L'eradicazione dell'infezione da virus Hcv è un obiettivo sempre più vicino secondo internisti, infettivologi, gastroenterologi e ricercatori riuniti sul Lago Maggiore per partecipare a uno dei convegni più importanti dell'infettivologia mondiale, giunto alla sua settima edizione: l'Expert Meeting on the management of patients with Hcv infection, in corso a Baveno. Anche quest'anno il workshop ha una connotazione internazionale, con oltre 90 esperti, e in particolare ha affrontato il tema delle special populations (i pazienti cosiddetti 'difficili' con insufficienza renale, con malattia avanzata e i pazienti con infezione G3), del rapporto costo-beneficio dei trattamenti, del trattamento dei 'non rispondenti' e delle comorbidità, e dell'arrivo di nuovi antivirali ad azione diretta.
"Il meeting è stato un momento di scambio sullo stato dell'arte delle terapie antivirali ad azione diretta e su quanto verrà dopo, con una discussione focalizzata sulle tante 'luci', con ancora qualche residuo d'ombra, su quanto è stato fatto in questi anni e su quanto resta da fare" afferma Savino Bruno, professore straordinario di Medicina Interna all’Humanitas University Medicine di Rozzano (Milano) e chairman del Meeting. "Si attendono molecole più potenti, più efficaci, in combinazione e con minore durata delle terapie e maggiore tollerabilità".
Focus particolare sull'associazione di grazoprevir, inibitore delle proteasi NS3/4A dell'Hcv, ed elbasvir, inibitore del complesso di replicazione NS5A del virus Hcv, una 'doppietta' "che ha ottenuto l'approvazione di Ema per tutte le indicazioni, inclusi i pazienti con insufficienza renale cronica e in dialisi ed esclusi solo quelli con cirrosi scompensata - precisa Bruno - e ha grandi potenzialità, grazie a uno schema terapeutico estremamente semplificato: una sola pastiglia per un regime molto breve di 12 settimane e senza ribavirina nella maggioranza dei pazienti con G1 e G4. Un'unica somministrazione per queste categorie di pazienti, esclusi quelli con G2 e G3, per una breve durata (12 settimane) nella maggioranza dei casi e, per i pazienti con G1b che nel nostro Paese sono la prevalenza, sempre senza ribavirina".