sono solo due delle 'perle' del 'bestiario virtuale' stilato da Onav (Organizzazione nazionale assaggiatori di vino) e all'insegna di tre parole d'ordine: verità, semplicità e chiarezza. Padroneggiare l’informazione significa, infatti, in questo settore, saper tradurre messaggi anche molto tecnici in modo che possano arrivare al pubblico con facilità. Ed è proprio questa la mission degli assaggiatori di vino.

Una sfida, questa, particolarmente importante per i docenti di Onav, ma che dovrebbe essere comune a tutto il mondo del vino, dagli assaggiatori ai giornalisti, dai docenti universitari ai produttori, fino agli enotecari. Un tema importante, a cui Onav ha dedicato un momento di approfondimento.

"Chi fa formazione e informazione dovrebbe, infatti, cercare di omologare i contenuti e usare un linguaggio condiviso, allo scopo di raggiungere e far comprendere il messaggio a un pubblico quanto più vasto possibile, senza fraintendimenti o false verità. Chi ha le conoscenza dovrebbe unire precisione nella trasmissione dei contenuti alla curiosità verso quello che si racconta", sostiene l'Onav.

Per il presidente Onav, Vito Intini, "oggi sono indubbiamente molti i canali di informazione e formazione dedicati al vino: associazioni, riviste, corsi privati, blog, magazine". "In questo contesto - avverte - bisogna perciò soddisfare l’interesse del consumatore attraverso notizie date con competenza, senza però spaventare l’ascoltatore ma coinvolgendo la sua attenzione e la sua curiosità. La comunicazione è infatti, e soprattutto, per Onav, servizio verso il prossimo, ovvero mettere a disposizione del pubblico le proprie conoscenze ed esperienze".

Come sottolinea Vincenzo Gerbi, presidente del Comitato scientifico Onav e ordinario di Enologia all’Università di Torino, "spesso alcune nozioni che il comunicatore dà per scontate non vengono invece recepite correttamente dall’ascoltatore: numeri percentuali, unità di misura, sostanze chimiche sono solo alcuni esempi".

"L’assaggiatore-divulgatore, perciò, deve necessariamente mettere in discussione - ammette - le proprie competenze, avere un approccio umile e misurare frequentemente le proprie capacità di comunicazione. Solo così potrà trasmettere il bagaglio di conoscenze e informazioni riguardanti la storia del vino, i vitigni, la tecnica enologica, ecc., divulgando, oltre che conoscenze sul vino, uno stile di vita in cui l’assaggio sia esperienza diretta delle nozioni apprese".

Da parte sua Osvaldo Failla, ordinario di Viticoltura all’Università di Milano, pone l'accento sulla concretezza dell’informazione. Portando come esempio il concetto di terroir ed analizzandolo dal punto di vista scientifico, infatti, evidenzia come vi sia "la necessità, da parte del comunicatore, di interrogarsi sulla reale efficacia della divulgazione di concetti astratti, spesso di difficile comprensione per il consumatore finale".

Bisogna perciò diffondere la conoscenza utilizzando linguaggi semplici, come evidenzia anche da Luigi Moio, ordinario di Enologia all’Università Federico II di Napoli, dimostrando come si possano trasmettere dei concetti assolutamente tecnici anche attraverso l’utilizzo di immagini e di esempi semplici e divertenti: "Cercare nuovi modi di raccontare il vino e le sue basi scientifiche è, dunque, ciò che il buon divulgatore deve fare per riuscire ad avvicinare un pubblico quanto più ampio possibile".

Anna Schneider, ricercatrice Ipsp del Cnr, invece, sottolinea "l'assoluta necessità di dare informazioni verificate e certe, in particolare all’estero, dove non sono ammesse notizie errate o imprecise". "Da questo - spiega - nasce l’esigenza, per chi comunica il vino, di attuare precisi controlli sulle fonti e selezionare i contenuti, come nel caso dei vitigni in cui è necessario avere riscontri certi, basati sulla genetica molecolare, per dimostrare eventuali origini o parentele. Solo così si può essere ascoltati con attenzione, perché la conoscenza è il primo passo verso l’apprezzamento e l’amore”.

A parlare della figura del giornalista è Daniele Cernilli, direttore de L’assaggiatore e di Doctor Wine, il cui ruolo - afferma - è, prima di tutto, rendere comprensibile a un ampio pubblico nozioni scientificamente corrette: "Generalmente si pensa, infatti, che una cosa detta sia già una cosa comunicata, ma non è così. Non c’è spazio per informazioni imprecise o prese di posizione 'a prescindere'. Bisogna comunicare in modo semplice e accessibile, come facevano Luigi Veronelli e Mario Soldati, ricordandosi che la comunicazione è soprattutto servizio verso gli altri".

Il direttore di 'Arcipelago Muratori', Francesco Iacono, a sua volta, parla di storytelling e di come oggi non si possa più raggiungere il consumatore solo con la classica comunicazione pubblicitaria: "Semplificando, si potrebbe infatti dire che narrazione è riportare una storia. Ma, di fatto, non è solo questo, perché la storia deve essere vera e condivisa. Questo vale ancor più nel mondo del vino, dove molti sono i luoghi comuni. La narrazione deve essere quindi basata sulla trasparenza, bisogna comunicare quello che si sa e che si può comunicare. La sfida è farlo senza banalizzare ma rendendo il racconto bello, emozionante e, soprattutto, vero".

Giuliano Boni, di Vinidea, si chiede se l’innovazione tecnologica sia un ausilio o un vincolo alla comunicazione del vino: "È indubbio che il vino oggi si faccia diversamente da 2000 anni fa, grazie anche all’utilizzo di macchinari d’avanguardia, sia in cantina che in vigneto. La comunicazione sembra, però, che quasi si vergogni della tecnologia, non utilizzandola nel messaggio al consumatore. L’obiettivo dovrebbe perciò essere comunicare in positivo, raccontando ciò che si fa e non ciò che non si fa".

Francesco Bonfio, di Vinarius, porta la propria esperienza di enotecario: "In enoteca la comunicazione si è sempre fatta in modo accessibile. Di tutto il mondo del vino, infatti, solo chi lavora nel pubblico esercizio ha il consumatore finale a pochi centimetri di distanza. Una posizione unica, quella degli enotecari, che hanno la necessità di dover comunicare e di farlo in una certa maniera. Comunicare la verità è perciò un prerequisito imprescindibile, poiché se si mente il rischio di perdere il cliente è reale".

Infine, Carlo Pietrasanta, presidente Movimento Turismo del Vino, evidenzia come l’esperienza sia la vera chiave della comunicazione: "Solo attraverso la degustazione, l’assaggio, la visita in cantina, al consumatore rimarrà infatti un ricordo indelebile del vino, a cui si aggiungerà il racconto personale del vignaiolo che ha prodotto quell’etichetta. Forse questo non si tradurrà in una vendita, ma certamente quel vino verrà capito e apprezzato come testimone di una storia emozionante".

La sfida per Onav e per tutto il mondo del vino che oggi fa informazione è, dunque, individuare una comunicazione che tenga presente l’eterogeneità della platea e che faccia della verità e delle correttezza i propri punti di forza. Solo così, per Onav, si potrà essere credibili agli occhi dei consumatori, ampliando il proprio bacino d’utenza e diventando una voce del settore seria ed affidabile. Il vino, in fin dei conti, non ha davvero bisogno di inventare nulla poiché, per sua stessa natura, è un mondo tutto da raccontare.

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