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Arrivano i 'topi spaziali', nati da spermatozoi conservati in orbita

23 maggio 2017 | 18.51
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(Fotogramma)
(Fotogramma)

Sono apparentemente sani, geneticamente normali o quasi, e alcuni sono riusciti a diventare a loro volta genitori. Storia dei primi 'topi spaziali', roditori figli di spermatozoi liofilizzati conservati per 9 mesi sull'Iss, la Stazione spaziale internazionale, in condizioni di microgravità ed esposti a radiazioni più di 100 volte superiori a quelle che bersagliano la Terra. La nascita è stata annunciata su 'Pnas' da Sayaka Wakayama e colleghi dell'università Yamanashi in Giappone.

Forti del successo dell'esperimento, e al netto di alcuni problemi da risolvere per proteggere meglio il Dna, i ricercatori ritengono teoricamente possibile in futuro la conservazione extraterrestre di gameti. Banche del seme 'lunari' da spedire in orbita in caso di disastri sul pianeta. Ancora non si sbilanciano, invece, sulla fattibilità della riproduzione degli uomini o di altri mammiferi nello spazio senza pericoli per la prole.

Dopo la permanenza sull'Iss, gli 'spermatozoi spaziali' sono stati rispediti sulla Terra, riportati a temperatura ambiente e utilizzati per inseminare ovuli di topo. I tassi di fecondazione e di nascita sono apparsi simili a quelli di un gruppo di animali controllo. Sempre rispetto a questi ultimi, il Dna dei 'cuccioli Iss' è risultato avere solo piccole differenze. I topolini sono cresciuti fino a raggiungere l'età adulta e qualcuno è stato fatto accoppiare dando alla luce dei piccoli: topi spaziali di seconda generazione.

Poiché la dose media giornaliera di radiazioni dai raggi cosmici è pari 0,5 mSv (millisievert) - abbastanza per compromettere il codice genetico delle cellule, spermatozoi compresi - il sospetto dei ricercatori nipponici è che alcuni dei danni causati al Dna degli spermatozoi in trasferta nello spazio siano stati riparati dal genoma sano degli ovociti 'terrestri'.

"Se i campioni di sperma dovessero essere conservati nello spazio per periodi più lunghi - spiegano gli scienziati - è probabile che i danni genetici aumenterebbero e supererebbero le capacità riparative degli ovuli. E se i danni associati a un'eventuale conservazione spaziale a lungo termine confermassero un effetto significativo sulla prole, avremo bisogno di sviluppare metodi per proteggere i campioni dalle radiazioni. Per esempio uno scudo di ghiaccio".

Una volta superato questo ostacolo, la prospettiva di installare banche di seme umano sulla Luna potrebbe non essere così lontana. "Lo stoccaggio sottoterra" sul satellite, "per esempio in tunnel di lava, potrebbe essere la soluzione migliore per conservarli per molto tempo o per sempre - sono convinti gli studiosi - grazie alle temperature molto basse, alla protezione garantita dagli spessi strati di roccia e al completo isolamento da eventuali catastrofi sulla Terra".

Ma l'uomo potrà riprodursi nello spazio? Si mostra scettico all'idea Joseph Tash, fisiologo dello University of Kansas Medical Center, citato dalla Bbc online. Pur considerando interessanti le recenti scoperte, l'esperto obietta che l'Iss è un ambiente troppo riparato e non sarebbe dunque l'area di prova ideale per capire cosa potrebbe succedere 'al largo' nello spazio.

"L'orbita dell'Iss - precisa Tash - si trova sotto la protezione della fascia di Van Allen, il campo magnetico che devia le radiazioni più alte evitando che colpiscano la Terra. Sulla Luna sarebbe già tutto diverso". Considerato poi che "ovaie e testicoli sono gli organi più sensili alle radiazioni acute e croniche", la possibilità di procreare oltre le fasce di Van Allen dipenderebbe dal "riuscire a realizzare strutture resistenti alle radiazioni, capaci di proteggere sperma, ovuli ed embrioni".

E siccome infine "la gestazione umana dura 9 mesi", l'ipotetica 'mamma spaziale' "dovrebbe essere protetta per l'intero periodo da un simile impianto. Il che - ragiona l'esperto - ci chiamerebbe ad affrontare anche questioni ambientali, mediche, sociali e psicologiche".

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