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Anoressiche o bulimiche già a 8 anni, quando il cibo è il nemico

01 agosto 2017 | 17.29
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Ancora bambine e già in lotta con il cibo e la bilancia. "L'età d'esordio di anoressia e bulimia si è drammaticamente abbassata. Vediamo casi a 12 anni, ma anche a 8 o 9. La buona notizia è che questi problemi si conoscono e si curano di più, ma a fare la differenza è anche l'atteggiamento del genitore". Parola di Marta Scoppetta, psichiatra e psicoterapeuta junghiana consulente del Percorso obesità alla Fondazione Policlinico Gemelli di Roma, autrice di "Perché mia figlia non magia più? Comprendere e curare l’anoressia in adolescenza" (Castelvecchi).

"Oggi - dice all'Adnkronos Salute - il fenomeno appare in aumento, e questo anche grazie alla maggiore capacità di fare diagnosi corrette. L'aumento è particolarmente evidente in età infantile e prepuberale, e questo sembra riguardare sia i maschi che le femmine, seppur sempre con un interessamento preponderante del sesso femminile. E' bene ricordare poi che si tratta di problemi che possono essere fatali: l'anoressia è la prima causa di morte per gli adolescenti dopo gli incidenti stradali. Nel 90-95% dei casi i pazienti sono ragazze, ma il problema non è esclusivamente femminile".

Ma perché queste ragazzine a un certo punto non mangiano più? "Anoressia e bulimia nell'adolescenza - spiega Scoppetta - sono un tentativo autonomo del ragazzo prima di trovare un equilibrio, poi una richiesta d'aiuto. Ecco perché a un genitore molto attento difficilmente sfuggono i segnali chiave, al di là del vomito 'di nascosto', del dimagrimento o dell'ingrassamento improvviso. Se si notano cambiamenti importanti nel carattere e nello stile di vita è bene fare attenzione. Ragazzine sempre accondiscendenti e compiacenti che all'improvviso sono scontrose e oppositive, che si chiudono in se stesse smettendo di uscire con gli amici, che mostrano meno interesse per le attività sociali, ecco si tratta di segnali da non sottovalutare".

La domanda che angoscia molti genitori, e dà il titolo al libro, è 'perché?', "ma ci sono anche madri e padri che negano a se stessi il disagio fino a che la sintomatologia non diventa estrema. Un mese fa - racconta Scoppetta - ho visto una ragazza arrivata con un peso al limite della sopravvivenza; quando ho detto alla mamma che doveva essere ricoverata lei mi ha chiesto di non esagerare, di non essere violenta. Non si rendeva conto che la stavamo perdendo".

"Quello che bisogna dire chiaramente è che l'atteggiamento di questi ragazzi non è un capriccio, ma una richiesta d'aiuto. E non è un caso che, a volte, a segnalarlo ai genitori siano insegnanti o allenatori sportivi particolarmente attenti e sensibili", sottolinea. Dopo alcuni anni di lavoro come dirigente psichiatra in un Centro di salute mentale ed un centro per la cura dei Disturbi del comportamento alimentare della Asl di Perugia, "ciò che mi ha spinto a scrivere - spiega - è stato accorgermi sempre più spesso di come pazienti e familiari, anche dopo anni di cure, non avevano ricevuto alcune informazioni preziose riguardo al perché ci si ammala, qual è il modo migliore per curarsi e quali sono i comportamenti che un familiare e un amico possono adottare per aiutare chi soffre e contribuire attivamente alla sua cura".

"Molti pensano ancora che ammalarsi di anoressia sia la conseguenza di un capriccio e che guarire sia una questione di volontà - afferma Scoppetta - e non hanno chiaro che invece è un disturbo psichiatrico grave, che si può curare se si lavora bene, ma di cui si può anche morire: con il libro volevo fornire uno strumento concreto per comprendere perché una persona può ammalarsi, cosa accade veramente, e aiutare i familiari a orientarsi nel mondo delle cure. Ciò che in molti non immaginano è che l'adolescente che ammala di anoressia, inizialmente cerca nel controllo del peso e del cibo, poi divenuti una gabbia, un mezzo per sentirsi più sicura e realizzare autonomamente una sorta di autocura rispetto a un disagio più profondo".

"Attraverso magrezza e restrizioni alimentari - spiega l'esperta - l'adolescente che si ammala di anoressia urla la propria disperazione, l'angoscia profonda di non essere in grado di arrivare all'età adulta e implora di essere visto ed aiutato. Un percorso di cure adeguate - assicura - permette di curare le insicurezze e le fragilità che hanno portato ad ammalarsi, fino a tornare a vivere, spesso meglio di prima".

"Ho chiesto a Chiara Gamberale di scrivere la prefazione del libro perché nel suo primo romanzo, 'Una vita sottile', racconta la sua adolescenza dilaniata dall’anoressia e dalla bulimia - continua Scoppetta - e ritengo che il suo percorso personale, professionale e terapeutico costituiscano un bell’esempio di un processo di guarigione dai disturbi del comportamento alimentare con una marcia in più. Il libro comprende, infine, dei box teorici inseriti nel testo in modo da poter essere saltati dal lettore medio, ma che mi auguro possano essere preziosi per colleghi medici, endocrinologi, nutrizionisti, psichiatri, psicologi, dietisti e infermieri interessati a comprendere di più e ad imparare a lavorare in equipe multidisciplinari".

Oggi Scoppetta lavora con l'ambulatorio di patologie dell'Obesità al Gemelli, "dove incontriamo ogni anno 1.500 nuovi pazienti; di fatto però riusciamo ad offrire la valutazione multidisciplinare, comprensiva della visita psichiatrica con me, 'solo' ai pazienti obesi gravi (con un indice di massa corporea >40), circa 400 l'anno. Anche l'obesità, insieme ad anoressia e bulimia, fa parte di un'unico spettro, quello dei disordini alimentari", conclude. Problemi in aumento nel mondo occidentale.

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