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Milano, genitori in rivolta: "Non fermate il progetto anti allergie lanciato a Expo"

07 ottobre 2016 | 16.42
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(Foto: Fotogramma)
(Foto: Fotogramma)

Combattere l'allergia letteralmente 'mangiando il nemico'. E' questa, in parole semplici, la strategia su cui si basa una nuova procedura terapeutica chiamata 'desensibilizzazione orale' (Soti). Destinata a bambini con gravi allergie alimentari, prevede che i piccoli vengano esposti prima in ospedale e poi a domicilio a dosi crescenti dell'alimento allergizzante per acquisire tolleranza. Un ospedale milanese - il Fatebenefratelli - ha deciso di offrire questa possibilità e il progetto era finito in vetrina a Expo 2015, come una best practice, nello spazio di Pianeta Lombardia. E infatti fra i partner di 'Tolleranza zero' - così è stato battezzato il progetto sperimentale - c'è anche la Regione Lombardia.

Ma adesso, a distanza di 2 anni dall'avvio dell'iniziativa (che aveva già vissuto in precedenza una prima fase), il progetto è in parte al palo. Nel corso del 2016 sono cominciate ad arrivare dai genitori "segnalazioni di disservizi su tempistiche e modalità di gestione della terapia". Il percorso continua per gli allergeni latte e uovo, diverso è l'epilogo per grano e frutta a guscio: sospeso, sia per i pazienti già in terapia che per quelli in lista d'attesa. L'ospedale lo ha comunicato all'Associazione 'Bam! Bimbi allergici a Milano onlus' che aveva chiesto chiarimenti.

Dopo la conferma dello stop - apprende l'AdnKronos Salute - l'associazione ha deciso di scrivere al presidente Roberto Maroni, all'assessore al Welfare Giulio Gallera e al Dg Welfare Giovanni Daverio per chiedere un incontro "al fine di poter verificare la possibilità che il programma Soti prosegua integralmente, senza che le famiglie siano costrette a migrare in altre regioni per poter curare i loro figli". Famiglie oggi rimaste "sole, senza sapere come procedere", sottolinea nella lettera la presidente Carmen Palmenta. "La Regione ha investito meritoriamente e coraggiosamente su questo percorso. Per i minori e le famiglie sono stati anni di sacrifici, di assunzione spesso continua di farmaci e di allerta costante, compensati però dai molti esiti positivi e dall'aspettativa di una vita 'normale'".

L'abbandono del progetto "vanificherebbe tutto questo", avverte Palmenta. E ci sarebbe anche "il danno alla collettività, la dispersione di preziose conoscenze accumulate in questi anni, delle quali potrebbero beneficiare altri bambini in attesa". Per ora da Palazzo Lombardia non è arrivata risposta. Resta tutto fermo a quanto emerso da un incontro che si è svolto quest'estate con i vertici dell'ospedale e i dirigenti del Dipartimento materno infantile e dei servizi coinvolti nel percorso Soti: la sospensione del percorso era necessaria, "non essendo presente nella letteratura scientifica nazionale e internazionale 'consensus' per tali alimenti". Si trattava di un'iniziativa di "carattere sperimentale", si è difeso l'ospedale ribadendo "l'assenza di protocolli scientifici".

Pesa anche il nodo personale: "Ci sono 2 pronto soccorso da garantire - sottolineava la struttura - e la gestione interna deve essere dedicata ad assicurare il migliore servizio per il cittadino in termini di urgenza/emergenza nonché tutte le altre attività". I percorsi Soti richiedono che il bambino sia seguito intensamente. E uno dei medici che fino a qualche tempo fa se n'era occupato in prima persona non è più al Fatebenefratelli. I genitori però ribattono: "Non basta indirizzare chi è rimasto a metà del guado ai centri di altre regioni che offrono la Soti per frutta a guscio, come propone l'ospedale. Se questa è la soluzione, allora la Regione si faccia carico delle spese che le famiglie dovranno affrontare per continuare a curare i propri figli lontano da casa", attacca Luciana Lovecchio, consigliere dell'associazione Bam! e mamma di un bambino allergico.

"Visto che il percorso Soti per questi alimenti viene eseguito in strutture come il Meyer di Firenze, ci chiediamo come sia possibile, se non esiste letteratura scientifica al riguardo. L'assenza di un consensus scientifico non ha impedito che al Fatebenefratelli il progetto venisse avviato anche per grano e frutta a guscio - incalza Lovecchio - che senso ha interromperlo all'improvviso per questa ragione? E se non si ritiene un percorso attendibile, perché indirizzano ad altri centri che lo praticano?".

Nella presentazione del progetto del Fatebenefratelli, ancora reperibile online, si legge che i risultati della desensibilizzazione orale "sono stati molto buoni: solo circa il 10% di bambini non ha migliorato la propria condizione. La procedura inoltre è risultata sicura e la qualità di vita dei bambini e delle famiglie è notevolmente migliorata. Sotto il controllo di un'équipe polispecialistica" è stato possibile "ottenere in media dopo circa un anno la tolleranza parziale o totale verso alimenti importanti dal punto di vista nutrizionale (latte vaccino, uovo, grano, pesce), e per primi in Italia verso alimenti largamente utilizzati nell'industria dolciaria o comunque presenti in tracce (frutta a guscio e arachide). La fase in ospedale è risultata sicura. La fase a domicilio non ha mai richiesto l'uso dell'adrenalina autoiniettabile. Il controllo finale ha evidenziato che il 26% è risultato parzialmente tollerante e ben il 65% tollerante".

E proprio per aver "toccato con mano i benefici", i genitori sono "spiazzati", osserva l'associazione. La mamma di una giovane paziente allergica alla frutta a guscio conferma: "Con la Soti stiamo vivendo uno stato di grazia che non so se durerà perché non sappiamo come proseguire. La nostra vita è cambiata. Prima mia figlia era costretta a una dieta base, simile a quella di un bebè in svezzamento. Sfido chiunque a trovare nei supermercati prodotti che non contengano tracce di frutta a guscio o arachide. Con feste, cene al ristorante, viaggi all'estero, c'era sempre il rischio di contatti accidentali con l'allergene".

Vale anche per la mensa scolastica: "Ho optato per scuole private che acconsentissero alla somministrazione di farmaci in caso di necessità - dice la mamma - Se tutto questo è un brutto ricordo devo ringraziare il Fatebenefratelli. Rispetto le politiche dell'ospedale, che è un polo di eccellenza, ma come faccio a buttare a gambe all'aria anni di sacrifici? E cosa sarà dei bambini in attesa?".

Il responsabile del Dipartimento materno-infantile del Fatebenfratelli, Luca Bernardo, precisa di "comprendere pienamente i genitori dei bambini allergici". Ma conferma: "L'attività non è stata proseguita perché per gli alimenti in questione non esistono dati nella ricerca anche internazionale che ci confortino sulla sicurezza, sul fatto che non si crei un danno nel tempo, e sui risultati favorevoli. So che le famiglie riferiscono esiti positivi, ma tirando le somme il gruppo di pazienti da noi trattati per questi alimenti era piccolo, una decina. Non siamo gli unici a non fare la Soti per frutta a guscio e non vogliamo lavorare al buio. Ma prometto che nel momento in cui ci sarà un dato scientifico certo, o un centro confermerà anche in maniera osservazionale che la sicurezza e i risultati sono garantiti, riattiverò subito il percorso".

Potrebbe succedere presto. Il Meyer che offre questo percorso "ha in programma di condividere i propri risultati con la comunità scientifica - spiegano dall'Allergologia della struttura - Per la frutta a guscio i pazienti seguiti sono una cinquantina, con risultati buoni".

La Soti non è certo facile: al primo contatto 'ravvicinato' con l'allergene in fase di ricovero, racconta ancora la mamma, "la mia bambina ha vomitato con violenza, ma poi sono arrivati i risultati. E a confermarlo c'è il dato delle IgE (immunoglobuline E, anticorpi connessi alle reazioni allergiche, ndr), che sono diminuite". A convincerla però sono state le parole scritte in un tema dalla figlia: "Spero, un giorno, di poter mangiare come tutti gli altri bambini qualsiasi cosa. Anche se qualche volta mi sento un po' giù, non mi arrendo per un ostacolo che incontro nella mia vita. C'è un proverbio che dice: la speranza è l'ultima a morire. E io sono d'accordo. La mia speranza è che trovino una cura davvero efficace".

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