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Dalla foto al film del cervello, la sfida del neuroscienziato

19 gennaio 2018 | 15.12
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(foto Fotogramma) - FOTOGRAMMA
(foto Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Quando gente di 'bancone' e gente di corsia si incontrano può scoccare una scintilla. E può accadere che il matrimonio tra clinica e laboratorio apra una nuova finestra sul cervello: "Quello che abbiamo al momento, anche con le risonanze magnetiche funzionali più forti, è una fotografia. Ora possiamo avere il film" di quello che accade dentro la 'scatola nera' del corpo umano. Giacomo Rizzolatti, 80 anni, 'papà dei neuroni specchio', ha trascorso la vita a studiarla e ora racconta di una nuova sfida nata dall'incontro un paio d'anni fa con un gruppo di specialisti dell'ospedale Niguarda di Milano. Sono gli esperti che operano nel Centro di chirurgia dell'epilessia (via che si prende in considerazione per i pazienti affetti da un'epilessia focale e farmacoresistente), dedicato alla memoria di un pioniere del settore, Claudio Munari.

Qui i camici bianchi vanno a 'caccia' della zona epilettogena, l'epicentro da cui originano le crisi dei pazienti. Nelle situazioni più complesse ricorrono a un'indagine sofisticata la Stereo-Eeg, che viene eseguita con tecniche stereotassiche che consentono di impiantare, con un casco speciale, elettrodi in profondità nel cervello. La procedura è guidata da mappe dettagliate di imaging in 3D ed è assistita da un robot che raggiunge la traiettoria ottimale. L'attività del cervello viene così registrata per diversi giorni, mentre i pazienti svolgono attività quotidiane e compiti specifici, come camminare, afferrare oggetti, osservare immagini, pensare. L'impianto consente di effettuare anche stimolazioni cerebrali. Il campionamento dei dati viene eseguito con una frequenza che arriva a duemila rilevazioni al secondo.

Per Rizzolatti, coordinatore dell'Istituto di neuroscienze del Cnr di Parma, questa è una miniera preziosa di informazioni. Il passaggio dalla foto al film del cervello, appunto. "Abbiamo così la possibilità di conoscere la tempistica - spiega all'AdnKronos Salute - quale area si attiva per prima, quale per seconda, quale per terza. Possiamo sapere se l'informazione torna indietro, e così via. E' tutta un'altra cosa". E questa strada continuerà ad essere percorsa grazie anche al 'Nobel lombardo' da un milione di euro vinto dal neuroscienziato, dal quale è arrivata un'importante iniezione di risorse.

"Se non fossero arrivati i soldi, ho paura che sarebbe crollato tutto - racconta Rizzolatti - Finora avevamo a disposizione un mio grant europeo che sta per scadere e quello di un professore belga che va via. Quindi i soldi erano zero, è stato veramente quasi un miracolo. Con una parte siamo riusciti ad acquistare un apparecchio che permette di registrare intra-operativamente e focalizzare meglio dov'è l'elettrodo, diminuendo il danno al paziente con una localizzazione più sicura. E i neurochirurghi riescono ad accelerare molto i tempi dell'operazione. Da marzo-aprile investiremo un'altra parte dei fondi in forza lavoro: pensiamo di assumere a tempo determinato un neurologo e qualcuno in stanza chirurgica per accelerare i loro tempi, perché al Niguarda hanno prima di tutto un lavoro assistenziale enorme da portare avanti".

Con Rizzolatti, l'ospedale milanese ha fatto il cammino inverso a quello solito: dalla cura alla ricerca. Da quando è nato il centro per la chirurgia dell'epilessia sono oltre 2 mila i pazienti operati, una media di 120 all'anno, di cui "due terzi arrivano da fuori regione e diversi anche dall'estero". Se si riesce a individuare la zona epilettogena, spiega Giorgio Lo Russo, direttore del Reparto, la chirurgia oggi permette di liberare dall'epilessia "circa il 70% dei pazienti trattati", con punte sopra l'80% per esempio per l'epilessia del lobo-temporale. In altri casi l'intervento trasforma l'epilessia in farmacosensibile per cui si può avere un controllo efficace delle crisi con i farmaci. Il centro del Niguarda da solo concentra il 40-50% della casistica operata per epilessia in Italia. Il 30% è rappresentato da ragazzi sotto i 18 anni. "Spesso le crisi cominciano da bambini", evidenzia Russo, e prima si libera il paziente da questi episodi, prima potrà completare il normale sviluppo cognitivo.

A intuire il potenziale della collaborazione con Rizzolatti è stata Ivana Sartori, esperta di epilessia del Niguarda. "Oggi - spiega - raggiungiamo una percentuale di guarigioni buona ma non è abbastanza. Vogliamo fare di più e per ottenerlo è necessario conoscere come funziona il nostro cervello. Quello che abbiamo a disposizione è migliorabile. Quindi abbiamo deciso di percorrere questo cammino con un maestro. E abbiamo trovato un linguaggio comune. Di Rizzolatti mi ha colpito l'intuizione su cui poggia l'interpretazione del sistema motorio. Il neurone motorio, ci ha mostrato, è multimodale, sa vedere, percepire, ascoltare se stesso. Da esperta di epilessia mi affascinava, perché le crisi motorie sono le più difficili da capire".

"Noi - ricorda Rizzolatti ripercorrendo i suoi studi - abbiamo avuto l'intuizione di studiare la scimmia in maniera etologica. La maggior parte degli scienziati la metteva sulla sedia e le faceva fare movimenti e così si riusciva a vedere poco. Se invece si passa a un rapporto quasi umano, si può capire quanto è complicato il sistema motorio, osservare cosa fanno questi esemplari quando prendono una cosa o quando vedono il cibo da lontano". Con il Niguarda, aggiunge l'esperto, "stiamo scoprendo tanti aspetti nuovi. Stiamo vedendo che c'è un sistema primitivo che precede quello più sofisticato", è legato al desiderio di muovere e "permette di cominciare ad agire. Abbiamo iniziato a capire di più e, spero a breve, pubblicheremo questi nuovi dati".

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