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Sanità: esperta, meningite sottostimata, test classici spesso ciechi

04 novembre 2016 | 15.25
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 - Chee-Onn Leong - Fotolia
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La meningite non è solo un problema toscano. "In Italia è largamente sottostimata. Questo perché i test classici, che utilizzano la coltura, non sono sempre in grado di rilevare il meningococco che, in due terzi dei casi, non viene individuato con questo sistema. Un problema risolvibile con i test molecolari che tutte le Regioni, come ha fatto la Toscana, dovrebbero adottare". Lo sostiene Chiara Azzari, responsabile del Centro di immunologia pediatrica dell'ospedale pediatrico Meyer di Firenze, che oggi negli stabilimenti Gsk Italia di Siena ha partecipato a un incontro stampa dedicato a meningite e vaccini.

"La situazione della Toscana è stata molto particolare. Ha circolato un ceppo molto aggressivo che - dice convinta l'esperta - però circola anche in altre regioni e all'estero. Ma in Toscana abbiamo avuto anche un'altra particolarità: abbiamo posto tanta attenzione alla diagnosi". Significa che, "a differenza di tutte le altre Regioni, abbiamo utilizzato per tutti i casi, bambini e adulti, test molecolari. Un metodo almeno 3 volte più sensibile rispetto ai test standard che si basano sulla coltura".

"Quello che la Regione Toscana ha fatto - prosegue Azzari - è stato utilizzare test che hanno finalmente dato nome e cognome a infezioni prima spesso sconosciute. Se non usiamo test molecolari, i due terzi dei casi non li vediamo: non conosciamo il killer", insiste la specialista citando il caso di un diciottenne la cui morte era stata attribuita a sepsi perché la coltura non rivelava il batterio, ma che successivamente, dopo il ricovero del fratello minore, è stata identificata come un decesso da meningite grazie al test molecolare.

L'esperta ricorda che ogni anno in Italia si contano 6 mila morti per sepsi, di cui "una buona parte per microrganismi non identificati". Non è un caso, inoltre, che "l'Inghilterra, dove si utilizza da tempo solo il test molecolare, conti un numero di casi assai superiore a quelli italiani". Per Azzari la questione non è quindi "solo il ceppo più aggressivo che circola nel Paese d'oltremanica, come del resto in Toscana. Noi credevamo di avere un decimo delle infezioni inglesi. In realtà le distanze ci sono, ma sono meno di quelle che credevamo".

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