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Ospedali, ecco come scoprire la struttura migliore

19 dicembre 2016 | 07.23
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Dai tumori all'ictus, dall'aneurisma alle fratture, fino al parto. Dove curarsi spesso è un'incognita, si possono però conoscere quali sono le realtà che funzionano meglio, in Italia e in ogni Regione, e alle quali ci si può affidare con maggiore garanzia e serenità. A fornire strumenti e informazioni utili ai cittadini è l’edizione 2016 del Programma nazionale esiti, che anche quest’anno rileva "una grande variabilità nell’efficacia e nell’appropriatezza delle cure tra Regioni e tra aree geografiche ed ospedali della stessa Regione".

Nuovi indicatori, una sezione dedicata ai cittadini e dati maggiormente accessibili e di facile consultazione: ecco le novità del Programma nazionale esiti 2016. Vediamole nel dettaglio. Aumentano gli indicatori da 146 a 158 (60 di esito/processo, 69 volumi di attività e 29 indicatori di ospedalizzazione) con un incremento particolare nell’area ortopedica, pediatrica e angiologica e si rafforzano gli strumenti di audit per la verifica dei dati, ma la novità più grande di quest’anno è sicuramente la valutazione sintetica di tutte le strutture sanitarie italiane per aree cliniche.

La Treemap è in grado di fornire all’utente un quadro sintetico di ogni singolo ospedale italiano, valutato in base agli indicatori maggiormente rappresentativi di 7 aree cliniche principali: cardiocircolatorio, nervoso, respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologica, gravidanza e parto, osteomuscolare. Un'altra rilevante novità di quest’anno dedicata ai cittadini è rappresentata da una sezione in cui l’utente, senza bisogno di registrarsi e direttamente dall’home page del nuovo sito Pne, può accedere a preziose informazioni su parti, infarti, colecistectomia, interventi per tumore al polmone, al colon e allo stomaco; in particolare il cittadino viene sensibilizzato sull’importanza dell’associazione tra volumi di attività ed esiti delle cure.

Tra le innovazioni di quest’anno ci sarà anche la possibilità di scaricare l’App (Applicazione) del Pne sul proprio smartphone e tablet, che ne favorirà la consultazione e lo renderà ancora più accessibile al cittadino e al professionista sanitario.

"L’edizione Pne 2016 segna il traguardo annunciato da Agenas: la realizzazione della promessa di rendere il Pne uno strumento capace di comunicare anche con il cittadino. Fiore all’occhiello di questa edizione, è infatti la possibilità per tutti di poter accedere al Programma e di consultare dati, scientificamente validati, ma allo stesso tempo semplici, chiari e immediatamente comprensibili a tutti", dichiara il direttore generale di Agenas Francesco Bevere. "Uno strumento di comunicazione trasparente - prosegue Bevere - che comporterà una maggiore consapevolezza dei cittadini, rinsaldando il rapporto di fiducia verso il Servizio sanitario nazionale, nonché la promozione e diffusione anche tra i cittadini della cultura della qualità delle cure e della sua valutazione".

I DATI - I dati del Programma Nazionale Esiti 2016 mostrano "progressi incoraggianti nella qualità delle cure", sintetizza l'Agenas. E' il caso degli interventi tempestivi - entro due giorni - per la frattura del collo del femore ai soggetti fragili, ma anche dei parti cesarei primari, scesi dal 29% del 2010 al 25% del 2015. Negli ultimi 5 anni sono circa 45.000 le donne alle quali è stato risparmiato un taglio cesareo primario, di cui 12.000 nel 2015.

Negli ultimi 5 anni, invece, sono circa 80.000 i pazienti che hanno beneficiato di un intervento tempestivo dopo una frattura del femore, di cui 28.000 nell’ultimo anno. Sono state più di 670.000 le giornate di degenza risparmiate, di cui 200.000 nel 2015. La proporzione di interventi entro i due giorni che nel 2010 si attestava al 31%, nel 2015 è passata al 55%, crescendo del 5% anche rispetto al 2014. Per questo indicatore il regolamento del ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera ha fissato, come valore di riferimento, lo standard minimo al 60%. A livello intra e interregionale si osserva una notevole variabilità, con valori per struttura ospedaliera che vanno da un minimo dell’1% ad un massimo del 97%. In ogni regione è presente almeno una struttura che rispetta lo standard, "fatta eccezione per Campania, Molise e Calabria".

In tema di nascite, il medesimo regolamento del ministero della Salute fissa al 25% la quota massima di cesarei primari per le maternità con più di 1000 parti annui e 15% per le maternità con meno di 1000 parti annui. Negli ultimi 5 anni sono circa 45.000 le donne alle quali è stato risparmiato un taglio cesareo primario, di cui 12.000 nel 2015. Rimangono ancora significative le differenze tra le regioni del nord Italia e le regioni del sud, con valori medi rispettivamente inferiori e superiori al 20% e che, nel caso della Campania sono stabili al 50%. Fa eccezione la Liguria, con risultati analoghi a quelli delle regioni del Sud. Per quanto riguarda, poi, la mortalità a 30 giorni dal ricovero per infarto acuto del miocardio, i risultati del 2015 evidenziano una diminuzione che continua, dal 10,4% del 2010 al 9,0% del 2015. Risulta bassa la variabilità interregionale e discreta quella intra regionale, con valori che variano da un minimo dell’1,3% ad un massimo del 25%.

Passando all’analisi degli indicatori di ospedalizzazione, utile anche come elemento di valutazione indiretta della qualità delle cure territoriali, il Pne individua le Aziende Sanitarie in cui viene effettuato un numero elevato di ospedalizzazioni potenzialmente evitabili in caso di una corretta presa in carico del paziente a livello territoriale. Nello specifico, grazie a questi indicatori, si rileva che nel 2015 il numero di ricoveri di alcune tipologie a rischio di inappropriatezza risulta diminuito. In dettaglio, il tasso di ospedalizzazione per broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) si è ridotto progressivamente dal 2.5‰ nel 2010 al 2.1‰ nel 2015. Si stima che nel 2015 siano circa 16.000 i pazienti a cui è stata risparmiata una ospedalizzazione potenzialmente evitabile.

Un elevato tasso di ospedalizzazione per tonsillectomia, inoltre, evidenzia la possibile presenza di un numero elevato di casi trattati chirurgicamente senza una chiara indicazione all’intervento chirurgico. Nel 2015 il tasso di ospedalizzazione per questo tipo di intervento è diminuito passando dal 2.8‰ del 2010 al 2.3‰. Ciò significa che sono stati evitati circa 5.300 interventi ad alto rischio di inappropriatezza con un’elevata variabilità intra e interregionale.

Diminuite anche le ospedalizzazioni per un altro intervento chirurgico ad elevato rischio di inappropriatezza: l’appendicectomia. Il tasso di ospedalizzazione per questo intervento in modalità laparotomica è diminuito progressivamente nel tempo, passando dal 1,25‰ del 2010 allo 0,73‰ del 2015, a fronte di un aumento dei ricoveri per appendicectomia laparoscopica che è passata dal 0,49‰ al 0,63‰. L’offerta di intervento di appendicectomia laparoscopica, è molto più alta nelle regioni del nord rispetto alle regioni del sud.

Per ciò che riguarda le Breast Unit, le linee guida internazionali identificano standard di qualità che per quanto riguarda gli interventi chirurgici, individuano una soglia minima di 150 interventi chirurgici annui per tumore della mammella, soglia che è stata definita anche nel regolamento del Ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera. Nel 2015, in Italia, delle 449 strutture ospedaliere che eseguono più di 10 interventi chirurgici per il tumore della mammella, solo 123 (27%) presentano volumi di attività superiore a 150 interventi annui.

Passando, poi, al tumore dello stomaco, 309 strutture ospedaliere eseguono più di 5 interventi chirurgici; tra queste, solo 91 strutture (29%) presentano un volume di attività superiore a 20 interventi annui. Sempre nel 2015, 147 strutture ospedaliere in Italia eseguono più di 5 interventi chirurgici per tumore del polmone; tra queste, solo 37 strutture (25%) presentano un volume di attività superiore a 100 interventi annui.

Quanto alla salute materno-infantile, le evidenze scientifiche evidenziano un’associazione tra bassi volumi ed esiti sfavorevoli. Il regolamento del ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera rimanda all’accordo Stato Regioni che, già nel 2010, prevedeva la chiusura delle maternità con meno di 500 parti. Ebbene, escludendo le strutture con meno di 10 parti annui, nel 2015 in Italia le strutture ospedaliere con meno di 500 parti annui sono 118 (24%), in diminuzione rispetto al 2010 (155 maternità con meno di 500 parti annui).

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