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Professioni: cresce propensione studi a fusioni e acquisizioni

29 maggio 2017 | 16.41
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Professioni: cresce propensione studi a fusioni e acquisizioni

Un tessuto di micro e piccole imprese pronto a crescere in dimensioni e competenze: questa è la fotografia degli studi professionali italiani (avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro e studi multidisciplinari) aggiornata a dicembre 2016. Il 54% degli studi realizza un fatturato non superiore ai 100 mila euro, con un portafoglio clienti di circa 70 aziende; tuttavia, rispetto all'anno precedente, il portafoglio medio è cresciuto di una ventina di nominativi e il fatturato per cliente è sceso sotto i 2 mila euro. Anche per questo, quasi la metà degli studi professionali nutre interesse verso operazioni di fusione/acquisizione.

Sono alcuni dei risultati della ricerca dell'Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, presentata questa mattina a Roma al convegno 'Professionista X.0 … a ciascuno il suo!'. L'edizione 2016-2017 della ricerca ha raccolto 63 casi di studio che, sommati ai 145 provenienti dalle due edizioni precedenti, portano a 208 le osservazioni empiriche, permettendo all'Osservatorio del Politecnico di Milano di tracciare i trend che caratterizzano i progetti di innovazione tra gli studi di avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro.

"La ricerca rivela la dinamicità del quadro italiano degli studi professionali: quasi il 50% degli studi è interessato ad operazioni di M&A (merger&acquisition), sia nel ruolo di acquirente che come oggetto di acquisizione. Si delinea un mercato di compra-vendita per gli studi professionali che è forte e vivace", afferma Claudio Rorato, direttore dell'Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale.

"Altro elemento significativo - prosegue - è rappresentato dall'obiettivo di queste operazioni di M&A: gli studi cercano soprattutto fusioni trasversali, per integrare professionalità diverse dalla propria e arricchire la propria offerta, mentre una minoranza punta ad acquisizioni di tipo verticale, per rafforzarsi all'interno della propria specializzazione. Il mondo delle professioni si sta muovendo, anche se con velocità non omogenee, e gli studi professionali restano un sostegno fondamentale per la crescita del sistema imprenditoriale nazionale".

"Il modello organizzativo degli studi - sottolinea Elisa Santorsola, ricercatrice dell'Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale - risulta profondamente modificato nel 2016, sia per il contesto macroeconomico che continua a essere incerto, sia per l'adozione di nuovi strumenti tecnologici, un'area in cui gli investimenti dei professionisti sono cresciuti l'anno scorso del 2,5%. Ogni realtà professionale ricerca una propria identità modellata sulle nuove condizioni del proprio business di riferimento, dove i clienti esprimono esigenze che i professionisti cercano di servire con soluzioni personalizzate e mirate".

Come lo scorso anno, anche nel 2016 la micro e la piccola dimensione sono prevalenti tra gli studi professionali. La forma giuridica individuale è la più diffusa (73%), seguita a distanza dallo studio associato (14%). In media, in uno studio lavorano 3 professionisti, con 2 tra dipendenti e praticanti. Il 61%% realizza un fatturato che non supera i 100 mila euro; si confermano gli andamenti delle redditività registrati con la precedente indagine: il 56% dichiara un aumento e il 44% una contrazione. È il segno di un equilibrio raggiunto, non di una ripresa economica.

L’interesse verso operazioni di fusione/acquisizione è in aumento e viene espresso dal 48% degli studi professionali presi in esame, con una percentuale più alta per le operazioni che potrebbero coinvolgere realtà di altre professioni (37%) rispetto a quelle con studi della stessa categoria (10%). L'8% degli studi ha già effettuato operazioni di M&A, mentre il 36% per ora non è interessato a operazioni di mercato perché vuole mantenere la propria indipendenza giuridica e l'8% non intende effettuarne, temendo problemi di coesistenza.

La collaborazione con gli altri studi coinvolge il 33% del campione in forma stabile ma quasi sempre (30%) non formalizzata. Tra coloro che collaborano in modo stabile, il 68% ha instaurato la relazione da oltre 5 anni, il 17% tra i 3 e i 5 anni, il 10% tra 1 e 3 anni e solamente il 5% nell’ultimo anno. E' occasionale il 49% delle collaborazioni, il 12% ha interesse a collaborare ma ancora non lo fa. Per le attività di elaborazione paghe il 37% degli studi adopera l’outsourcing e il 5% è interessato a usarlo. L'outsourcing della contabilità viene usato dall’8% degli studi e interessa al 15%.

Gli studi professionali ritengono molto importante l'utilizzo di indicatori di prestazione (Kpi) per monitorare l’andamento dello studio (34%), le attività di analisi del mercato (33%), quelle di coaching (26%) e team building (25%). Sull'utilizzo degli strumenti digitali, il livello di competenze interno viene considerato avanzato per quel che riguarda la capacità di risolvere piccoli problemi legati agli strumenti informatici (56%), all'utilizzo di applicazioni per la produttività personale (43%) o per instant messaging e videoconferenza (23%), ma molti professionisti ammettono che le competenze attualmente a disposizione non sono sufficienti di fronte a strumenti informatici evoluti come intelligenza artificiale e business intelligence (lo afferma il 37% del campione) e nell'utilizzo dei social network (28%) e degli strumenti a supporto dei processi lavorativi (portali, Ged, workflow, 26%).

Ciononostante, la formazione fa ancora fatica a puntare in modo deciso su temi diversi dal panorama giuridico. Per l’anno in corso i principali temi formativi ritenuti di maggior interesse riguardano, per i dipendenti, gli applicativi di studio (45%) e le materie giuridiche (25%); il 32% degli studi dichiara di non prevedere alcuna formazione per i dipendenti per l’anno in corso. I principali temi formativi per i professionisti sono materie giuridiche (70%), applicativi di studio (54%) e materie economico-aziendali (25%); solo il 6% degli studi prevede di non fare formazione ai suoi professionisti.

L’investimento complessivo effettuato dagli studi professionali in tecnologie ammonta nel 2016 a un miliardo e 142 milioni, pari a un incremento del 2,5% sul 2015, spesso con strategie mature perché nella maggior parte degli studi la spesa in Ict è considerata leva strategica per migliorare organizzazione e posizionamento sul mercato. Di qui i sempre più numerosi progetti innovativi per migliorare l'efficienza (37%), le relazioni con i clienti (40%) e la capacità di fornire servizi (26%). La componente Ict incide sui costi tra le diverse professioni per importi oscillanti tra il 15% e il 20%.

L’87% degli studi è attrezzato o interessato al lavoro in mobilità, consentendo ai professionisti di collegarsi al gestionale dello studio in qualsiasi momento e luogo. Per quanto riguarda i dipendenti la percentuale è del 62%, segno comunque di una buona propensione verso modelli di lavoro 'più leggeri'. Tuttavia, lo smartphone e il tablet entrano ancora poco nella gestione dei processi lavorativi, tanto che la funzione più utilizzata, dopo quella telefonica, è la gestione dell’agenda (22%), seguita dalla lettura di articoli (15%) e dalla condivisione di documenti (11%).

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