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Dall'idea all'impresa. BiovelocITA scommette su due cervelli italiani

23 novembre 2016 | 18.11
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(Fotogramma)
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Un investimento di circa 2,5 milioni di euro in 18 mesi per passare dall'idea all'impresa. Trasformando scoperte scientifiche figlie della ricerca di base in progetti di frontiera con valenza industriale, in grado di evolvere in start-up e produrre terapie innovative. L'Italia scommette sull'Italia grazie a BiovelocITA, il primo acceleratore tricolore dedicato al biotech, che a un anno di vita ha messo in portafoglio i primi 2 progetti e li presenta oggi a Milano. Uno punta sugli studi di Paolo Fiorina, verrà condotto all'Irccs ospedale San Raffaele e ha per bersaglio l'enteropatia diabetica di cui soffre l'80% delle persone colpite dalla malattia del sangue dolce. L'altro nasce da una scoperta targata Ifom (Istituto Firc di oncologia molecolare) nel laboratorio di Fabrizio d'Adda di Fagagna, parte dal Dna e mira a contrastare il cancro e le patologie associate all'invecchiamento.

Operativo dall'ottobre 2015, l'acceleratore BiovelocITA è una Srl fondata da Silvano Spinelli, Gabriella Camboni e Sofinnova Partners, società di venture capital attiva a livello internazionale nel settore delle life science. Il presidente è Spinelli e l'amministratore delegato Camboni, già 'genitori' di Eos - società venduta nel 2013 all'americana Clovis Oncology per 470 milioni di dollari - e ancora prima di Novuspharma, quotata sul Nuovo Mercato nel 2000. Modelli vincenti di biotecnologie in salsa italiana.

BiovelocITA ha festeggiato il suo primo compleanno forte di una disponibilità finanziaria di oltre 7 milioni di euro, messi sul piatto dai fondatori, da un gruppo di investitori privati presentati da Banor Sim Spa e da Atlante Seed, fondo gestito da Imi Fondi Chiusi Sgr, società del gruppo Intesa Sanpaolo. E dopo i primi 2 progetti finanziati lo scouting continua, con vari progetti al vaglio e l'apertura del capitale a nuovi soci disposti a raccogliere la sfida. "In Italia - afferma Camboni - non è semplice creare un ponte che riesca a collegare ricerca e industria, lo scienziato che fa una scoperta dai risultati potenzialmente eccezionali con chi sia in grado di sostenere il suo progredire fino a renderla concreta. E' proprio questo il punto focale nel quale noi interveniamo, intercettando e sostenendo i più meritevoli progetti di studio nelle life science".

Per sviluppare il primo progetto, BiovelocITA ha fondato la start-up Enthera. La missione è tradurre in farmaco uno studio pubblicato nel 2015 su 'Cell Stem Cell' da Fiorina, medico e ricercatore del San Raffaele di Milano e del Boston Children's Hospital della Harvard Medical School statunitense. Il lavoro ha svelato che l'ormone Igfbp3, prodotto dal fegato, ha un ruolo chiave nelle complicanze intestinali associate al diabete. La sostanza, ribattezzata enterostaminina e prodotta in eccesso nei diabetici, si lega alle cellule staminali presenti sulla superficie dell'intestino attraverso un recettore chiamato Tmem219. Un 'incastro' che attiva un segnale di morte nelle staminali intestinali, provocando infiammazione e compromettendo la capacità dell'intestino di assorbire i nutrienti.

Il team di Fiorina ha riprodotto 'in provetta' la parte esterna del recettore Tmem219, una porzione denominata ecto-Tmem219, rendendola solubile e quindi iniettabile. L'idea è quella di 'ingannare' l'ormone Igfbp3, che si legherebbe a questo falso bersaglio risparmiando le staminali intestinali. Nei modelli animali trattati con questo 'pseudorecettore' scudo si sono osservati netti miglioramenti della funzione di assorbimento intestinale. Ora si tratta di proseguire la ricerca, avanzando nell'iter di sperimentazione per sperare di trasferirla in clinica.

Enthera, società partecipata da Fiorina e dalla sua équipe, otterrà una licenza esclusiva a livello mondiale dall'ospedale San Raffaele, detentore della proprietà intellettuale. Gli studi continueranno principalmente nei laboratori di via Olgettina, e sul progetto verranno investiti circa 1,5 milioni di euro nell'arco di 18 mesi. "Il diabete è una malattia cronica devastante - ricorda lo scienziato, bergamasco di nascita, classe 1967 - Ne soffrono circa il 10% della popolazione dei Paesi occidentali e oltre il 20% in alcuni Paesi in via di sviluppo. Contrastarlo è uno degli obiettivi prioritari della scienza medica, e oggi il traguardo non pare più irraggiungibile". Enthera ha "tutte le potenzialità per trasformare la nostra scoperta in un farmaco importante nella cura del diabete e delle sue complicazioni cliniche".

Il secondo progetto scelto da BiovelocITA muove invece i passi da uno studio pubblicato nel 2012 su 'Nature' dal team di d'Adda di Fagagna, nato a Udine nel 1966, e rientrato in Italia dopo 7 anni al Gurdon Institute di Cambridge in Gb proprio per avviare nel 2003 all'Ifom di Milano il gruppo di ricerca 'Risposta al danno al Dna e senescenza cellulare'. Un campo, quello delle 'sentinelle' che presiedono alla salute del codice della vita, nel quale lo scienziato è all'avanguardia a livello internazionale.

Si calcola che tutti i giorni ogni singola cellula umana abbia bisogno di rilevare e riparare decine di danni al Dna. Il sistema 'detector' deputato ad accertarsi che ciò avvenga è un set di proteine chiamato Ddr. Se il Dna non viene aggiustato correttamente, il Ddr manda la cellula 'in pensione': il suo ciclo vitale si interrompe e la cellula entra in fase di senescenza. Tutto questo avviene perché i frammenti di Dna danneggiato vengono trascritti in piccoli Rna non codificanti, detti Ddrna, con la funzione di reclutare le proteine che mettono la cellula in stadio di senescenza. I Ddrna rappresentano quindi un elemento fondamentale per tutelare il Dna da trasformazioni che potrebbero scatenare tumori (per esempio il glioblastoma multiforme, il cancro cerebrale più comune) o malattie collegate all'invecchiamento (cirrosi epatica e altre forme di infiammazione cronica).

"Il nostro progetto - commenta d'Adda di Fagagna - apre una prospettiva completamente nuova per interpretare i processi di invecchiamento e i meccanismi di trasformazione e progressione tumorale associati ai danni del Dna". Grazie alla collaborazione con BiovelocITA "potremo accelerare notevolmente il processo traslazionale che collega la scoperta scientifica allo sviluppo di nuovi farmaci". Secondo gli accordi negoziati con TTFactor, società di trasferimento tecnologico fondata da Ifom e Istituto europeo di oncologia, al termine del piano di ricerca che prevede l'investimento di circa 1 milione di euro in 18 mesi, la licenza esclusiva sui diritti commerciali verrà conferita a uno spin-off compartecipato da Ifom e BiovelocITA. "L'accordo con BiovelocITA - dichiara il Ceo di TTFactor, Daniela Bellomo - offre ai nostri ricercatori una possibilità concreta di espandere i risultati delle scoperte generate in uno dei laboratori di Ifom o di Ieo verso una concreta applicazione clinica".

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