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L'uomo dei 100 'cuori bionici': "Sempre più hi-tech ma bisogna scegliere bene i pazienti"

27 settembre 2016 | 15.04
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Trent'anni di cuori artificiali all'ospedale Niguarda di Milano (foto: Fotogramma)
Trent'anni di cuori artificiali all'ospedale Niguarda di Milano (foto: Fotogramma)

Sono passati quasi 30 anni da quando l'ospedale Niguarda di Milano ha cominciato a impiantare cuori artificiali. Una storia cominciata nel lontano 1988, con il primo impianto di un'assistenza ventricolare sinistra. "Erano altri tempi e questi interventi avevano un che di eccezionale. Ora la pratica è diventata routinaria e molto è cambiato", racconta all'AdnKronos Salute Claudio Francesco Russo, direttore della Cardiochirurgia, una vita dedicata ai pazienti del reparto. Fin da quando era un giovane chirurgo, proprio negli anni in cui debuttavano al Niguarda i primi cuori artificiali. La sua lunga esperienza nella struttura milanese lo ha trasformato nell''uomo dei 100 cuori bionici'.

Tanti ne ha impiantati finora e oggi può raccontare della rivoluzione tecnologica e dell'evoluzione dei protocolli che ha portato questi dispositivi a diventare un'arma in più per mettere in sicurezza le vite di tante persone in attesa del dono di un cuore vero. "Un tempo il paziente non si poteva neanche muovere dal letto, era attaccato con due cavi a una consolle grossa come un comò Luigi XVI. Oggi con la miniaturizzazione del circuito può riprendere una vita normale. Noi del Niguarda siamo stati tra i primi a cominciare qui a Milano, in Italia e nel mondo, e vantiamo una casistica che raggiunge quasi i 300 impianti". E per quasi tutti Russo era presente in sala operatoria. Da marchingegni ingombranti come un mobile si è passati alle dimensioni di un borsello. La 'convivenza' con il cuore artificiale si è allungata.

"Ci sono impianti che durano anni. Il nostro 'recordman' è un paziente che l'ha tenuto per 5 anni e 6 mesi. Questo per dire che anche le indicazioni per il cuore artificiale si sono evolute. Prima il massimo erano 15 giorni in attesa di un trapianto di cuore", oggi i supporti al circolo a lungo termine sono anche un'alternativa al trapianto per alcuni. E comunque, "vista la discrepanza fra il numero di persone in lista d'attesa e la disponibilità sempre minore di organi, la durata del supporto diventa necessariamente più lunga". Ci sono luci e ombre, per un dispositivo che diventa sempre più hi-tech, ma anche sempre più su misura. Russo ne parlerà in questi giorni nel capoluogo lombardo in occasione dello storico Congresso di cardiologia del Centro De Gasperis del Niguarda, un evento arrivato ormai al traguardo dei 50 anni che attira oltre 1.200 medici del cuore.

Il messaggio, chiarisce Russo, è che "il cuore artificiale non è la panacea per tutti i casi di scompenso cardiaco. Ma se si sceglie il paziente giusto e si procede con l'impianto al momento giusto, diventa un'arma in più nell'inventario dei medici. Oggi abbiamo compreso sempre di più l'importanza della selezione del paziente, non possiamo dare un cuore artificiale a tutti perché per alcuni non va bene. E ha comunque un costo. Abbiamo anche imparato a impiantarlo al momento giusto, perché se il paziente arriva" sotto i ferri "in shock i risultati sono mediocri. E' pur sempre un intervento grosso che comporta stress e può essere sopportato meglio da un organismo che ha risorse da spendere".

Al convegno ci saranno diverse sessioni dedicate al cuore artificiale. "C'è fermento perché l'insufficienza cardiaca è una condizione sempre più rappresentata nella società, e per quanto i progressi della medicina ci abbiano permesso di trattare pazienti in stati avanzati, la terapia medica non è più sufficiente". Fra i pazienti c'è l'over 80 ma anche il giovane al quale, a seguito di una miocardite, è stato necessario applicare in emergenza un supporto temporaneo al circolo.

A fronte di un aumento della sopravvivenza, resistono alcune criticità: "Le complicanze a lungo termine sono diminuite ma sono ancora presenti - spiega Russo - Il cuore artificiale è un sistema meccanico. Seppur evoluto, prevede un'alimentazione attraverso un cavo che attraversa la cute che non è mai sterile. Nel tempo il rischio maggiore è di un'infezione localizzata, talvolta di infezione sistemica con un quadro di tipo settico, situazione che alterano l'andamento normale della coagulazione controllato dai farmaci e spesso si assiste a complicanze di tipo trombotico e tromboembolico. I pazienti che oggi hanno il flusso continuo vanno incontro ad alterazioni delle membrane intestinali, sono più inclini al sanguinamento".

Ma il cuore artificiale "svolge comunque un ruolo di primaria importanza. In Italia facciamo circa 250 trapianti l'anno, trapiantiamo pazienti a fine corsa che teniamo in vita in condizioni di scompenso cardiaco cronico, con danni anche ad altri organi come fegato e rene. In quest'ottica la macchina permette un'ottimizzazione delle condizioni del malato in vista dell'arrivo del cuore e di un donatore ideale".

Nell'edizione 2016 del Convegno del Centro De Gasperis (in programma fino al 29 settembre) si farà il punto sulle principali novità. Il centro, spiegano i promotori dell'evento formativo, fa scuola da 50 anni. "E' come la Scala del cuore, un'istituzione", sottolineano oggi durante l'incontro di apertura. E la struttura può contare sul supporto della Fondazione De Gasperis, oggi presieduta da Benito Benedini. "Le malattie del cuore uccidono più dei tumori - spiega Benedini - ma nel silenzio generale. E' invece importante tenere alta l'attenzione delle istituzioni, affinché favoriscano cura e ricerca. Il cuore ha bisogno di attenzione".

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