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La scienziata del 'fattore Q', ecco come prevedere i successi in carriera /Video

05 novembre 2016 | 12.30
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Roberta Sinatra/Foto Santiago Gil - Santiago Gil
Roberta Sinatra/Foto Santiago Gil - Santiago Gil

Bravi, tenaci, ma anche amati dalla 'dea bendata'. La fortuna ha un ruolo, infatti, nella formula per prevedere la capacità di uno scienziato di produrre un'opera di alto impatto. E questo può accadere da giovani, ma anche alla soglia della pensione. Per prevedere l'andamento della carriera di uno studioso, però, "occorre tener conto del ruolo della fortuna". Ne è convinta la matematica Roberta Sinatra del Center for Network Science and Mathematics Department, Central European University di Budapest (Ungheria), che ha pubblicato su 'Science' la sua ricerca sull'impatto della produzione scientifica dei ricercatori elaborando un modello matematico ad hoc, che tiene conto di talento (fattore Q) e fortuna (fattore p).

Ma come definirebbe il fattore Q la giovane studiosa italiana? "In questa ricerca - dice all'Adnkronos Salute - non è altro che un simbolo matematico, un numero. Ma se dovessi dargli un corrispettivo nel mondo reale, ritengo che non sia una cosa soltanto, piuttosto un aggregato di fattori: talento, capacità comunicative, reputazione delle istituzioni dove ci si è formati, carisma, intuizione, probabilmente anche il genere. È importante infatti ricordare che Q non deve essere usato come sinonimo di qualità, ma è legato a impatto (misurato da citazioni). E l'impatto è determinato da come la comunità scientifica percepisce e dà riconoscimento ad una scoperta scientifica. Di certo c'è una correlazione tra impatto e qualità di un lavoro, ma non sono esattamente la stessa cosa".

Visto che in definitiva l'alto impatto di un lavoro sembra legato ad abilità e fortuna, è possibile prevedere l'andamento della carriera di uno scienziato? "Sì, è possibile, ma con margini di errore legati alla fortuna. Questi margini di errore possono anche essere sostanziali, ma è proprio questo uno dei risultato che troviamo importante in questo lavoro: capire che spesso gli indicatori di impatto che sono utilizzati per valutare la ricerca sono affetti da errori, legati a fortuna. Per fare delle previsioni utili - sottolinea Sinatra - è necessario separare il contributo della fortuna dal resto. Solo in questo modo si può evitare di dare un vantaggio (o uno svantaggio), che non ha nulla a che vedere con l'essere sistematicamente bravo, ma è semplicemente dovuto al caso".

"Uno degli argomenti su cui intendo continuare a lavorare è il legame performance - impatto. La performance - ricorda la scienziata - è quella che tutti implicitamente siamo interessati a misurare: quanto sia bravo un artista, quanto è buono un ristorante, quanto è geniale uno scienziato. In realtà, quello che ci troviamo spesso a quantificare è l'impatto: quanti dischi vende un artista, quante persone (o recensioni) parlano bene di un ristorante, quante citazioni ha uno scienziato. Usiamo dati di impatto perché ci sono pochissimi ambiti dove la performance si può misurare oggettivamente. Eppure in alcuni casi lo si può fare, come nello sport. Nello sport, sappiamo quanto è veloce un atleta, e abbiamo anche delle stime del suo impatto, per esempio con visualizzazioni su wikipedia, o articoli scritti. L'aspetto interessante è che la differenza all'arrivo tra il primo e il secondo arrivato è quasi sempre di una piccola frazione di secondo, ma la differenza di impatto tra i due può essere immensa (si pensi a Usain Bolt e a Justin Gatlin, medaglia d'oro e d'argento a Rio per i 100m)".

Tornando ai successi di una carriera scientifica, come ci si sente dopo aver pubblicato, a meno di 35 anni, un lavoro su una rivista prestigiosa come 'Science'? "Sollevata! Questo - racconta Sinatra - è stato un lavoro molto lungo, iniziato nell'ottobre 2012, e inviato a 'Science' nel novembre 2014. Abbiamo fatto tantissimi controlli e test, anche legati ai suggerimenti dei revisori, che ci hanno permesso di migliorare e rendere lo studio più robusto. Ma questo è solo il punto di partenza di una nuova linea di ricerca. Ci sono tantissime nuove domande a cui rispondere, come ad esempio cosa sia veramente 'Q'. Ma credo che per questo sarà necessario lo sforzo di una più ampia comunità scientifica, non di un solo gruppo".

Se oggi la ricercatrice lavora in Ungheria, non si considera però un cervello in fuga: "Per fortuna non sono in fuga da nulla, per scelta ho deciso di andare e stare all'estero - sottolinea Sinatra, che nella sua bio confida di amare i viaggi, la neve e "come molti italiani" il cibo di qualità - Mi piace vivere in ambienti internazionali e trovo che spostarsi dal proprio Paese di origine, qualunque esso sia, apra la mente e arricchisca culturalmente. Tuttavia non escludo che potrei un giorno tornare in Italia, se si presenteranno opportunità lavorative interessanti, simili o migliori di quelle che vi sono in altri Paesi. Tuttavia, a prescindere dal mio impiego attuale, cerco di "restituire" un po' di quello che ho ricevuto durante la mia formazione, e per questo sono molto attiva nell'associazione alumni della Scuola Superiore di Catania (http://www.scuolasuperiorecatania.it/), che - conclude - ha supportato i miei studi universitari".

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