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Moda: dalla bancarella al web, è boom di occhiali da sole contraffatti

23 aprile 2015 | 15.06
LETTURA: 7 minuti

Da Prada a Ray Ban, passando per Chanel, Persol e Bulgari, il business dell'imitazione dell'eyewear produce ogni anno un giro d'affari da centinaia di milioni di euro: "Nessun titolare di marchi nel settore dell'occhialeria può ritenersi esente da questa piaga" afferma Giuseppe Provera, amministratore unico di Convey. L'oculista: "Vista a rischio con lenti contraffatte". Dal legno ai diamanti, per gli occhiali da sole tutto è concesso tranne la banalità

(foto Infophoto) - INFOPHOTO
(foto Infophoto) - INFOPHOTO

'L'imitazione è la più sincera delle adulazioni' scriveva Charles Caleb Colton nell'Ottocento. Peccato che non si riferisse all'industria delle contraffazioni del settore ottico e della moda, che oggi sembrano aver preso a cuore la massima dello scrittore britannico. Originale e falso, copia o imitazione, il fenomeno della contraffazione è sempre andato di pari passo con la moda e gli accessori, in particolare con orologi e occhiali da sole, fenomeno che negli ultimi anni è cresciuto in modo esponenziale, registrando picchi di vendita straordinari con l'avvento del commercio web.

Il business della contraffazione degli occhiali da sole produce ogni anno un giro d'affari da centinaia di milioni di euro che coinvolge molti brand del lusso e dell'occhialeria, come Armani, Chanel, Tom Ford, Prada, Dior, Cartier, Bulgari, Tiffany e ancora Valentino, Miu Miu, Ray Ban, Persol, Vogue e Police, per citarne alcuni: "Secondo il nostro studio sono 57 i marchi coinvolti, tutti brand che subiscono una notevole contraffazione - dice all'Adnkronos Giuseppe Provera, amministratore unico di Convey, azienda leader nella protezione della proprietà intellettuale - Le griffe più prestigiose, in particolare, subiscono livelli più pesanti di contraffazione rispetto agli altri ma tutti sono molto esposti. Nessun titolare di marchi nel settore dell'occhialeria può ritenersi esente da questa piaga".

Dalla moda all'eyewear, anche il Fit di New York ha indagato sul fenomeno delle contraffazioni nella moda e negli accessori con 'Fakin It', una mostra che si è conclusa nei giorni scorsi. Tutto iniziò con la 'Speedy' di Louis Vuitton, il celebre bauletto monogram che nei primi anni 2000 si vedeva ovunque: negli stand delle bancarelle, nelle sacche degli ambulanti sulle spiagge, persino nelle 'vetrine' delle piattaforme di vendita online a prezzo stracciato. Certo, non era il modello autorizzato dalla maison francese, ma dei falsi che ne ricopiavano forma, colore e materiali. Poi è stata la volta delle cinture di D&G, dei jeans Richmond, delle polo Ralph Lauren e degli occhiali da sole a mascherina di Dior, venduti tra i banchi di mercatini e sulle spiagge italiane. Bastavano 10 o 20 euro e potevi portare a casa una copia perfetta del tuo modello preferito.

Il web è il primo canale di vendita per volume d'affari

Dalla bancarella al web, oggi il mercato dei falsi degli occhiali da sole rappresenta un vero bazar illegale. Secondo uno studio presentato lo scorso anno da Convey, per il MiSE - direzione generale Lotta alla contraffazione, Ufficio Centrale Brevetti e Marchi, in collaborazione con Anfao, calzature e occhiali sono i settori in cui la contraffazione dilaga. Nell'era delle iper connessioni, il mercato dell'occhiale contraffatto sembra non conoscere arresto: "Per quest'anno il trend si conferma come quello dell'anno scorso – continua Provera - I canali di vendita contraffattiva sono sempre attivi e operanti tutto l'anno e operano a livello mondiale".

"Il web è il primo canale di vendita per volume d'affari - spiega Provera - Le grandi piattaforme di commercio elettronico, soprattutto cinesi per i settori di moda e lusso, partono dalla Cina e dal Far East perché in Cina ci sono le fabbriche che producono tonnellate di articoli, generando il problema dello smistamento e della veicolazione di questa massa di prodotti che trovano sul web il loro canale privilegiato".

"Il business della contraffazione online si muove a un primo livello sia negli ambienti di B2B (business to business) sia in quelli B2C (business to consumer) - continua Provera - solo che nel secondo caso il consumer non è il consumatore finale, ma l'intermediario delle piattaforme occidentali come Amazon e eBay, o anche delle piccole realtà dei website che acquistano i prodotti contraffatti e li rivendono". "Il fenomeno della contraffazione via web - spiega il presidente di Mido e Anfao, Cirillo Marcolin - non è dannoso solo per i titolari dei diritti di proprietà industriale violati, ma può avere conseguenze gravi anche per i consumatori, in quanto tali prodotti possono mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei cittadini. I prodotti contraffatti o quelli venduti fuori dai circuiti regolamentati, infatti, sono spesso anche pericolosi o realizzati in modo non conforme alle prescrizioni sulla sicurezza dei prodotti".

I maggiori produttori di falsi sono in Cina o nel Far East

Il contraffattore 2.0 si muove veloce, spesso creando sistemi di interconnessione con un centinaio di website apparentemente sconnessi tra loro ma che in realtà fanno capo a un unico imprenditore: "Il problema fondamentale è poter tenere sotto controllo le grandi piattaforme cinesi come 'Alibaba' che è anche quotata in borsa - afferma Provera - Su queste piattaforme sono veicolati i prodotti dalla Cina e dal Far East. C'è poi un secondo livello di vendita con gli operatori che acquistano e smistano sulle piattaforme occidentali oppure sugli e-shop indipendenti da logiche di marketplace".

A favorire il mercato illegale delle vendite online ci sono infine i social network, che giocano un duplice ruolo nel mercato della contraffazione: "In primo luogo i social generano l'amplificazione della contraffazione, perché vanno a incentivarla con le segnalazioni, le pagine e i contenuti che creano link e ponti con i siti contraffattivi - spiega Provera - quindi generano un vero effetto leva, moltiplicando le possibilità di trovare link verso chi vende il prodotto falso. In qualche caso marginale fanno anche vendita diretta".

A nasconersi dietro queste 'vetrine' virtuali ci sono spesso veri e propri imprenditori, come ricorda Provera: "Non sono associazioni dilettantesche, ma imprenditoriali, la guerra alla contraffazione va combattuta ad armi pari. La contraffazione in internet è un fenomeno industriale e per combatterla servono mezzi industriali".

Provera, shop falsi mai monomarca quindi per contrasto occorre alleanza marchi vittime

Un altro dato allarmante riguardo la vendita sul web di occhiali contraffatti è costituita dalle strategie che adottano gli 'imprenditori' della contraffazione: "Gli e-shop contraffattivi non sono mai monomarca, ma vendono più griffe false contemporaneamente - precisa Provera - questo vuol dire che i contraffattori attuano una precisa strategia sia commerciale sia di difesa per i contraffattori stessi, perché distribuiscono il rischio su più marchi".

"Un eventuale fenomeno di contrasto ha successo se invece di tutelare un solo marchio si creano delle alleanze tra i titolari dei marchi 'vittime' del sistema illegale, in modo da attuare azioni amministrative e legali non più singole ma collettive - precisa Provera - Le alleanze sono molto più efficaci e riescono a ottenere non solo la cancellazione contraffattiva ma anche la chiusura del website o dell'e-shop sulla piattaforma cinese, generando così un danno enorme per il contraffattore".

"Riuscire a far chiudere un e-shop può sembrare una banalità perché il contraffattore può ricominciare con un nuovo sito, ma l'avviamento che ha costruito in anni di 'lavoro' viene perso perché dovrà ripartire con un nuovo negozio senza feedback e nell'era della vendita online senza alcun feedback è difficile che il prodotto sia acquistato. C'è molto da fare ma si può fare per difendere e tutelare il settore" conclude l'amministratore unico di Convey.

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