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Droga: Serpelloni, distinguere cannabis naturale da potenziata

02 aprile 2014 | 18.38
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Roma, 2 apr. (Adnkronos Salute) - "La parola 'cannabis' è ormai vuota di significato, se non si definisce di quale tipo stiamo parlando: se la pianta naturale ha un contenuto medio di principio attivo tossico (Thc) pari al 16%, oggi sono in commercio 'supercannabis' che arrivano quasi al 40% e nel caso delle resine (hashish) anche al 60%". A evidenziarlo oggi in audizione alla Camera, nel corso di un'audizione alle Commissioni riunite Giustizia e Affari sociali della Camera sul decreto Lorenzin in tema di sostanze stupefacenti e farmaci 'off label', è stato Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento politiche antidroga (Dpa).

Oggi è documentata l'esistenza di "80 tipologie di piante, fenotipicamente diverse, quindi esteticamente - spiega Serpelloni all'Adnkronos Salute - ma anche a livello di contenuto di principi attivi. Non solo Thc, ma anche di cannabidiolo e altri 60 principi attivi che caratterizzano la maggiore o minore pericolosità della sostanza. I Thc è la sostanza tossica, il cannabidiolo ha effetti anche terapeutici. I nuovi tipi di cannabis, che sono stati selezionati attraverso modifiche genetiche, alterazioni nella coltivazione intensiva, fitoimpianti, incroci, manipolazioni tecnologiche - spiega - hanno un aumentato livello di Thc e un quasi inesistente livello di cannabidiolo, e sono come 'supercannabis' modificate, che vengono poi ulteriormente lavorate in oli e resine con concentrazione ancora più alta di principio attivo. E' come mettere a confronto una birra, che ha il 4% di alcol, e una vodka al 60%".

Il suggerimento è dunque di "distinguere fra i diversi tipi di cannabis, anche considerando che il 16% dei ricoveri per droga negli ospedali italiani (dati 2011) è avvenuto per cannabis, e nei giovani si sale a oltre il 44%. Se è una droga tanto leggera, non dovrebbe mandare all'ospedale". Per Serpelloni "è chiaro anche che la condotta di spaccio dovrebbe essere considerata più grave se si tratta di 'supercannabis'. Questo è un dubbio che sollevo: chi spaccia determinate cose, particolamente potenti, dovrebbe avere una pena proporzionalmente più forte rispetto a chi spaccia cose meno potenti. Mentre va ricordato che per il consumatore, in ogni caso, le conseguenze non sono penali ma sempre e solo amministrative". Serpelloni ha infine evidenziato che "il carcere fa male ai tossicodipendenti e lo dimostrano i dati: chi fa percorsi alternativi ha indici di esito positivo, cioè smette di drogarsi e non recidiva, dal 45 al 75%".

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