Roma, 15 mag. (Adnkronos Salute) - Italia spaccata a metà anche per la fecondazione assistita, con le coppie meridionali costrette a fare le valigie e ad andare al Nord per cercare di avere un figlio accedendo a queste tecniche senza dover pagare di tasca propria. "Ora che abbiamo sconfitto il turismo procreativo all'estero, combattiamo quello nazionale, fornendo a tutte le coppie la possibilità di curarsi senza dover 'emigrare' in regioni meno svantaggiate". E' l'appello che la Sifes (Società italiana fertilità e sterilità), insieme alle società scientifiche di medicina della riproduzione, rivolge al ministro della Salute Beatrice Lorenzin, per evitare un nuovo turismo della provetta, questa volta da un capo all'altro della Penisola.
Secondo i dati dell'Istituto superiore di sanità, più di 72.000 coppie italiane ogni anno ricorrono alle tecniche di procreazione assistita. "Purtroppo però vi è una differenza abissale di diritti - denuncia Andrea Borini, presidente Sifes - fra i pazienti che accedono alle tecniche di procreazione assistita al Sud e quelli al Nord. In Italia, a fronte di un 35,3% di cicli ad alta tecnologia eseguito in strutture private, passiamo dal 5% della Lombardia al 90% della Sicilia, dal 4% della Toscana all'84% del Lazio, sino ad arrivare alla situazione della Calabria, in cui il 100% dei costi delle procedure è a totale carico delle coppie".
"Questa disparità di accesso al sistema pubblico - sottolinea - è una palese ingiustizia sociale, che dà per altro origine al fenomeno della migrazione dei pazienti da una regione all'altra, per lo più verso le strutture di eccellenza che si trovano prevalentemente al Nord del Paese. Per questo chiediamo al ministro di inserire le tecniche di Pma nei Livelli essenziali di assistenza, unico strumento in grado di garantire a tutte le coppie condizioni di accesso uniforme", conclude Borini.
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