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Tumori: test non sempre efficaci, indicazioni Gimbe per buoni screening

09 dicembre 2015 | 14.02
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Nino Cartabellotta, presidente Fondazione Gimbe
Nino Cartabellotta, presidente Fondazione Gimbe

Tumori nel mirino, in una giungla di screening e test diagnostici al di fuori dei programmi organizzati: nella speranza che la diagnosi precoce coincida sempre con una riduzione di malattia e mortalità, vengono ampliate le popolazioni 'bersaglio', utilizzati test molto più sensibili e aumentata la frequenza. Mettere ordine è l'obiettivo del 'Position Statement' della Fondazione Gimbe, presentato ieri a Oxford alla conferenza internazionale 'Hellish Decisions in Healthcare'.

Il documento ha valutato cinque screening oncologici (mammella, cervice uterina, colon retto, ovaio e prostata), identificando i test diagnostici raccomandati e non, con l'obiettivo di guidare le decisioni politiche, manageriali e professionali, oltre che informare le scelte dei cittadini. Dall’analisi di 11 anni di adempimenti regionali ai programmi organizzati "emerge, nella sua drammatica gravità, la mancata erogazione di screening efficaci per ridurre la mortalità".

La premessa degli esperti è che le strategie di screening variano anche in relazione al loro 'value': alcune producono grandi benefici rispetto a rischi e costi associati (elevato value), mentre le altre restituiscono benefici enormemente più piccoli rispetto a rischi e costi (basso value). "In accordo alle migliori evidenze scientifiche - ha spiegato il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta - dovrebbero essere offerti alle popolazioni 'target' solo screening oncologici di provata efficacia nel ridurre la mortalità: di fatto, tutti quelli attualmente inclusi nei livelli essenziali di assistenza all'interno di programmi organizzati per il cancro del seno, della cervice uterina e del colon-retto. Tuttavia, assistiamo impotenti a un inaccettabile paradosso: da un lato i programmi di screening pubblici non sono adeguatamente implementati, dall’altro il Ssn rimborsa una valanga di test diagnostici dal basso value, che a fronte di benefici incerti presentano rischi reali e consumano preziose risorse".

"La notevole diffusione di screening oncologici intensivi al di fuori dei programmi organizzati - afferma Cartabellotta - risponde a forti sollecitazioni che spingono medici e cittadini verso l’approccio della massima probabilità di diagnosticare ogni forma di cancro. Tutti siamo istintivamente portati a credere che l’identificazione precoce di una lesione e la conseguente tempestività del trattamento migliorino sempre la prognosi del tumore senza comportare alcun rischio".

Secondo gli esperti, non è sempre così. E il 'position statement' contiene le raccomandazioni per aumentare il value dei 5 screening oncologici considerati. La Fondazione ha innanzitutto valutato le performance regionali nel periodo 2003-2013 utilizzando l’indicatore della 'Griglia Lea', che descrive le attività dei 3 programmi di screening e l’adesione da parte della popolazione eleggibile. Il punteggio ottenuto dalle regioni è aumentato da 75 a 176, pur rimanendo molto lontano dal massimo ottenibile (315), garanzia di una copertura ottimale del 50-60% della popolazione 'bersaglio'.

Nonostante i limiti dell’indicatore utilizzato e la certezza che parte della popolazione effettua screening al di fuori dei programmi organizzati - ammettono gli esperti - emerge indiscutibilmente il sotto-utilizzo di strategie di screening ad elevato 'value' con enormi differenze regionali: si va dai 127 punti della Valle D’Aosta ai 12 della Puglia. Tutto questo - sottolineano - a dispetto del Piano screening 2007-2009 che, nel tentativo di superare le criticità nelle Regioni meridionali e insulari, ha stanziato 41,5 milioni di euro per Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.

"Oggi per garantire il massimo ritorno in termini di salute dal denaro investito - conclude Cartabellotta - da un lato è indispensabile una ottimale implementazione solo degli screening oncologici efficaci nel ridurre la mortalità, dall’altro occorre arginare la percezione professionale e sociale che in oncologia la diagnosi precoce costituisce sempre e comunque la migliore opzione. Perciò bisogna contrastare tutte le strategie dal 'low value' che aumentano i rischi per la popolazione a fronte di benefici non documentati, determinando inaccettabili sprechi di denaro pubblico".

Il Position Statement Gimbe "Screening oncologici: il nuovo approccio basato sul value", che include l’appendice 'Gli screening oncologici in Italia', è disponibile all'indirizzo www.evidence.it/screening.

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