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La scienziata rumena che ha scelto l'Italia

23 giugno 2018 | 12.48
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Dana Branzei
Dana Branzei

A soli 18 anni scopre una vocazione per la chimica e, mentre si prepara per le Olimpiadi della chimica in Romania, vince una borsa di studio bandita dal Giappone e inizia il suo percorso di ricerca al Tohoku University di Sendai. Vive per 12 anni in estremo Oriente, dove si afferma, grazie a un dottorato in genetica e biologia molecolare, come ricercatrice nel campo della riparazione e della stabilità del Dna, al Riken Institute di Wako, uno degli Istituti più prestigiosi a livello internazionale, e alla Tohoku University. Nel 2005 sceglie l'Italia e approda all'Ifom (Istituto Firc di Oncologia Molecolare) di Milano. Dopo solo 3 anni, grazie alla originalità e alla qualità delle sue ricerche, ottiene la direzione di un suo gruppo di scienziati. E' la storia di Dana Branzei, scienziata di Ifom premiata dal ministro per i Romeni all'Estero, Natalia-Elena Intotero, tra i 10 connazionali che si sono distinti in Italia per i loro risultati nell'ambito scientifico, accademico, culturale e sociale.

E' il riconoscimento '100 per il centenario', progetto unico in cui, in occasione dell'anniversario del Centenario della Grande Unione della Romania, vengono insigniti 10 cittadini romeni di 10 grandi capitali. La premiazione è avvenuta ieri sera a Palazzo dell'Accademia di Romania a Roma una delle prime due accanto a quella di Parigi, fondate nel mondo dal Parlamento Rumeno a partire dagli anni '20.

Nata nel 1974 a Iaşi, capitale della Moldavia rumena, già giovanissima Dana Branzei scopre dunque la sua strada. Oggi il suo team è composto da 12 ricercatori, alcuni italiani e altri provenienti da tutto il mondo: India, Ungheria, Giappone, Russia e Germania. "Sono onorata di poter condurre ricerca in Italia, dove eccelle sicuramente un ingrediente fondamentale per chi fa ricerca scientifica: la creatività e la disponibilità a fare sempre del proprio meglio", racconta all'Adnkronos Salute. Anche se "in altri Paesi la ricerca viene sostenuta molto dai finanziamenti pubblici, cosa che qui non avviene in maniera altrettanto robusta".

Le quasi 70 ricerche condotte da Branzei sono state pubblicate sulle più autorevoli riviste scientifiche al mondo e sono sostenute da Airc e Telethon e da due degli altamente competitivi finanziamenti Erc (European Research Council) promossi dalla Comunità Europea. In particolare questi ultimi l'hanno fatta emergere agli onori della cronaca come uno dei rarissimi casi di 'cervelli' stranieri che hanno scelto di portare in Italia il prestigioso finanziamento, in controtendenza rispetto ai tanti italiani che hanno preferito portarli all'estero.

"Qui all'Ifom", l'istituto fondato nel 1998 dalla Fondazione italiana per la ricerca sul cancro, "ho avuto la possibilità di ottenere una posizione di rilievo. E possiamo portare avanti le nostre ricerche secondo standard internazionali, con strumentazioni tecnologiche all'avanguardia e in un ambiente cosmopolita e interdisciplinare. Io ho una formazione di biochimica, ma lavoro in collaborazione con biotecnologi, fisici, medici, bioinformatici e ingegneri". Fra questi, molte donne, "che vengono valorizzate tanto quanto gli uomini. Questo altrove è un problema, perché le donne che fanno ricerca spesso devono sacrificare la loro carriera o la loro famiglia, e altrettanto spesso non ottengono incarichi apicali".

Pensando alla sua carriera scientifica, Dana ritiene di dovere molto alla sua Romania, dove ha iniziato la sua formazione scientifica. Cresciuta in una famiglia di professori universitari e di medici, dediti all'insegnamento e alla cura, prova una gratitudine speciale per i suoi insegnanti e i suoi mentori, che l'hanno ispirata e indirizzata nel percorso scientifico: "mi hanno insegnato a voler imparare sempre di più - racconta - e a essere fiduciosa nei frutti che danno naturalmente gli sforzi onesti. Sono stati per me esempi di generosità, di coinvolgimento e di dedizione che ancora oggi mi guidano".

Venuta per la prima volta in Italia a 15 anni per un viaggio culturale con la famiglia, Dana ha avvertito subito un buon feeling per il nostro Paese, riportando a casa la speranza di tornarci, un giorno. Mai avrebbe immaginato di tornarci veramente e quasi per caso dopo 12 anni in Giappone. Vede molte analogie tra la mentalità degli italiani e quella dei rumeni, anche se la sua personalità ha assorbito molto della lunga esperienza in Giappone, dove ha imparato il senso del rigore e della cautela. Vivere in Italia le piace, ama in particolare l'arte, il caffé e il cibo, la musica e il senso dell'umorismo. E il suo futuro, dove sarà? "Più che dove, mi chiedo come sarà: spero di continuare a dare il mio meglio nella scienza, imparare ogni giorno e dare valore aggiunto alla società, qui in Italia o dove la vita mi porterà".

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