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L'appello di una mamma: "Lasciati soli con la malattia dei mille tic"

23 dicembre 2017 | 17.43
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Sabrina Alotto di mestiere fa la parrucchiera. Ma parla come un neurologo navigato, pur non avendo studiato Medicina fra i banchi di un'università. E' stata la vita reale a insegnarle. Una 'specializzazione' costruita sul campo, giorno dopo giorno da quando due anni e mezzo fa è cominciato l'incubo, prima per il figlio maggiore, un maschietto di 8 anni, e poi per la sorellina di 6. Un calvario al quale solo il 22 dicembre 2016, dopo un anno e mezzo di visite inconcludenti, richieste di aiuto inascoltate, corse in pronto soccorso, terapie senza risposta, ha finalmente potuto dare un nome: sindrome di Tourette. "Un tempo infinito in cui si è soli. Tu, tuo figlio" e la malattia dai mille tic.

Quella di Sabrina è una richiesta d'aiuto: "Le famiglie che devono fare i conti con la Tourette si sentono completamente abbandonate. Non c'è un interesse reale. La ricerca è poca, siamo cavie umane. Tanti medici neanche sanno che esiste questa sindrome, non la considerano, non ne riconoscono i sintomi. Molti farmaci si devono pagare di tasca propria, non esiste un sostegno sociale. E' devastante. Bisogna smuovere gli animi", dice all'AdnKronos Salute.

"Io - incalza - mi devo ritenere anche fortunata perché passano in media 5 anni dai primi sintomi alla diagnosi, e noi abbiamo fatto più in fretta". Ma è stata la testardaggine di Sabrina a sbloccare la situazione. La Tourette si è impossessata piano piano del suo primogenito, a tradimento, nascondendosi e riesplodendo all'improvviso, rendendo difficile anche spiegare ai tanti camici bianchi incontrati lungo il percorso cosa c'era che non andava nel suo bambino. "Mi sono sentita dire: 'Signora l'ansia ce l'ha lei. Si faccia curare'. Mentre sapevo che mio figlio non stava bene. Ma sembrava che me ne accorgessi soltanto io".

Un bambino simpatico e amabile Leonardo. Ma a 6 anni, dopo il debutto alla scuola primaria, ha cominciato a non essere più quello di sempre. "Mostrava segni di rabbia esplosiva, ma la tirava fuori a casa, non in classe. Con parolacce, botte, reazioni fisiche che non gli appartenevano", ricorda Sabrina. Scatta la preoccupazione e la mamma comincia a indagare con la scuola, ma le maestre inizialmente le descrivono l'immagine di un bambino educato e ben inserito. "Eppure io non avevo più mio figlio. E' stata un'escalation".

Passano i mesi e Sabrina comincia a pensarle tutte: problemi agli occhi, dislessia, discalculia. Poi sorprende il piccolo a toccare ripetutamente gli oggetti, a girare il collo in modo strano. La volta successiva è un ammiccamento degli occhi, forte, anomalo. Le viene l'idea di girare dei video col cellulare per documentare qualcosa che solo lei sembrava vedere: tic ritualistici continui. Nuova tappa dalla psicologa e test per i disturbi dell'apprendimento. Nulla di fatto, anzi viene fuori che Leonardo ha un'intelligenza superiore alla media. Arriva l'estate, poi di nuovo la routine scolastica. A fine settembre la prima crisi più violenta. Il bambino comincia a sbattere la testa senza riuscire a fermarsi per due ore, è lucido e consapevole degli spasmi fisici che lo tengono ostaggio.

Comincia un vai e vieni dal pronto soccorso, dove però gli spasmi si fermano. Difficile farsi prendere sul serio. Un neuropsicologo, pur davanti ai video, insiste che si tratta di un discorso psicologico. Il problema sarebbe che non riesce a incanalare le emozioni. Poi il tracollo, che Sabrina riesce a immortalare. Corre col filmato dalla pediatra ed è la svolta. In pochi giorni arriva la diagnosi di uno specialista, finalmente quello giusto. E la terapia, "che cura non è". Alcuni medicinali, spiega, "sono off label e richiedono l'assunzione di responsabilità. Quando i farmaci non sono prescrivibili paghiamo noi. Mi è capitato di dover comprare boccette da 225 euro che coprono dieci giorni di terapia. Mi è capitato di vedere la situazione migliorare e poi di colpo peggiorare. E' una sindrome da up e down. E cambia continuamente".

Per la sorellina di Leonardo la diagnosi è arrivata prima, perché le indagini sul fratello hanno consentito di ricondurre alcuni sintomi di precoce aggressività infantile già verso i tre anni alla Tourette. Adesso Sabrina fa da referente per le famiglie nell'Associazione italiana sindrome di Tourette. "La gestione di questi bambini è difficile. Soffri perché quando li vedi alle prese con le loro crisi vorresti abbracciarli e non puoi. Anche a scuola è difficile. I loro vengono spesso scambiati per atteggiamenti di sfida ma non lo sono, è che non si riescono a controllare. E' un equilibrio sopra la follia, ma più prepariamo la popolazione scolastica e la gente, meno questi ragazzi e i loro genitori vivranno il disagio sociale".

La scuola è cruciale. Nei giorni scorsi Sabrina ha partecipato a un convegno promosso dalla Regione Lombardia sulla sindrome di Tourette fra i banchi, con l'assessore regionale all'Istruzione Valentina Aprea e diversi esperti. "Nel nostro caso a scuola si sono mossi di cuore, le maestre hanno attraversato difficoltà nella gestione del bambino, non si è preparati a questo. Abbiamo parlato tanto e si è creata una bella rete. Abbiamo anche organizzato un primo convegno sulla sindrome a scuola, un primo approccio per aiutare anche gli insegnanti. Si può fare, trovando fondi per corsi che li formino adeguatamente e diano indicazioni per la gestione della malattia. Questi insegnanti a loro volta diventano relatori che preparano altri colleghi, in una catena virtuosa".

Perché, aggiunge, "ci sono linee guida, strumenti da applicare, strategie dettate dalla ragione per evitare di ferire la sensibilità dei ragazzi, la distruzione dell'io. Serve un riconoscimento della sindrome, vogliamo avere finalmente un aiuto concreto, vogliamo ricerca perché si trovi una cura. L'incidenza di questa malattia non è bassa. E i medici non possono ignorare che esista. Non si possono buttare via anni, fra oculisti, psicologi non specializzati e altre visite inutili, spendere denaro a vuoto. Non trovare aiuto è disarmante. Servono medici e pediatri più preparati sulla Tourette e aiuto sociale. Perché non succeda più che una mamma si senta dire: 'faccia fare al suo bambino uno sport dove si corre, così si sfoga e passa tutto'".

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