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Salute: meno sport per bimbi al Sud, fino a -40% richieste certificati

16 settembre 2014 | 17.57
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Salute: meno sport per bimbi al Sud, fino a -40% richieste certificati

(Adnkronos Salute) - Fare sport da bambini è una questione anche geografica per i piccoli italiani in tempi di crisi. Si riduce, infatti, la frequenza di attività non agonistiche fuori dalla scuola per i giovanissimi che vivono a Centro-Sud, a giudicare dal calo dei certificati sportivi richiesti negli ultimi tre anni ai pediatri di famiglia, ridotti anche del 40% in alcune regioni, come emerge dal sondaggio realizzato in esclusiva dalla Federazione italiana dei medici pediatri, Fimp, per l'Adnkronos Salute.

I pediatri hanno rilevato che, a livello nazionale, i ragazzi italiani aderiscono in maniera omogenea all'offerta sportiva delle scuole e negli ultimi tre anni sono rimaste stabili le richieste di certificasti di esonero dall'attività sportiva scolastica. Ma i dati cambiano quando si analizza l'attività sportiva non agonistica extra-scolastica. In Trentino, Lombardia, Toscana, Marche e nella Provincia di Bolzano non si sono registrate variazioni per la richiesta di certificati. In Veneto sono persino aumentate. Mentre nell'ultimo triennio - anni particolarmente funestati dalla crisi - sono stati sempre meno i genitori che hanno richiesto certificati sportivi in Abruzzo (dove la riduzione si è attestata al 40%), in Puglia, Umbria e Sardegna. In una piccola percentuale dei casi il calo può essere attribuito anche alla possibilità di certificazione al Servizio di medicina sportiva delle Asl con il semplice pagamento del ticket. Ma la riduzione di capacità di spesa delle famiglia ha fatto la parte del leone.

In Sardegna "c'è stata senza dubbio una forte riduzione di richieste di certificati sportivi ai pediatri", spiega all'Adnkronos Salute Basilio Mostallino, segretario regionale della Fimp. "Basti pensare - continua - che lo scorso anno all'inizio di settembre avevo ricevuto oltre il 50% in più di richieste di certificazione. Anche considerando una riduzione legata al clima più caldo di questi giorni, il dato indica che le famiglie non hanno ancora deciso se iscrivere i loro ragazzi in piscina o in palestra. Ed è sicuramente un problema legato alla crisi che, su questo piano, sta facendo molti danni perché non solo le famiglie sono costrette a tagliare sulle attività extra-scolastiche dei figli, ma anche i Comuni cancellano le iniziative gratuite o a basso costo".

Una situazione "preoccupante - continua Mostallino - perché non ci sono politiche che aiutano i ragazzi a fare attività all'aria aperta, anche in una terra come la Sardegna che offre tanto. Una buona organizzazione consentirebbe di sfruttare le risorse della natura per fare sport gratis, come le passeggiata in montagna ad esempio e l'uso della bicicletta come mezzo di trasporto".

Preoccupato anche Ruggiero Piazzolla, segretario regionale Fimp della Puglia. "Nella nostra Regione - ammette - si registra un decremento di circa il 33%. Mandare i figli in palestra costa. E così, per colpa della crisi, stiamo facendo non uno ma cinque passi indietro sulla promozione di sani stili di vita. E per noi, in Puglia, si tratta di un problema particolarmente grave, considerato che abbiamo il più alto tasso di obesità infantile, dopo la Campania, con un 37% di bimbi sovrappeso o obesi".

Piazzolla ricorda le battaglie dei pediatri per promuovere l'attività fisica, che rischiano di essere vanificate. "Non sempre l'attività motoria libera è sufficiente. E la scuola, dalle nostre parti, non aiuta i ragazzi per difficoltà oggettive. Ci sono istituti con 20 classi o 30 classi e una sola palestra: praticamente impossibile fare attività sportiva vera. Tutto questo rischia di aumentare il gap tra Nord e Sud nella salute dei ragazzi, sempre più messa a rischio dal sovrappeso". Il quadro cambia completamente al Nord. "In Veneto per esempio - spiega il presidente della Fimp Giampietro Chiamenti - si conferma addirittura un aumento delle attività extra-scolastiche, legate ad un offerta maggiore delle palestre e delle strutture sportive. E chiaro che il problema è economico".

La situazione, secondo Chiamenti, potrebbe anche peggiorare con le nuove indicazioni sui certificati per le attività non agonistiche di prossima pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. "Quello che può succedere - sottolinea il presidente della Fimp - è che ci sia una riduzione maggiore di richieste di certificati. Perché costeranno di più". Infatti, anche se non è più necessario il certificato per le attività ludico-sportive, resterà obbligatoria la certificazione per chi si iscrive in palestre affiliate al Coni, con l'aggiunta di un elettrocardiogramma, "altro costo per le famiglie, che possono arrivare a spendere 80 euro tra ecg, visita e certificato", calcola Chiamenti.

"Purtroppo si chiedono certificati medici per tutto - continua il presidente dei pediatri - e il legislatore non ha mai specificato nel dettaglio quale sia l'attività ludico-sportiva amatoriale. Ha indicato l'affiliazione con il Coni, cosa che la palestra può avere per motivi diversi. Noi ci siamo battuti perché ci fosse chiarezza sulle attività più che sull'affiliazione. Ma non siamo stati ascoltati", conclude il numero uno della Fimp che invita le istituzioni a lavorare su 'politiche del movimento': "I bambini tendono naturalmente a fare attività fisica. Ma oggi abbiamo tolto loro tutti gli spazi. Basterebbero parchi attrezzati, piste ciclabili, cortili aperti per muoversi senza costi".

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