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Steatoepatite non alcolica, test non invasivi efficaci come biopsia

16 aprile 2018 | 11.26
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Arrivano incoraggianti novità per i pazienti con steatoepatite non alcolica (Nash) dall’International Liver Congress 2018 di Parigi, dove sabato Gilead ha presentato i risultati di due studi basati su tecniche di apprendimento automatico (machine learning), da cui emerge come i test non invasivi siano da considerarsi efficaci quanto la biopsia epatica per prevedere gli esiti clinici in pazienti con fibrosi avanzata indotta dalla Nash (VIDEO).

La diagnosi e il monitoraggio della steatoepatite non alcolica - malattia del fegato caratterizzata dall'accumulo di grasso, più grave della steatosi epatica - attualmente richiedono infatti una biopsia del fegato, l’unico esame che permette di distinguere la Nash dalla steatosi epatica (comunemente definita 'fegato grasso') ed evidenziare i processi infiammatori in atto. La prospettiva di poter utilizzare test diagnostici non invasivi permetterebbe così ai pazienti colpiti da questa patologia di evitare il prelievo di tessuto dal fegato, metodica invasiva e che può portare a complicazioni.

"La Nash - spiega all’AdnKronos Salute Mani Subramanian, Senior Vice President of Liver Disease Therapeutics di Gilead - è una malattia caratterizzata dall’accumulo di grasso nel fegato non causato da virus o alcol, ma da disfunzioni metaboliche che portano all’infiammazione e alla fibrosi. Negli ultimi 10 anni i pazienti colpiti da questa patologia sono aumentati sempre di più, e il loro trattamento è la vera sfida per il futuro. I sintomi della malattia sono spesso silenti finché non si arriva a una condizione di fibrosi avanzata. Nei prossimi anni - avverte - questa potrebbe diventare una delle principali cause di trapianto di fegato, ospedalizzazioni, tumori, malattie epatiche allo stadio terminale e, nella peggiore delle eventualità, di morte".

"Per diagnosticare una condizione di fibrosi avanzata - prosegue l'esperto - abbiamo bisogno di modalità che non siano invasive come la biopsia, e siamo impegnati in modo significativo nello sviluppo e nella promozione di test che vadano in questa direzione, anche grazie all’impiego di nuove tecniche come l’apprendimento automatico, che ci aiutano a identificare questo tipo di pazienti, che a oggi sono quelli con i maggiori bisogni insoddisfatti".

Entrambi gli studi condotti da Gilead hanno utilizzato i dati provenienti da due precedenti trial di fase 2 che hanno coinvolto 477 pazienti con Nash e fibrosi di stadio 3-4, rivelando informazioni chiave sulla storia naturale della progressione della malattia e sulla potenziale utilità dei marcatori non invasivi di fibrosi. Uno studio ha dimostrato che i dati di test non invasivi consentono di predire il rischio di progressione della malattia clinica in pazienti con fibrosi avanzata, mentre l’altro ha identificato modelli in grado di prevedere quali pazienti presentino le maggiori probabilità di ottenere un miglioramento spontaneo della fibrosi.

Oltre alle novità nell’area della diagnostica, al meeting parigino Gilead ha illustrando i dati di uno studio 'proof-of-concept' sulle terapie combinate sperimentali per i pazienti con fibrosi avanzata dovuta a Nash. Combinazioni in grado di contrastare le vie biologiche primariamente coinvolte nello sviluppo della malattia (disregolazione metabolica, infiammazione e fibrosi).

"Sono stati disegnati due studi di fase 3 (Stellar-3 e Stellar-4) in pazienti con fibrosi in stadio 3-4 il cui arruolamento è stato completato prima del previsto e i cui dati sono attesi nella prima metà del 2019 - ha precisato Norbert Bischofberger, PhD, Executive Vice President of Research and Development and Chief Scientific Officer Gilead - Con questi trial intendiamo valutare una terapia di combinazione tra farmaci con meccanismi d'azione diversi e potenzialmente complementari. I dati iniziali sono un importante passo avanti verso il raggiungimento del nostro obiettivo, che - conclude - consiste nel migliorare il decorso della malattia nei pazienti con fibrosi avanzata causata da Nash".

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