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Ddl concorrenza, la Camera dice no ai farmaci di fascia C nelle parafarmacie

06 ottobre 2015 | 20.47
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(Infophoto)
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La Camera ha respinto un emendamento presentato da Sel al ddl concorrenza, sulla possibilità di vendere i farmaci di fascia C con obbligo di ricetta anche nelle parafarmacie e nei corner della grande distribuzione.

"La ricetta rimane in farmacia: la Camera salvaguarda il servizio farmaceutico" commenta Federfarma, la federazione dei farmacisti titolari. "La Camera - si legge in una nota della Federazione - ha riconosciuto il valore sociale e sanitario della farmacia e la necessità di far prevalere la tutela della salute dei cittadini, salvaguardandone la capillarità e proseguendo il percorso verso un più organico inserimento della farmacia nel sistema sanitario nazionale. L'Italia quindi rimane allineata agli altri Paesi europei, in nessuno dei quali il farmaco con ricetta è venduto fuori farmacia".

Protesta invece Conad: "Il 'no' alla liberalizzazione dei farmaci di fascia C è un decisione presa contro i cittadini". "Se la liberalizzazione del mercato farmaceutico avesse interessato anche la vendita di farmaci di fascia C, medicinali su ricetta, ma a totale carico di chi li acquista, per una spesa annua di 4,3 miliardi di euro", Conad stima che "i cittadini avrebbero risparmiato dai 500 agli 800 milioni di euro all'anno, in un comparto che su base Italia pesa il 30% in più rispetto ai farmaci di automedicazione già liberalizzati".

"In un periodo in cui i bilanci delle famiglie stanno ancora subendo gli effetti della pesante congiuntura economica - continua Conad - sarebbe stata un'importante boccata di ossigeno. Invece, ancora una volta, si è preferito tutelare le lobby che, forti di posizioni acquisite quanto irrinunciabili, hanno interessi che non sono certi quelli dello sviluppo e della crescita del Paese".

'Parity rate' - Un altro emendamento al disegno di legge concorrenza "approvato oggi con 434 voti favorevoli e 4 contrari alla Camera elimina il cosiddetto parity rate, ossia le clausole che vincolano gli alberghi a non offrire, sia on line che off line, le proprie strutture a prezzi e condizioni migliori rispetto a quelle pubblicate sui portali di prenotazione delle agenzie di viaggio on line". A spiegarlo è il ministro della Cultura, Dario Franceschini.

"L'emendamento introduce una regola valida per tutti gli operatori sul mercato, in modo analogo a quanto avvenuto in Francia con la cosiddetta legge Macron". "Ora che Francia e Italia hanno scelto la strada del divieto della clausola del parity rate, anche i colossi globali dell'offerta alberghiera online non potranno che tenere conto della scelta di due paesi che insieme rappresentano il più grande mercato mondiale del turismo. Grazie al Parlamento per questa scelta unanime coraggiosa che il settore alberghiero italiano attendeva da tempo", conclude Franceschini.

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