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Zuckerberg: "Facebook ha sbagliato"

21 marzo 2018 | 21.18
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(Fotogramma)
(Fotogramma)

"Abbiamo commesso errori, c'è molto da fare. Io ho creato Facebook e io sono responsabile". Mark Zuckerberg, numero uno di Facebook, rompe il silenzio. La sua creatura è coinvolta nel caso che ruota attorno a Cambridge Analytica, la società britannica collegata alla campagna presidenziale di Donald Trump che avrebbe ottenuto informazioni -acquisite illegalmente da un altro soggetto- su decine di milioni di utenti di Facebook. Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Europea attendono chiarimenti. In California, azionisti del colosso creato da Zuckerberg hanno fatto partire la prima prima class action: si sono rivolti al giudice perché si ritengono danneggiati dalle comunicazioni false e fuorvianti sulla gestione dei dati personali. In questa bufera, il boss di Facebook esce dall'angolo con un lungo post: "Voglio condividere un aggiornamento sulla situazione di Cambridge Analytica, compresi i passi che abbiamo già compiuto e i prossimi che faremo per affrontare questa questione importante".

Scatta class action contro Facebook

"Abbiamo la responsabilità di proteggere i vostri dati e se non siamo in grado di farlo non meritiamo di offrirvi un servizio. Ho lavorato per comprendere in maniera dettagliata cosa sia successo e come fare per evitare che questo accada di nuovo", prosegue. "La buona notizia è che le azioni più importanti per evitare che una cosa del genere si verifichi di nuovo sono state già intraprese anni fa. Ma abbiamo anche commesso errori, c'è ancora da fare: dobbiamo agire e farlo ora", dice. Zuckerberg ripercorre le tappe della vicenda, che entra nel vivo nel 2013 quando "un ricercatore della Cambridge University, Aleksander Kogan, ha creato un'app con un quiz sulla personalità installata da circa 300.000 persone che hanno condiviso i loro dati e quelli dei loro amici. Visto come funzionava all'epoca la nostra piattaforma, Kogan era in grado di accedere a decine di milioni di dati degli amici" degli utenti. Una modifica apportata nel 2014 ha reso impossibile tale azione: "App come quella di Kogan non potevano più chiedere i dati degli amici di un utente a meno che gli amici stessi non avessero autorizzato l'applicazione. Inoltre abbiamo chiesto agli sviluppatori di ottenere la nostra approvazione prima di poter chiedere dati sensibili alle persone".

Nel 2015, Facebook ha appreso dal Guardian che Kogan aveva condiviso i dati raccolti con Cambridge Analytica. Tale violazione delle policy di Facebook ha comportato il 'ban' dell'app di Kogan. "E abbiamo chiesto a lui e a Cambridge Analytica di certificare in modo formale la distruzione di tutti i dati acquisiti in maniera inappropriata. Hanno fornito tali certificazioni". Quindi, si arriva alla stretta attualità. "La scorsa settimana abbiamo appreso dal Guardian, dal New York Times e da Channel 4 che Cambridge Analytica potrebbe non aver distrutto i dati come dichiarato. L'abbiamo subito sospesa vietando la possibilità di usufruire dei nostri servizi. Cambridge Analytica sostiene di aver già distrutto i dati ed ha acconsentito ad una verifica forense da parte di una società a cui abbiamo conferito incarico. Stiamo anche collaborando con le autorità mentre indagano sull'accaduto". Zuckerberg fa riferimento all'interruzione del rapporto di ''fiducia tra Kogan, Cambridge Analytica e Facebook. Ma c'è stata anche una rottura nel rapporto di fiducia tra Facebook e le persone che condividono con noi i loro dati e si aspettano che li proteggiamo. Dobbiamo sistemare tutto questo".

Quindi, spiega che "abbiamo già compiuto i passi più importanti alcuni anni fa, nel 2014, per evitare che soggetti malevoli accedessero alle informazioni delle persone in questo modo". Altre misure, però, verranno adottate. "Per prima cosa, esamineremo tutte le App che hanno avuto accesso a grandi quantità di informazioni" prima delle modifiche introdotte nel 2014 "e condurremo un'approfondita indagine su ogni app dall'attività sospetta. Bandiremo ogni sviluppatore che non sia disponibile a sottoporsi ai controlli". Stesso provvedimento per chi non risultasse in regola. "Per seconda cosa, ridurremo l'accesso degli sviluppatori ai dati per evitare altri casi di abuso. Ad esempio, elimineremo l'accesso degli sviluppatori ai dati se non avete usato la loro App per 3 mesi. E ridurremo i dati che vengono forniti all'App: solo nome, foto profilo e indirizzo email. Chiederemo agli sviluppatori di ottenere non solo l'approvazione" dell'utente "ma anche di firmare un contratto per chiedere l'accesso ai post e ad altri dati personali". "Terzo -prosegue- vogliamo essere sicuri che voi capiate a quali app avete dato il permesso di accedere ai dati. Il mese prossimo vi mostreremo un tool -tra l'altro già esistente- in cima al vostro News Feed, con le App che avete usato e con un modo semplice per revocare la possibilità di accedere ai vostri dati".

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