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L'addio a Veronesi: "Grazie professore". In lacrime il sindaco Sala

11 novembre 2016 | 12.26
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La commozione del sindaco Giuseppe Sala (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
La commozione del sindaco Giuseppe Sala (Fotogramma) - FOTOGRAMMA

"Grazie professore". E' il saluto commosso ripetuto dalla folla per Umberto Veronesi. Al termine della cerimonia di commemorazione laica, che si è svolta a Palazzo Marino, il feretro è uscito fra gli applausi delle persone che hanno riempito piazza della Scala fin dalle prime ore del mattino.

"Ciao papà - ha esordito il figlio Paolo durante la cerimonia - E' la prima volta che ti scrivo una lettera. Siamo rimasti orfani, non solo noi ma una generazione di medici e ricercatori che vedeva in te un esempio".

"Oggi voglio ricordare gli anni più belli, quelli che abbiamo vissuto da bambini, quando tornavi a casa con un vassoio carico di pasticcini e noi facevamo a gara a chi ne mangiava di più. Ricordo i viaggi in moto a velocità folle, e io dietro di te ovviamente senza casco - ha sorriso il senologo - intorno al lago Maggiore che tanto amavi. Mi stringevo a te, certo della tua infallibilità di padre, come tutti i bambini. Mi sembrava impossibile che sarebbe arrivato questo giorno, ma tu dicevi sempre: siamo di passaggio, dobbiamo lasciare il posto ad altri. Le ultime parole che ti ho sentito dire pochissimi giorni fa, mentre guardavi la mamma china su di te e le facevi una carezza sul viso, sono state: 'Come sei bella, Susy'. Mi sono commosso. E' proprio grazie alla mamma che la nostra famiglia è ancora così unita. Voglio assicurarti, anche a nome dei miei fratelli, che non resterà mai sola".

Commosso il saluto del sindaco di Milano, Giuseppe Sala. "Umberto Veronesi è stato il mio medico, ma mi ha anche regalato un insegnamento - ha detto il primo cittadino intervenuto alla commemorazione - Mi ha detto più o meno questo: la malattia farà parte della tua vita, non sbagliare a considerarla altro a te, ma vivi e pensa ogni momento che siete la stessa cosa e che ci si cura sempre. Grazie Umberto per tutte le volte che hai compreso il nostro dolore".

Ad aprire la cerimonia l'omaggio musicale del figlio di Veronesi, Alberto, con piano e arpa. Protagoniste le note del 'Chiaro di luna' Beethoven e dell'aria della Turandot di Puccini 'Tu che di gel sei cinta'. Presenti anche la ministra delle Riforme, Maria Elena Boschi, il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ed Emma Bonino. "Le tue battaglie le porteremo avanti e credimi, anche tardi ma le vinceremo - ha detto la leader radicale durante la commemorazione - Oggi molti di noi non sono qui perché sono impegnati a Roma a portare a termine l'impegno per la legalizzazione della marijuana. Ma tu ci lasci tanto, anche l'efficacia del metodo scientifico per promuovere la pace e io dico anche la democrazia. Un metodo che non è diceria o qualche mozione di troppo, ma prova e riprova".

Bonino si è rivolta direttamente all'oncologo: "Buongiorno prof. Io non ho dovuto costringerti a occuparti della mia malattia. Avevi già vinto. Il tuo metodo sta prendendo piede. Molti medici e professionisti che da te hanno imparato guardano ora alla persona con i suoi sogni e le due debolezze, ed è per questo che non ho avuto la necessità di caricarti anche del mio microcitoma". Il 'metodo Veronesi' è "un misto straordinario di umanità che guarda alla persona, e di rigore scientifico in un equilibrio straordinario che ti rassicura, ti sostiene e ti fa essere capito, non ti fa sentire malato e quindi reietto".

"Voglio che in questa sala - ha continuato Bonino - tu senta il ringraziamento di tutti coloro che hanno sofferto o soffrono nel nostro Paese non per malattia, ma per mancanza di libertà e di responsabilità individuale. Tu ci sei stato vicino nelle battaglie laiche più difficili. Quelle che partivano di estrema minoranza e sono diventate patrimonio di tutti".

La nipote Elena, figlia di Paolo, ha voluto raccontare più della figura dello scienziato quella "del nonno. Era una persona spettacolare - ha spiegato - di una umanità unica e di una cultura incredibile, che ha reso il mondo un posto migliore. Aveva una parola gentile per tutti e una voce che calmava l'anima". Nel suo ritratto di famiglia c'è l'immagine di un uomo "simpatico, il primo a raccontare barzellette". Un uomo che credeva "nella bontà, e diceva che se qualcuno era cattivo lo era perché la vita lo aveva reso così. L'ho sempre considerato immortale e gli dicevo che ci avrebbe sotterrati tutti". L'oncologo "era un pilastro della nostra famiglia. Diceva: 'Non ho lezioni di vita o verità da tramandare. Siate dubbiosi e trasgressivi, se essere trasgressivi significa andare oltre il dogma e la rigidità delle regole'".

Pier Giuseppe Pelicci, direttore Ricerca dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, ha voluto "salutare Umberto a modo suo, rivolgendomi alle persone che ha più amato, ai giovani: fatevi guidare dalla vostra intelligenza e curiosità, innamoratevi della scienza e dei suoi metodi, innamoratevi della ricerca che è bellissima, siate allegri e irrispettosi".

Tanti i politici per l'ultimo addio allo scienziato: fra gli altri gli ex sindaci di Milano, Gabriele Albertini e Carlo Tognoli, l'ex sindaco di Torino, Piero Fassino, il vice segretario del Pd, Lorenzo Guerini. Dal mondo delle imprese e della finanza, tra la folla, Marco Tronchetti Provera accompagnato dalla moglie Afef Jnifen. E poi i vertici dell'Ieo, dell'Istituto nazionale tumori e di tante altre strutture sanitarie lombarde, e le associazioni impegnate nella lotta al cancro.

La processione di cittadini alla camera ardente è continuata fino a dopo le 10. Davanti alla bara dell'oncologo i mazzi di fiori delle pazienti. Su uno di questi anche una foto, un selfie di una paziente sorridente scattato davanti alla foto dello scienziato. Dietro, le corone di fiori inviate dalle istituzioni.

A quanto si apprende, la salma del professore sarà cremata e sepolta al cimitero Monumentale di Milano. E rispondendo ai giornalisti, il sindaco Sala ha confermato che verrà richiesta la procedura per la sepoltura al Famedio. Il Pantheon degli illustri, l'area del Monumentale dove riposano i più grandi nomi della città.

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