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'Autopsia' di 3 Santi, prossimi passi Dna e volti in 3D

02 ottobre 2018 | 19.56
LETTURA: 6 minuti

(Immagini Bored Cinematic Stories, dal film documentario 'Dove indica Circe')  - BORED CINEMATIC STORIES
(Immagini Bored Cinematic Stories, dal film documentario 'Dove indica Circe') - BORED CINEMATIC STORIES

Milano, 3 agosto. E' un tranquillo pomeriggio d'estate quando un furgoncino del Comune entra nel parcheggio interno dell'Irccs Istituto ortopedico Galeazzi. A bordo un carico 'celeste': i resti dei Santi maggiori della Diocesi di Milano, il patrono Ambrogio e i due martiri Gervaso e Protaso. Sono le 14, ad attenderli ci sono Luca Sconfienza, direttore dell'Unità operativa di radiologia diagnostica per immagini e interventistica, con la sua équipe al completo e il direttore sanitario Fabrizio Pregliasco.

La sala è affollata: ci sono religiosi, ci sono componenti della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio, c'è Cristina Cattaneo, ordinario di Medicina legale dell'università Statale e direttrice del Centro Labanof (Laboratorio di antropologia e odontologia forense). La missione è delicata, i 'pazienti' fuori dal comune. Gli scheletri vengono adagiati con cautela sul lettino della Tac, entrano nel tubo. Poi passano sotto la macchina per le radiografie. L'operazione dura almeno 4 ore, gli esami sono meticolosi, a colpire è anche la devozione del personale, racconterà chi era presente all'insolita seduta: c'è chi si fa il segno della croce ed è visibilmente emozionato dalla presenza del patrono e dei due martiri in corsia. E' la prima tappa di un lungo studio ancora in corso.

I risultati preliminari sono stati presentati oggi nel capoluogo lombardo, insieme alle prossime tappe che aspettano la task force di scienziati. Perché ora a finire sotto la lente sarà il 'santo Dna'. I ricercatori vogliono andare avanti, vogliono per esempio trovare la conferma genetica della rapporto di parentela tra Gervaso e Protaso, che potrebbero essere più che fratelli: gemelli. E vogliono fare lo stesso anche con Sant'Ambrogio e il suo legame con la sorella Marcellina e il fratello Satiro. Un'altra sfida è quella che aspetta Davide Porta del Labanof: arrivare, grazie all'esame eseguito con la Tac, alla ricostruzione tridimensionale del volto dei tre Santi.

Poi arriveranno gli approfondimenti sulle malattie. Già qualche segno da interpretare c'è per Sant'Ambrogio, "su possibili patologie che lo hanno accompagnato negli ultimi giorni della sua vita", ma gli scienziati non si sbilanciano. Così anche per Gervaso e Protaso: oltre ai segni di violenza che proverebbero il martirio, al difetto congenito comune alle vertebre e ai deficit nutrizionali, sono emersi segni sospetti che potrebbero far pensare a una tubercolosi. Ma resta un'ipotesi da confermare. Elementi che potrebbero dare anche indicazioni riguardo alla loro origine geografica, visto che la particolarità che li distingue dai milanesi dell'epoca è l'altezza. Al momento gli scienziati tendono a escludere una provenienza nordafricana perché non rilevano tratti tipici di quell'area.

La speranza è che l'analisi del Dna apra un nuovo capitolo. Micro prelievi preziosi che si vuole trasformare in una miniera di informazioni e per farlo, spiega Cattaneo, sono già stati contattati laboratori all'avanguardia all'estero, per esempio negli Usa. Il team di scienziati incaricato della ricognizione dei resti, promossa dall'abbazia di Sant'Ambrogio, hanno alle spalle un lavoro durato già 4 mesi e "ci saranno ulteriori sviluppi", promette Cattaneo.

L'occasione per tirare le somme sarà venerdì 30 novembre, giorno del Battesimo di Sant'Ambrogio nell'anno 374. In questa data si terrà una prima giornata di studi per la presentazione al pubblico dei risultati conseguiti mettendo a confronto i dati storici sulla loro sepoltura e le informazioni acquisite nel corso dell'intervento. "Queste persone che rivestono un significato diverso, importante per la città, possiamo ora calarle nella Milano del Terzo e Quarto secolo - continua Cattaneo - e confrontarle con la gente comune che viveva in questo periodo, avendo a disposizione circa mille scheletri dell'epoca. Sarà un'operazione interessante da un punto di vista demografico".

I tre Santi sono "parte di una città multietnica, del 'melting pot' milanese dell'epoca - riflette Cattaneo - Sant'Ambrogio era più sano e aveva una statura normale. I due giovani martiri", professione militari, "si distinguono per l'altezza e denotano gli stessi difetti nutrizionali, deficit e patologie infettive che aveva anche la popolazione dell'epoca". E' una ricerca a 360 gradi quella avviata, dalla quale emerge già una mole di dettagli inesauribile: le indagini chimiche e fisiche sui resti, per esempio, hanno rilevato la presenza di prodotti applicati durante i restauri di epoche passate. Oltre al bromo, elemento tipico della porpora di Tiro (antico e prezioso colorante usato per tingere le vesti), e l'oro imputabili ai residui dei vecchi abiti con cui Sant'Ambrogio fu sepolto.

Un altro filone riguarda il sarcofago nel quale furono conservate le ossa dal IX secolo al 1864, che sembra potesse essere destinato in origine alla sepoltura di un membro della famiglia imperiale che aveva la sua sede anche a Milano. Le monache benedettine dell'Isola di San Giulio d'Orta (Novara) si sono occupate del restauro dei paramenti, le suore del monastero di Viboldone in San Giuliano Milanese hanno restaurato i documenti cartacei ritrovati all'interno dell'urna in cristallo e argento. Lo spiegamento di forze non è da poco, ha sottolineato l'abate parroco della basilica di Sant'Ambrogio, Carlo Faccendini, parlando di "una bella avventura di scienza rigorosa su uno dei tesori che Milano custodisce e offre al mondo come un dono prezioso".

Sant'Ambrogio "affascina", ha evidenziato il rettore della Statale, Elio Franzini, rispolverando le sue memorie di ragazzo e sottolineando l'importanza della "collaborazione tra saperi", per il bene della ricerca. Tanti gli esperti di diversa provenienza, devoti e non, in campo. Ognuno riporta un particolare che lo ha colpito: le attenzioni del personale in ospedale, l'emozione dell'autista che ha trasportato i 'sacri scheletri', il coinvolgimento emotivo suscitato in una mamma in camice dalla storia di due giovani morti prematuramente, la sfida per garantire una conservazione ottimale dei resti anche per i secoli a venire. Non ultimo un appello "a donare", perché l'opera di scoperta dei 3 Santi possa andare ancora avanti, senza incidere sulle casse della parrocchia.

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