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Aborto: Pd, 43 Ivg al giorno in Lombardia e solo 4,5% con Ru486

09 novembre 2015 | 19.31
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Aborto: Pd, 43 Ivg al giorno in Lombardia e solo 4,5% con Ru486

Come nel resto d'Italia anche in Lombardia calano le interruzioni volontarie di gravidanza, "ma molto meno che in altre regioni", fa notare il Pd lombardo che oggi a Milano ha presentato i dati della consueta indagine sull'attuazione della legge 194. In regione le Ivg sono state 15.912 nel 2014 - circa 43 al giorno - il 5,2% in meno rispetto all'anno precedente. I ginecologi che scelgono di non praticare aborti esercitando l'obiezione di coscienza sono quasi 7 su 10 (69,4%), con picchi del 100% in 7 ospedali. "E per sopperire alla mancanza di medici le aziende ospedaliere sono costrette a ricorrere a personale esterno, gettonisti chiamati solo per questi interventi. Il loro costo nel 2014 è stato di 255.500 euro". Per la prima volta i dem hanno chiesto a ciascun presidio anche i dati sull'utilizzo del metodo farmacologico ed è emerso che, a 6 anni dall'introduzione della Ru486 (autorizzata dall'Aifa nel 2009), in Lombardia "la percentuale di Ivg farmacologiche è ferma al 4,5% del totale (713 su 15.912). Era al 3,3% nel 2013", denuncia la vice presidente del Consiglio regionale, Sara Valmaggi. La media nazionale è al 9,7%.

La regione, sottolinea, "è ben lontana dal dato record della Liguria (30,5%), ma anche dal 27% della Valle d'Aosta, dal 23,3% del Piemonte, dal 21,8% dell'Emilia Romagna e dall'11,7% della Toscana". A livello nazionale, la Lombardia "si colloca al quindicesimo posto rispetto alle altre regioni e all'origine di questo dato negativo - continua Valmaggi - c'è in primis il fatto che 30 strutture, sulle 62 che effettuano Ivg, non utilizzano la Ru486. In molti casi non viene neanche proposto come metodo alternativo a quello chirurgico". Dall'indagine spicca però anche il dato significativamente più alto dell'ospedale San Carlo di Milano che ha all'attivo 104 Ivg con Ru486 su un totale di 642 aborti praticati nel 2014 (circa il 16%).

'Regione si impegni per incrementarne utilizzo'

Gli autori dell'indagine hanno chiesto agli addetti ai lavori quali potrebbero essere i fattori che impediscono a questo dato di salire. "Andando oltre il fatto che secondo noi in Lombardia si persegue l'obiettivo di rendere difficoltoso l'accesso all'Ivg - riflette Valmaggi - va sottolineato anche che per la Ru486 viene applicata in maniera ferrea l'indicazione nazionale dei 3 giorni di ricovero, a differenza dell'Ivg chirurgica che è eseguita in day hospital. Altre Regioni hanno scelto una via più 'soft': in Emilia Romagna la Ru486 viene usata in day hospital, in Toscana dal 2014 è possibile somministrarla anche nei consultori".

Poi c'è il fattore "burocratico-organizzativo dei tempi d'attesa tra la certificazione e la data dell'intervento", che in Lombardia "si allungano. I dati della relazione ministeriale sulla legge 194 evidenziano che la Lombardia è sedicesima per i tempi d'attesa tra la certificazione e la data dell'intervento. Questo anche perché solo il 65% delle strutture che hanno un reparto di ginecologia e ostetricia effettua Ivg". Molte volte, sottolinea Valmaggi, "passa troppo tempo e questo fa scadere la finestra di 49 giorni entro i quali è possibile utilizzare il metodo farmacologico". Da qui l'appello lanciato alla Regione alla quale, spiega Valmaggi, "chiediamo di impegnarsi affinché le strutture propongano l'Ivg farmacologica a tutte le donne che sono nei tempi previsti, e di imporre l'obiettivo di incrementarne l'utilizzo, almeno parificando la degenza e il regime all'Ivg chirurgica, così da portare la Lombardia al livello delle altre regioni".

'Fondo Nasko un flop, misura va ripensata'

Dal dettaglio dei dati raccolti dal Pd risulta che hanno un 100% di ginecologi obiettori il presidio di Calcinate (Bergamo), il presidio di Gavardo e quello di Iseo nel Bresciano (in quest'ultimo si raggiunge quota 100% obiettori anche fra gli anestesisti e il personale infermieristico e ostetrico) e il presidio ospedaliero di Oglio Po, dove l'unico ginecologo non obiettore è in aspettativa presso altro ente e le Ivg vengono eseguite da medici dell'ospedale di Cremona. E ancora i presidi di Melzo nel Milanese, Broni-Stradella (Pavia) e il 'Sant'Antonio Abate' di Gallarate (Varese).

In altri 12 ospedali, poi, la percentuale di obiezione è tra l'80% e il 99%. Tra questi il Niguarda di Milano - con l'87,5% di ginecologi obiettori e una spesa di 80 mila euro per gettonisti - e il Fatebenefratelli (a quota 82,6%). "Solo in 8 strutture il tasso di ginecologi obiettori è inferiore al 50%", fa notare Valmaggi. Alla situazione negli ospedali pubblici, spiega, "si aggiunge il fatto che, a quanto ci risulta, nessuna struttura privata accreditata esegue Ivg in Lombardia". Per il capogruppo del Pd in Regione, Enrico Brambilla, "la Regione dovrebbe vigilare sul privato accreditato e assicurarsi che anche in queste strutture si garantisca il servizio". Su questo punto, interpellati dall'Adnkronos Salute, alcuni privati convenzionati confermano di non eseguire Ivg e precisano: "E' la Regione che non ce lo ha mai chiesto".

In generale, sull'attuazione della legge 194 "non è stato fatto abbastanza in Lombardia", attaccano Valmaggi e Brambilla, parlando di "diritti negati". In primo luogo, osserva Brambilla, "il calo di Ivg non è stato così consistente. Quindici regioni hanno saputo fare meglio, dalla Valle d'Aosta che ha registrato un -17,5% fino al Piemonte (-7,1%). Tutto questo nonostante in Lombardia sia stata messa in campo una misura economica di sostegno alle donne che rinunciano ad abortire, il fondo Nasko". Misura che è stata un "flop e che va ripensata".

L'assistenza alla donna sull'Ivg "qui ha una forte connotazione ideologica e finisce per essere più iniqua e meno efficace" e, chiusa l'era Formigoni, "nulla è cambiato, anzi su alcuni ambiti le politiche sono diventate più oscurantiste", aggiunge Brambilla. Su Nasko in particolare, Brambilla contesta "la scelta miope di porre alcuni paletti che di fatto limitano l'accesso alle donne straniere. L'ultimo dato lombardo, quello del 2013, ci mostra però che il 41% delle Ivg (6.913) sono effettuate proprio da straniere".

Il Pd segnala inoltre che la Lombardia non è fra le Regioni che hanno aderito "al progetto promosso e finanziato dal ministero della Salute sulla prevenzione dell'aborto tra le donne straniere tramite la diffusione delle buone pratiche, nonostante le nostre reiterate richieste". I dem ricordano "un nuovo allarme, oggetto di indagine anche delle Procure: sempre più siti web vendono online farmaci per l'interruzione di gravidanza rischiosissimi per la salute. La minaccia è quella di tornare al passato, quando una legge che garantiva le donne non c'era, e per l'aborto clandestino si moriva".

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