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La storia di Sara, 34 kg per 1,70: oggi fuori pericolo ma teme stop cura

20 settembre 2016 | 15.28
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La storia di Sara, 34 kg per 1,70: oggi fuori pericolo ma teme stop cura

Quattro mesi fa Sara (nome di fantasia) da Roma è arrivata a Todi per combattere la sua battaglia contro l' anoressia : "Pesava 34 kg per 1,70 m ed era in pericolo di vita. Dopo ripetuti ricoveri in ospedale, dal Dipartimento di salute mentale del Santa Maria della Pietà ci hanno inviato in questa struttura residenziale specializzata". In quattro mesi molte cose sono cambiate, "oggi Sara pesa 10 kg in più ed è fuori pericolo, ma soprattutto è motivata, allegra e battagliera. La vedo ridere, cosa che non faceva più. Un traguardo inimmaginabile per noi fino a poco tempo fa, ma ora siamo preoccupati: a fine settembre Sara potrebbe dover lasciare il Centro disturbi del comportamento alimentare (Dca) di Todi e tornare a Roma, perché la Asl Roma 1 ancora non ha autorizzato il prolungamento della terapia". A segnalarlo all'Adnkronos Salute è la mamma di Sara, Flavia Callori.

Quello di sua figlia "non è l'unico caso. Il problema - denuncia - riguarda numerosi giovanissimi anoressici o bulimici ricoverati nei centri pubblici di regioni diverse dalla propria". Nel Lazio l'unico centro residenziale presente sul territorio è a Guidonia. "Ma non ce lo hanno indicato, l'indicazione è stata quella della struttura di Todi. So che molti genitori cercano una soluzione fuori regione. Ora c'è la paura che tutto il lavoro fatto in questi mesi venga vanificato. I rischio è quello di essere dimessi prima della fine del trattamento per il solo motivo che i fondi regionali sono finiti", spiega Callori.

"Per mia figlia, invece, dalla struttura proponevano un percorso graduale, che prevedeva un passaggio semi-residenziale. Oltretutto in questo centro anche le famiglie sono seguite. Ecco, a fine mese potremmo ritrovarci da soli". Con una ragazza ancora molto fragile, che iniziava appena a riprendersi la sua vita.

Il problema "esiste, e riguarda in particolare i giovani che vengono da noi dal Lazio", spiega la psichiatra Laura Dalla Ragione, direttore della rete dei Centri per i disordini alimentari (Dca) della Usl 1 dell'Umbria Todi e Città della Pieve, di cui fa parte il Centro Palazzo Francisci dove è in cura Sara.

La struttura si trova all'interno di un antico palazzo di Todi circondato da un parco di alberi secolari, dove una equipe di psicologi, pediatri, nutrizionisti psichiatri, fisioterapisti infermieri, dietiste svolge un programma integrato che affronta in maniera intensiva l'anoressia e la bulimia. Il ricovero in questa struttura può rappresentare il proseguimento terapeutico in ambiente protetto di una degenza ospedaliera acuta o una alternativa al ricovero stesso, e la degenza in media varia dai 3 ai 5 mesi. "Da noi - continua Dalla Ragione - vengono pazienti da tutta Italia, in particolare dal Centro Sud. Ogni anno ricoveriamo nei nostri Centri della Asl 1 dell'Umbria a Todi e Città della Pieve per anoressia e bulimia 450 pazienti. Nel 2015 sono stati 53 i ricoverati del Lazio".

"La nostra - continua - è una struttura pubblica, dunque i pazienti devono essere autorizzati dalla Regione di appartenenza. In particolare, dal Lazio c'è una grande migrazione perché in questa regione esistono numerosi ambulatori e reparti ospedalieri per il ricovero salvavita, ma c'è solo una struttura intermedia per il trattamento residenziale extra-ospedaliero", dice Dalla Ragione. Così a molti genitori non resta che rivolgersi altrove.

"Noi abbiamo scelto Todi perché è a un paio d'ore al massimo da Roma, e potevamo essere coinvolti nella terapia di Sara e starle accanto durante l'inserimento", dice F.C.. Ma c'è anche chi va più a Nord. "Lo stesso problema si verifica nei centri di villa Miralago a Varese e villa Brusson ad Aosta o in quello di Firenze, perché in generale le strutture specializzate sono poche e servono diverse regioni", evidenzia Dalla Regione.

"Il problema è serio - spiega l'esperta - visti i numeri forse sarebbe il caso di attivare una struttura riabilitativa residenziale anche a Roma. Se, infatti, in media la terapia dura 5 mesi, in caso di necessità si richiede un prolungamento, ma a volte dalla Asl della regione di appartenenza non vengono autorizzati questi prolungamenti. Bisogna parlare chiaro: interrompere una terapia in corso può pregiudicare, se non aggravare, il quadro clinico di questi pazienti. Ecco perché condividiamo le preoccupazioni dei genitori".

Per mandare i figli nel Dca madri e padri sono spesso costretti ad alloggiare a Todi a loro spese per la durata del periodo di inserimento. Un sacrificio finanziario a volte accompagnato da richiesta di aspettative o di ferie al lavoro, che rischia di venire vanificato dal repentino stop del ricovero.

Per la storia di Sara però, sembra esserci un lieto fine. "Per quanto riguarda il caso specifico, l’Azienda aveva già espresso un parere positivo sul proseguimento del percorso riabilitativo avviato, peraltro, in un rapporto di stretta e diretta collaborazione con la famiglia", sottolinea Angelo Tanese, commissario straordinario Asl Roma 1. In pratica, spiegano dall'azienda sanitaria capitolina, si è registrato da agosto un grande aumento di richieste per le terapie fuori regione, di pazienti con disturbi del comportamento alimentare. Cosa che ha portato a dover rimodulare il budget. A questo punto si stanno valutando le situazioni caso per caso, e per quanto riguarda la vicenda di Sara, c'è già il "parere positivo al proseguimento del percorso riabilitativo avviato", come spiega Tanese. Dalla Regione Lazio, infine, assicurano massima attenzione ai pazienti con questo tipo di problematiche: recentemente è stato approvato un decreto "che impegna la Regione a nuove autorizzazioni e a nuovi accreditamenti" di centri specializzati sul territorio. Per evitare che pazienti e famiglie siano costretti a spostarsi.

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