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Immunoterapia contro cancro al seno aggressivo

20 ottobre 2018 | 19.19
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Immagine di repertorio (Fotogramma)
Immagine di repertorio (Fotogramma)

Prima immunoterapia efficace anche per un tipo aggressivo di tumore del seno, il cosiddetto 'triplo negativo'. I risultati, frutto dello studio Impassion130, sono stati presentati al congresso della Società europea di oncologia medica (Esmo), in corso a Monaco di Baviera, e contemporaneamente pubblicati sul 'New England Journal of Medicine'.

Il cancro al seno triplo negativo con metastasi - spiegano gli esperti - rappresenta la forma tumorale della mammella più difficile da curare. Le cellule di questo tumore infatti non presentano sulla loro superficie nessuno dei tre classici bersagli contro cui sono dirette le terapie attualmente più efficaci. Speranze concrete arrivano dalla combinazione di un farmaco immunoterapico, sviluppato da Roche, utilizzato per la prima volta contro questo tumore, con la chemioterapia in prima linea.

Atezolizumab è un anticorpo che agisce sul sistema immunitario interferendo con la proteina Pd-L1: inibendola può attivare le cellule T e ripristinare la loro capacità di scovare in modo efficace le cellule tumorali e di attaccarle. Ebbene, un sottoinsieme di tumori al seno tripli negativi sovraesprime proprio la proteina bersaglio del farmaco. Da una prima analisi dei risultati dello studio di fase III "emerge un'estensione clinicamente significativa e senza precedenti - si sottolinea - di 9,5 mesi in termini di sopravvivenza mediana rispetto all'utilizzo della sola chemioterapia": 25 mesi nelle pazienti trattate con la combinazione terapeutica rispetto ai 15,5 ottenuti con la sola chemio. Nuovi risultati sono attesi nel corso del 2019.

"Questi risultati sono di particolare importanza - commenta Luca Gianni, direttore del Dipartimento di oncologia medica del San Raffaele Cancer Center di Milano - perché costituiscono una documentazione molto solida, che deriva da uno studio randomizzato e controllato di efficacia dell’aggiunta di un modulatore della risposta immunitaria, come Atezolizumab, a una terapia del carcinoma mammario triplo-negativo. I tumori mammari triplo-negativi hanno una certa propensione alla infiltrazione linfocitaria che spesso si associa a un blocco dell'attività e del controllo immunologico che può essere liberato dall'aggiunta di farmaci che hanno come bersaglio Pd-L1", spiega.

Per l'esperto, questo "inserisce a pieno diritto le neoplasie mammarie nel novero, ormai molto largo, di possibili indicazioni dell'immunoterapia nel campo dei tumori. Da questo punto di vista, si tratta di una prima dimostrazione di grandissima importanza, non soltanto per il principio che viene affermato ma anche perché sostanzialmente si tratta di un vantaggio dal punto di vista della durata, del beneficio offerto dalla somministrazione di questi farmaci, soprattutto nei casi di tumori che avevano una presenza di espressione di Pd-L1. Esiste comunque la necessità di valutare a distanza di tempo l’effetto sulla sopravvivenza: se si osserverà una conferma anche a distanza di tempo, direi che il passo potrà essere definito con buone ragioni un passo da giganti".

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