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Scienziati italiani svelano il meccanismo di crescita delle cellule del cancro cervello

07 gennaio 2016 | 11.36
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(Foto Xinhua)  - XINHUA
(Foto Xinhua) - XINHUA

Passi avanti nella lotta al cancro al cervello. Un team guidato da scienziati italiani da anni in Usa ha individuato il meccanismo che favorisce il mantenimento delle cellule staminali neoplastiche del glioblastoma, il più aggressivo e letale dei tumori cerebrali.

Cuore di questo meccanismo è una proteina, chiamata ID2, in grado di attivare una cascata di eventi che promuovono sia lo sviluppo che la progressione del glioblastoma. La scoperta viene descritta su 'Nature' dai ricercatori della Columbia University di New York diretti da Antonio Iavarone e Anna Lasorella. Gli scienziati ritengono che "disattivando" questa proteina si riuscirà a bloccare la crescita del tumore.

Un obiettivo cui il team sta già lavorando. "Adesso - spiega dagli States Iavarone all'Adnkronos Salute - stiamo cercando di disattivare farmacologicamente la proteina, per bloccare la crescita della malattia". La proteina ID2 agisce favorendo la riproduzione di una popolazione di cellule tumorali, le cellule staminali tumorali, che da' inizio al cancro, ne sostiene la crescita generando sempre nuove cellule e viene difficilmente eliminata anche da terapie molto aggressive come radioterapia e chemioterapia. L'importanza di questo studio consiste nell'identificazione dei meccanismi che attivano ID2, ma anche nella scoperta di come la proteina, quando è 'accesa' nel tumore umano, agisce per promuovere la crescita incontrollata delle cellule staminali tumorali.

Proprio bloccando i meccanismi di attivazione di ID2, i ricercatori intendono mettere un freno all'espansione del tumore o prevenirne la ripresa dopo un intervento chirurgico. Il glioblastoma, ricordano, è il tumore più frequente e maligno del cervello. Colpisce a tutte le età, inclusi i bambini, ma è più frequente tra i 45 e i 70 anni. Purtroppo la chirurgia, combinata ai trattamenti radio e chemioterapici, non è ancora in grado di curare questo tipo di cancro, e la sopravvivenza è in genere inferiore ai due anni. Per questo aumentare le conoscenze sui meccanismi che promuovono il glioblastoma e lo rendono così difficile da curare è l'unica strada per poterlo aggredire più efficacemente.

La proteina ID2 era già conosciuta per la sua funzione di inibizione del differenziamento cellulare durante la vita embrionale, quando la divisione e il successivo differenziamento delle cellule staminali dei diversi tessuti è necessaria alla formazione di organi specializzati in diverse funzioni (cervello, muscoli, ossa, ecc.). In condizioni normali, ID2 viene disattivata quando le cellule smettono di dividersi e si differenziano. Nel glioblastoma, invece, è abnormemente attivata.

"Il nostro studio - interviene Anna Lasorella, professore di Pediatria e Patologia alla Columbia University e responsabile con il professor Iavarone della supervisione del gruppo di scienziati che hanno portato a termine la ricerca - ha stabilito che ID2 rimane attiva a causa della ridotta concentrazione di ossigeno nel tumore in espansione. Quando è presente in forma inappropriatamente attiva, ID2 è in grado di bloccare il sistema di distruzione di due proteine chiamate Hypoxia Inducible Factor (Hif) alfa 1 e 2, della cui azione particolarmente le cellule staminali tumorali si servono per sopravvivere in mancanza di livelli adeguati di ossigeno e nutrimento".

In pratica, ID2 "consente alle cellule più maligne del glioblastoma di adattarsi a condizioni sfavorevoli, sopravvivere anche in condizioni estreme e continuare a moltiplicarsi senza perdere l’identità staminale", spiega Lasorella. "E' evidente - riprende Iavarone - che la disattivazione di ID2 priverebbe il tumore di un circuito indispensabile al suo mantenimento".

"Capire la sequenza di eventi di cui il glioblastoma, e probabilmente anche altri tumori umani, si sono dotati affinché il cancro continui a vivere - precisa Iavarone - è un passo importante verso l'ideazione di nuove strategie di cura. Tuttavia, non è ancora una cura, e ulteriori studi sono necessari prima che la nuova scoperta possa tradursi in una terapia".

Insomma, il risultato è promettente, ma il lavoro alla Columbia sta già andando avanti. "Al momento - spiega Iavarone - stiamo perseguendo screening di composti chimici (quindi potenziali farmaci anti-tumorali) sia" in simulazioni matematiche al computer "che sperimentalmente. Questi screening sono basati sulla nostra scoperta che la proteina ID2 deve legarsi alla proteina VHL per favorire la crescita delle cellule staminali tumorali. Pertanto, come abbiamo potuto osservare in laboratorio con strumenti genetici, un farmaco che blocca il legame tra ID2 e VHL, di cui ora conosciamo tutti i dettagli molecolari, potrà avere un eccezionale valore antitumorale. Questi studi - conclude - sono tuttora in corso nei nostri laboratori alla Columbia University".

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