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Tumori: cure anticancro a rischio ricadute? Sospetto da studio Usa

10 marzo 2014 | 14.26
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Milano, 10 mar. (Adnkronos Salute) - (Embargo ore 21.00) - Vari farmaci chemioterapici potrebbero avere un insospettato effetto collaterale: da un lato contrastano la crescita del cancro, dall'altro iperattivano le staminali che abitano nell'organo bersaglio, con il rischio di scatenare ricadute. A gettare un'ombra su farmaci autorizzati dall'americana Fda è uno studio Usa pubblicato su 'Pnas', finanziato dai National Institutes of Health, coordinato da Michele Markstein dell'University of Massachusetts Amherst e Norbert Perrimon della Harvard Medical School. Utilizzando un inedito modello sperimentale, l'intestino del moscerino della frutta, gli scienziati hanno scoperto che "diversi agenti chemioterapici in grado di stoppare tumori a crescita rapida hanno un effetto opposto sulle cellule staminali dello stesso animale, portandole a dividersi troppo velocemente" con il pericolo di una nuova neoplasia.

"Abbiamo scelto il moscerino della frutta - spiega Markstein - perché le staminali intestinali della Drosophila sono molto simili alle staminali dell'intestino umano. Inoltre, è molto più semplice condurre esperimenti nei moscerini che negli uomini o nei topi. Quando si parla di staminali - precisa la scienziata - è importante condurre esperimenti sugli animali perché le staminali vivono 'in simbiosi' con le altre cellule del microambiente circostante. E infatti l'effetto collaterale che abbiamo osservato è causato proprio da un danno dei farmaci chemioterapici alle cellule del microambiente, danno al quale le staminali reagiscono iperproliferando".

I moscerini, in particolare, forniscono di questo microambiente un modello "difficile o impossibile" da riprodurre 'in provetta'. Markstein e colleghi hanno quindi inserito nel Dna dell'insetto un gene che causa il cancro negli uomini, e lo hanno 'acceso' nelle staminali intestinali in modo da ottenere modelli di tumore a rapida crescita. Per valutare più comodamente la dimensione della neoplasia, hanno utilizzato una nuova tecnica che sfrutta la fosforescenza della luciferasi, l'enzima della lucciola. (segue)

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