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La scoperta

Fusione di 2 geni dà benzina al cancro

03 gennaio 2018 | 20.06
LETTURA: 6 minuti

Una cellula tumorale portatrice della fusione genica Fgfr3-Tacc3 con marcata attivazione dei perossisomi, le piccole strutture in verde (Columbia University, New York)
Una cellula tumorale portatrice della fusione genica Fgfr3-Tacc3 con marcata attivazione dei perossisomi, le piccole strutture in verde (Columbia University, New York)

Una fusione di due geni che scalda i motori del cancro, dandogli benzina per correre, moltiplicare le cellule maligne, diffondersi. E' il punto di forza del più aggressivo e letale dei tumori al cervello, il glioblastoma (ma anche di altre neoplasie). E potrebbe ora trasformarsi nel suo 'tallone d'Achille', nell'obiettivo che i camici bianchi potrebbero colpire per togliere energia al nemico, fermarne la crescita. La scoperta porta la firma di un team della Columbia University di New York guidato da due italiani, due super scienziati emigrati da anni negli Usa: Antonio Iavarone e Anna Lasorella.

Il loro studio è pubblicato su 'Nature' e non è la prima volta che un lavoro firmato dai due cervelli tricolore con protagonista la fusione dei due geni Fgfr3 e Tacc3 approda nelle pagine di una rivista 'bibbia' della comunità scientifica. L'inizio di tutto è stato nel 2012, quando lo stesso gruppo di ricercatori l'aveva identificata - guadagnandosi le pagine di 'Science' - come causa del 3% dei casi di glioblastoma, tumore che colpisce persone di tutte le età (anche se è più frequente tra i 45 e i 70 anni) e non risparmia i bambini, finito più volte alla ribalta delle cronache negli States. Nel 2015 per la morte del figlio 46enne dell'ex vicepresidente Usa Joe Biden, e prima ancora per la scomparsa del senatore democratico Ted Kennedy nel 2009. Poi di nuovo sotto i riflettori a luglio 2017 per l'annuncio della malattia del senatore repubblicano John McCain.

La chirurgia, seguita da radioterapia e chemio - spiegano gli esperti - non è ancora in grado di curare questo tipo di cancro che porta a morte la maggior parte dei pazienti in meno di due anni. Gli scienziati hanno ora scoperto che l'elemento cardine del meccanismo innescato dalla fusione dei due geni è l'aumento del numero e dell'attività dei mitocondri, organelli presenti all'interno della cellula che funzionano come centraline di produzione di energia. E ritengono che l'aggiunta di farmaci che interferiscono con la produzione di energia da parte dei mitocondri porterà "benefici importanti" per il trattamento personalizzato dei tumori sostenuti dalla fusione genica Fgfr3-Tacc3. Un passo avanti sulla strada della medicina 'su misura'.

Nel dettaglio, gli autori del lavoro hanno usato farmaci già esistenti che interferiscono con l'attività dei mitocondri per bloccare la crescita dei tumori umani in laboratorio e negli animali. E' una lunga strada quella che li ha portati fino a qui, inseguendo la missione di migliorare le conoscenze sui meccanismi che promuovono il glioblastoma e lo rendono così difficile da curare, unica strada - sottolineano - per poterlo aggredire più efficacemente.

Non solo: dopo la scoperta iniziale del team Iavarone-Lasorella, marito e moglie che insieme da Roma hanno varcato l'Oceano nel 1999, suscitando clamore per aver denunciato allora un caso di nepotismo ai loro danni nella Capitale, altri studi hanno riportato che la stessa fusione genica è presente con percentuali simili a quella del glioblastoma anche in altri tumori umani come il carcinoma del polmone, dell'esofago, della vescica, della mammella, della cervice uterina, e il carcinoma della testa e del collo, tumori che colpiscono globalmente varie migliaia di persone ogni anno. "Fgfr3-Tacc3 è probabilmente la più frequente fusione genica descritta finora nel cancro", osserva Iavarone, co-leader dello studio. "Con questa ricerca, siamo finalmente riusciti a capire come induce e perpetua i tumori maligni e possiamo sfruttare i nuovi obiettivi terapeutici in una cura sempre più personalizzata del cancro".

Lo studio descrive una complessa cascata di eventi scatenati dalla presenza della potente fusione genica che convergono nell'aumento della attività mitocondriale. Applicando un'ampia serie di analisi, gli scienziati hanno scoperto che Fgfr3-Tacc3 attiva una proteina chiamata Pin4. Dopo l'attivazione, Pin4 raggiunge altri piccoli organelli cellulari, i perossisomi, che normalmente metabolizzano grassi e producono carburante per l'attività mitocondriale. E il numero di questi perossisomi aumenta di 4-5 volte, così come aumenta la loro attività metabolica causando l'accumulo nella cellula di sostanze ossidanti che stimolano la produzione di Pgc1-alfa, fattore fondamentale per il metabolismo mitocondriale, il quale diventa libero di stimolare in maniera scoordinata l'attività dei mitocondri e la produzione di energia.

"Il nostro studio fornisce la prima evidenza che geni-chiave dello sviluppo tumorale causano direttamente un'iperattività mitocondriale", sottolinea Lasorella, co-leader dello studio. Si individua anche per la prima volta "il coinvolgimento dei perossisomi nell'evoluzione tumorale" e il lavoro "ci suggerisce come poter incidere sulle fonti energetiche cellulari per colpire il tumore. Infatti, in esperimenti su cellule tumorali in coltura e in modelli animali di glioblastoma generati da Fgfr3-Tacc3, il trattamento con gli inibitori del metabolismo mitocondriale ha interrotto la produzione di energia e fermato la crescita tumorale".

Secondo gli scienziati, dunque, la combinazione di farmaci che inibiscono l'attività mitocondriale e quella enzimatica di Fgfr3-Tacc3 potrebbe risultare utile nel trattamento dei tumori che contengono la fusione dei due geni. In studi precedenti i ricercatori della Columbia University avevano dimostrato che 'farmaci bersaglio', che bloccano direttamente l'attività enzimatica della fusione genica, portavano a un aumento della sopravvivenza di topi affetti da glioblastoma. Per questo vengono attualmente testati in pazienti con il tumore cerebrale positivo per Fgfr3-Tacc3 in studi clinici diretti da uno dei co-autori dello studio pubblicato su Nature, Marc Sanson dell'ospedale Pitié Salpetriere a Parigi.

"Farmaci che inibiscono enzimi di tipo chinasi sono stati usati in alcuni tipi di tumori con risultati incoraggianti - conclude Iavarone - Tuttavia, con il tempo il cancro diventa resistente a questi farmaci e progredisce. Ipotizziamo che si possano prevenire resistenza e recidiva tumorale attraverso una simultanea inibizione del metabolismo mitocondriale e di Fgfr3-Tacc3. E stiamo testando questa nuova ipotesi nei nostri laboratori della Columbia University".

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