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Tumori: chemio senza parrucca, all'Ieo di Milano il casco salva-capelli

28 maggio 2015 | 15.06
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La testimonianza di Elisabetta: "Funziona e mi ha aiutato a riconoscermi oltre il cancro"

Tumori: chemio senza parrucca, all'Ieo di Milano il casco salva-capelli

"Quando fai la chemio non vuoi essere bella. Vuoi solo sentirti normale, non identificarti con il cancro ma essere altro. Svegliarti, guardarti allo specchio, riconoscerti ed essere te stessa". Elisabetta è giovane, bionda e orgogliosa del suo carrè di capelli lucidi pettinati con morbide onde, salvi nonostante le 12 sedute di chemioterapia che ha affrontato per combattere un tumore. Sorride quando parla dei risultati ottenuti grazie a un caschetto in sperimentazione all'Istituto europeo di oncologia di Milano, usato da 30 pazienti con esiti incoraggianti: "L'85% si è detto soddisfatto e non ha avuto bisogno di parrucche", riferisce Paolo Veronesi, direttore di Chirurgia senologica dell'Irccs di via Ripamonti, che oggi nel capoluogo lombardo ha condotto l'edizione 2015 di 'Ieo per le donne', evento ideato dal padre Umberto 8 anni fa per raccontare le storie di chi lotta per vivere.

"Come potete tutti vedere i miei capelli hanno retto alla grande - dice la ragazza rivolgendosi all'affollata platea, in gran parte femminile ma non solo - E' una cosa importante non soltanto per l'estetica, ma per sentirti come prima. Per fortuna, infatti, tra una seduta di chemio e l'altra ci sono giorni in cui stai bene e vuoi vivere come sempre. I capelli aiutano a riconoscersi oltre la malattia".

Il caschetto salva-chioma si indossa prima, durante e dopo la chemio, e "in Ieo siamo i primi e gli unici in Italia a valutare questo modello - precisa Veronesi Jr - Funziona raffreddando il cuoio capelluto grazie a un avanzato sistema refrigerante al quale è collegato. Inducendo una vasocostrizione il freddo diminuisce la perfusione di sangue e il metabolismo, frenando localmente l'attività distruttiva del farmaco sui bulbi piliferi". Un'idea non nuova, ammette il chirurgo: "Risale alla metà degli anni '60, però i risultati ottenuti con diversi tipi di copricapo finora sono stati poco soddisfacenti".

"Va detto - puntualizza l'esperto - che non tutti i pazienti hanno le indicazioni al trattamento con il caschetto, perché il successo è legato alla tipologia e al protocollo chemioterapico, alla dose, al tempo di infusione e alle caratteristiche individuali della persona. Dopo il primo gruppo pilota - conclude - continueremo a studiare questo strumento per perfezionarlo ed estenderne al massimo l'utilizzo".

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