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Salute: se il cibo diventa patologia, i consigli dello psicoterapeuta

15 ottobre 2014 | 17.24
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Salute: se il cibo diventa patologia, i consigli dello psicoterapeuta

(Adnkronos Salute) - Rifiutare del cibo, o abbuffarsi in momenti di stress, può capitare a tutti. Ma quando questo tipo di comportamenti smettono di essere classificati come rari episodi, diventando la regola, allora è davvero il caso di preoccuparsi. In occasione della Giornata mondiale dell'alimentazione, che si celebra domani, ecco quindi alcune indicazioni a cosa prestare attenzione, in casa e in famiglia, a cura dello psicologo psicoterapeuta Giovanni Porta.

"È difficile descrivere in maniera generale i fattori che facilitano l’insorgere dei disturbi del comportamento alimentare", spiega Porta. "Il primo, e il più ampiamente analizzato, riguarda la famiglia di origine. Non a caso, il periodo di più frequente insorgenza di anoressia, bulimia e abbuffate incontrollate ('binge eating') si situa in età adolescenziale, momento in cui il rapporto con la famiglia conosce una profonda trasformazione, che spesso mette in evidenza difficoltà di relazione preesistenti. Ci sono famiglie in cui ai figli - continua - viene a mancare il più necessario dei nutrimenti: l’amore".

"Questo può avvenire per ragioni che hanno a che fare con problematiche personali non risolte dai genitori e/o con esigenze di vita non controllabili. I figli sviluppano e si abituano a convivere con un profondo senso di solitudine, quasi una impossibilità a sentirsi visti e riconosciuti, e può capitare che alcuni cerchino di controllare in maniera ossessiva il proprio corpo per avere un illusorio senso di padronanza di fronte a una realtà verso la quale si sentono impotenti, o almeno incapaci di ottenere ciò che a loro interessa davvero", conclude l'esperto.

Ma le difficoltà nel rapporto con la famiglia di origine non sono l’unica causa scatenante del disagio. Spiega ancora lo psicoterapeuta: "L’adolescenza è un periodo estremamente delicato nella vita di una persona, durante il quale il corpo di ognuno subisce profonde trasformazioni e le relazioni si complicano. È il momento in cui per la prima volta si inizia ad avere a che fare con erotismo e sessualità, e il desiderio di piacere a potenziali partner diventa più pressante. Il cibo - sottolinea - può essere il luogo dentro il quale nascondersi e con il quale consolarsi (come nel caso delle abbuffate incontrollate) oppure qualcosa da evitare con attenzione: un nemico che rovina la nostra bellezza".

"Inoltre - continua Porta - tutti sappiamo quanto sia elevata la paura del giudizio, in questa fase della vita. La difficoltà di adattarsi alle prime, a volte feroci forme di competizione tra coetanei, timidezza, problemi relazionali, difficoltà a convivere con la frustrazione, rigidità, scarsa autostima (con conseguente difficoltà ad essere soddisfatti del proprio aspetto) ecc. sono tutti fattori personali che possono facilitare l’insorgere di disturbi del comportamento alimentare. Alle volte si inizia per gioco, o come sperimentazione, e ci si trova poi ad avere a che fare con una vera e propria dipendenza".

E proprio come nelle dipendenze da sostanze psicotrope, una cattiva abitudine - dimagrire troppo, vomitare oppure abbuffarsi - diviene, quindi, un comportamento di cui non si riesce più a fare a meno: "Un modo 'magico' per dominare emozioni troppo spiacevoli o per avere l’illusione di controllare situazioni che sfuggono di mano. Ma è una magia di cui prima o poi si paga un conto salato. È importante - sottolinea l'esperto - che i genitori che si accorgono dell’esistenza di forme di disagio nei propri figli e nelle proprie figlie non facciano finta di niente, ma trovino il modo di parlare con loro, senza condannarli ma anzi interessandosi ai loro vissuti, accompagnandoli magari verso un professionista con il quale valutare se iniziare un percorso d’aiuto".

"Meglio non aspettare che la situazione diventi di innegabile gravità per intervenire. In alcuni casi -conclude - risultano molto efficaci interventi che coinvolgano l’arte, mezzo che permette di esprimersi senza sentire direttamente la pressione del giudizio".

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