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Tetraplegico torna a muovere il braccio grazie a impianto hi-tech

29 marzo 2017 | 10.51
LETTURA: 4 minuti

Bill Kochevar mangia grazie al device /Case Western Reserve University - Case Western Reserve University
Bill Kochevar mangia grazie al device /Case Western Reserve University - Case Western Reserve University

Bill Kochevar afferra una tazza d'acqua, la porta alle labbra e beve da una cannuccia. I suoi movimenti sono lenti e misurati, ma bisogna anche pensare che l'uomo non muoveva il braccio destro e la mano da otto anni. E c'è voluta un po' di pratica per raggiungere la tazza e afferrarla solo grazie al pensiero. L'eccezionale risultato ottenuto da Kochevar, paralizzato dalle spalle in giù dopo un incidente in bicicletta, ne fa secondo i ricercatori della Case Western Reserve University la prima persona al mondo tetraplegica a poter muovere di nuovo braccio e mano con l'aiuto di due device hi-tech impiantati temporaneamente nel suo corpo.

Si tratta di un'interfaccia cervello-computer dotata di elettrodi fissata sul cranio dell'uomo, e di un sistema di stimolazione elettrica funzionale in grado di attivare braccio e mano, ricollegando il cervello del paziente ai muscoli paralizzati. Le immagini, registrate dagli scienziati autori dello studio su 'The Lancet', mostrano Kochevar che raccoglie forchettate di purè di patate da una ciotola e assapora ogni boccone. "Per qualcuno che ha subito un incidente otto anni fa e non poteva muoversi, essere in grado di farlo anche solo un po' è impressionante", dice Kochevar, 56 anni, di Cleveland. "E' stato meglio di quanto pensassi".

L'uomo è il protagonista della ricerca guidata da Case Western Reserve University, Centro Fes (stimolazione elettrica funzionale) di Cleveland e University Hospitals Cleveland Medical Center. Un lavoro "davvero rivoluzionario per la comunità di pazienti con lesioni del midollo spinale", come sottolinea Bob Kirsch, investigatore principale e autore senior della ricerca. "Questo - aggiunge - è un passo importante verso il recupero di una certa indipendenza".

"Prendendo i segnali cerebrali generati quando Bill cerca di muoversi e usandoli per controllare la stimolazione di braccio e mano, il sistema ha permesso al paziente di svolgere funzioni importanti per lui", interviene Bolu Ajiboye, assistente di ingegneria biomedica e autore principale dello studio. La ricerca su Kochevar fa parte del 'BrainGate2', uno studio clinico pilota condotto da un consorzio di centri che punta a valutare la sicurezza e fattibilità dell'impianto di un sistema con interfaccia cervello-computer in persone con paralisi. Altri studi all'interno di BrainGate2 hanno dimostrato che i pazienti paralizzati possono controllare con la mente un cursore sullo schermo di un computer o un braccio robotico.

"Ogni giorno la maggior parte di noi dà per scontato" che saremo "in grado di spostare qualsiasi parte del nostro corpo con precisione e controllo in molteplici direzioni", riflette Benjamin Walter, direttore medico del programma di stimolazione cerebrale profonda dell'UH ​​Cleveland Medical Center. "Ripristinando la comunicazione tra cervello e corpo, speriamo di iniziare a restituire la speranza a milioni di individui paralizzati che un giorno saranno in grado di muoversi liberamente di nuovo".

Ma come è stato condotto lo studio? Un team di chirurghi ha impiantato due array di elettrodi a 96 canali - ciascuno delle dimensioni di un'aspirina - nella corteccia motoria di Kochevar, sulla superficie del cervello. I segnali chiave venivano creati quando l'uomo immaginava il movimento di braccio e mano. L'interfaccia cervello-computer estraeva le informazioni dai segnali cerebrali, usandole per comandare il sistema di stimolazione elettrica. Per allenarsi a usare il device, Bill ha utilizzato la sua mente per muovere un braccio virtuale sullo schermo del computer. "Era in grado di farlo in pochi minuti", conclude Kirsch. "Il codice era ancora nel suo cervello". Dopo 4 mesi di allenamento, il team ha impiantato il dispositivo con 36 elettrodi che ha animato i muscoli di braccio e mano di Kochevar. Sono ancora necessari degli studi, ma dopo questi risultati la speranza è che il sistema restituisca una certa possibilità di movimento alle persone paralizzate.

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