(Adnkronos Salute) - Quello messo a punto con i modelli in 3D delle fratture è un banco di prova per testare anche l'uso di protesi prima di procedere all'impianto, o per operazioni di chirurgia mini-invasiva come avviene con il calcagno. "L'approccio al 3D è iniziato qualche anno fa, grazie al miglioramento delle Tac, sempre più performanti - osserva Bizzotto - Questo tipo di ricostruzione consente di visualizzare al monitor, ad esempio, una frattura o un'alterata morfologia del distretto osseo in esame, da vari punti di vista".
"Con il modello in 3D - aggiunge Bizzotto - otteniamo un risparmio di tempo e costi. Ma ci siamo accorti anche di una cambio drastico nel consenso informato del paziente. Avendo la possibilità di scrutare dal vivo la frattura che l'ha bloccato, è molto più consapevole della gravità del danno e dell'intervento che poi andremo a fare". Ora lo scenario futuro per il team dell'università di Verona è quello di sviluppare anche il fronte dei materiale bioimpiantabili stampati in 3D, in modo da poter aver il 'pezzo di ricambio' personalizzato per le esigenze del paziente.