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Parkinson, lacrima rivela morbo

22 febbraio 2018 | 20.12
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Foto di repertorio (Fotogramma)
Foto di repertorio (Fotogramma)

Da una lacrima sul viso si potrebbero davvero capire molte cose. Ma il verso della nota canzone di Bobby Solo acquista tutto un altro significato agli occhi degli scienziati: sembra infatti che le lacrime possano portare con sé indizi su una grave malattia neurodegenerativa, il Parkinson, e sui chi ne viene colpito. E' quanto emerge da uno studio preliminare pubblicato oggi, del quale si discuterà ad aprile al 70esimo meeting annuale dell'American Academy of Neurology a Los Angeles.

"Riteniamo che la nostra ricerca sia la prima a dimostrare che le lacrime possono essere un indicatore biologico affidabile, poco costoso e non invasivo della malattia di Parkinson", spiega l'autore Mark Lew, della Keck School of Medicine dell'University of Southern California a Los Angeles e membro dell'American Academy of Neurology.

Il team ha messo sotto la lente le lacrime perché, spiega Lew, contengono varie proteine ​​prodotte dalle cellule secretorie della ghiandola lacrimale, che viene stimolata dai nervi a secernerle. E dal momento che il Parkinson può influenzare la funzione dei nervi al di fuori del cervello, gli scienziati hanno ipotizzato che qualsiasi cambiamento nella funzione nervosa possa essere visto nei livelli di proteina contenuti nelle lacrime.

Per lo studio, sono stati confrontati campioni di lacrime di 55 persone con Parkinson con quelli di 27 persone che non avevano la malattia (ma erano della stessa età e sesso). L'analisi si è concentrata sui livelli di 4 proteine e i ricercatori hanno scoperto differenze fra i pazienti con Parkinson e il gruppo di controllo su una, l'alfa-sinucleina. Inoltre erano anche significativamente diversi i livelli di un'altra forma di alfa-sinucleina: l'alfa-sinucleina oligomerica (alfa-sinucleina che ha formato aggregati che sono implicati nel danno nervoso nel Parkinson). Dall'analisi è emerso che i livelli totali di alfa-sinucleina erano diminuiti nelle persone con Parkinson, mentre i livelli di alfa-sinucleina oligomerica erano aumentati.

"Sapere che qualcosa di semplice come le lacrime potrebbe aiutare i neurologi a distinguere in modo non invasivo tra persone che hanno il morbo di Parkinson e chi invece non lo ha è entusiasmante", commenta Lew. "E poiché il processo di malattia può iniziare anni o decenni prima che compaiano i sintomi, un marker biologico come questo potrebbe essere utile per diagnosticare, o addirittura trattare prima la malattia". Ora, concludono i ricercatori, è necessario effettuare ulteriori ricerche in gruppi più ampi di persone per verificare se questi cambiamenti proteici possono essere rilevati nelle lacrime nelle prime fasi del Parkinson, prima che i sintomi inizino.

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