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Allarme obesità per i baby-immigrati. L'esperto: "Italia impreparata"

26 settembre 2016 | 11.49
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L'obesità colpisce sempre più spesso i bimbi immigrati (foto: Fotogramma)
L'obesità colpisce sempre più spesso i bimbi immigrati (foto: Fotogramma)

Nuovo Paese, nuova vita. E nuova alimentazione. Ma per i bimbi immigrati e le loro famiglie, essere 'stranieri' a tavola - e anche dal medico, a scuola, al lavoro, in città - può costare caro. Il prezzo è in chili di troppo, con conseguenti rischi per la salute. Sono sempre di più le taglie XXL fra i piccoli 'nuovi italiani'. A lanciare l'allarme è l'endocrinologo dell'Istituto Auxologico Italiano di Milano, Alessandro Sartorio, direttore del Laboratorio sperimentale ricerche auxo-endocrinologiche e responsabile del Centro per i disordini della crescita, che parla di un "fenomeno destinato ad aumentare".

Di bambini con eccesso di peso, spiega all'AdnKronos Salute, "ne vediamo molti. Dal Sudamerica e dall'India, ma adesso anche nella comunità cinese e filippina, fra le più grandi stabilite in Italia. E persino dal Nordafrica. In generale i bimbi oversize appartengono alle classi sociali più basse". Al momento l'Italia, e i suoi medici con un occhio clinico 'tarato' sulla popolazione pediatrica autoctona, "non sono preparati ad accogliere questi ragazzi" e a prendere in carico i loro problemi con la bilancia, osserva lo specialista.

Perché quella dei baby-immigrati obesi "è una popolazione ancora poco conosciuta, sebbene i casi siano sempre più frequenti. I piccoli si trovano esposti improvvisamente a un ambiente a elevato rischio obesogeno. In questi casi è necessario un inquadramento corretto dei loro parametri di crescita, che tenga conto della loro origine geografica e delle caratteristiche genetiche della popolazione di provenienza". Un'impresa non da poco, che ha spinto l'équipe di Sartorio a lavorare per anni con le ambasciate e i consolati di tutto il mondo per costruire una sorta di 'atlante' dei parametri di crescita. Si chiama appunto 'Crescere nel mondo' e "ci sono voluti 16 anni per metterlo insieme, in collaborazione con colleghi inglesi".

Così adesso gli specialisti del centro possono contare su un software per la diagnostica auxologica per tutte le etnie. "Le differenze sono enormi e sarebbe un grosso errore valutare un bambino con le carte di crescita di altri - avverte Sartorio - I piccoli immigrati devono essere inquadrati correttamente. Il problema si pone anche per i bimbi adottati. E, grazie alle informazioni raccolte, ora siamo in grado di capire se un paziente cresce in modo regolare" rispetto alla sua popolazione di riferimento, spiega l'esperto accennando anche all'impegno dell'équipe su aspetti di tipo medico-legale, per esempio l'attribuzione dell'età effettiva, nel caso di immigrati senza documenti di identità.

Senza un inquadramento 'etnico' preciso "non sapremmo se i bambini che visitiamo sono normopeso, denutriti o in sovrappeso", prosegue lo specialista. E un medico può trovarsi davanti casi estremi, dai 'super-obesi' ai ragazzi drammaticamente sottopeso. Ci sono piccoli che "quando arrivano in Italia hanno una crescita fortemente penalizzata, legata sia alla scarsa alimentazione che alla mancanza di un ambiente familiare" protettivo. "Se però l'accoglienza è favorevole, si osserva rapidamente una crescita di recupero. I ragazzi rifioriscono".

Bisogna dunque "formare i medici, pianificare interventi ad hoc, studiare i bisogni alimentari, le malattie e i farmaci necessari, i fattori psicologici e il background familiare dei piccoli pazienti", elenca Sartorio. "Vanno rimosse ansie, stress e paure, favorita un'alimentazione normale".

Dietro l'obesità infanto-adolescenziale, analizza l'esperto, "c'è anche un problema di povertà, di poca qualità e cultura alimentare. Succede che per questioni economiche non puoi scegliere cosa mangiare, che mamma e papà sono affannati fra il lavoro e il tentativo di costruirsi una vita dignitosa e hanno poco tempo da dedicare alla cura dell'alimentazione. Il problema va affrontato e noi medici dovremmo essere sensibili. La società futura sarà migliore con l'integrazione, anche sanitaria, di queste famiglie".

Le prospettive non sono rosee. "C'è nell'obesità una tendenza al rallentamento se non alla riduzione della prevalenza. Però - fa notare Sartorio - questo non accade nelle fasce sociali meno abbienti e più povere. E visto che anche in Italia le famiglie in difficoltà economica stanno aumentando, in futuro non possiamo escludere un'espansione del problema obesità, che interesserà molto i 'nuovi italiani'".

L'epidemia di 'baby-taglie XL' è stato uno dei temi al centro di un recente incontro che si è svolto all'Auxologico di Milano tra super esperti del settore, durante il quale sono stati anche presentati i dati preliminari dello studio collaborativo multicentrico europeo 'Coming' (Childhood and adolescent Obesity and Metabolic syndrome in Italy, Norway and Germany), coordinato da Sartorio. La ricerca, condotta su oltre 2.300 bambini e adolescenti obesi di Italia, Norvegia e Germania, ha evidenziato una maggiore prevalenza di sindrome metabolica (e fattori di rischio cardiovascolari) nei bambini/adolescenti obesi tedeschi (36,4%) rispetto agli italiani (26,5%) e ai norvegesi (24,5%), condizionata in gran parte dalle differenti abitudini alimentari. "E poi ci sono delle peculiarità - dice lo scienziato - Abbiamo osservato che gli italiani hanno in maggior misura alterati (ridotti) i valori di colesterolo 'buono' Hdl, i norvegesi hanno una situazione peggiore sui trigliceridi e i tedeschi sono messi peggio per glicemia e pressione".

"Questo lavoro è una base per studi futuri a livello europeo - riferisce ancora Sartorio - Stiamo cercando di coinvolgere anche austriaci e svizzeri e puntiamo a definire strategie per contenere il problema dell'obesità patologica nel bimbo e nell'adolescente. Per questo serve una fotografia più precisa di abitudini alimentari e aspetti genetici e familiari".

L'obesità è "un grave problema sociale e multifattoriale", incalza l'esperto. In Italia, secondo lo studio 'Okkio alla Salute' del ministero della Salute, eseguito dall'Istituto superiore di sanità, i bambini obesi di 8 anni sono circa il 10%, quelli in sovrappeso circa il 21%, con un tasso cumulativo intorno al 31%. Sul territorio nazionale è stata osservata anche una maggior prevalenza nei maschi rispetto alle femmine e nelle aree meridionali rispetto a quelle settentrionali.

Particolare attenzione andrà riservata "ai 'super-obesi', che presentano gradi estremi di obesità e sono a prognosi sfavorevole, sia per la forte 'resistenza' ai trattamenti, che per la concomitante presenza di complicanze severe (insulino-resistenza, steatosi epatica, sindrome delle apnee notturne, sindrome metabolica, e così via). "Si calcola siano circa il 2% della popolazione pediatrica. E' un grosso problema perché questi bambini sono già grandi malati. Certo, per bambini e adolescenti le possibilità di cura efficace e di ritorno alla normalità sono più elevate. Studi di follow up condotti in Auxologico mostrano il mantenimento nel tempo dei risultati ottenuti con la riabilitazione metabolica integrata. Ma senza interventi mirati - conclude Sartorio - il rischio è di fare di una persona malata di obesità in età infantile un malato per tutta la vita".

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