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Vaccini, l'Italia dopo la legge sull'obbligo

21 febbraio 2018 | 19.48
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(foto Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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Da un lato la Francia, dall'altro l'Italia. Ad avvicinare i due Paesi le scelte in materia di vaccini e le rispettive leggi che rafforzano il concetto di obbligo vaccinale legandolo all'accesso a scuole e asili. Dopo il debutto delle nuove norme, il dibattito è tutt'altro che spento, anzi continua sia nell'opinione pubblica che nel mondo scientifico. Ad accendere i riflettori è ancora una volta la rivista 'Nature' che, dopo un editoriale sul caso francese dal titolo 'Le leggi non sono l'unica via per incrementare l'immunizzazione', pubblica un'analisi di tre scienziati italiani dell'università Vita-Salute San Raffaele di Milano: il virologo Roberto Burioni, diventato noto al grande pubblico per il suo impegno 'social' sui temi scientifici relativi ai vaccini, Anna Odone e Carlo Signorelli. Titolo: 'Lezioni dal cambiamento della politica italiana sulle vaccinazioni'.

Gli esperti spiegano che "la nuova legge sembra funzionare. Dati preliminari mostrano che quasi un terzo dei bambini precedentemente non vaccinati, fra i nati negli anni 2011-2015, sono stati ora immunizzati. La diffusione del vaccino per polio e morbillo è aumentata rispettivamente dell'1% e del 2,9%". L'analisi dei ricercatori si concentra sull'esperienza italiana con l'obbligo dell'iniezione 'scudo' per 10 malattie (Haemophilus influenzae tipo b, morbillo, parotite, rosolia, varicella, pertosse e i 4 già obbligatori difterite, tetano, poliomielite ed epatite B), cercando di offrire una "visione sul perché una tale legge sia stata applicata", se funziona davvero e se c'erano alternative migliori.

"A differenza della Francia - fanno notare gli autori - la copertura vaccinale in Italia era diminuita in modo allarmante nei precedenti 5 anni". Per esempio, ricordano, si era registrato "un crollo del 5,3% nel 2011-15 per il vaccino anti-morbillo. L'Italia si era successivamente classificata al sesto posto in tutto il mondo per casi di morbillo nel 2017". Così "la vaccinazione è stata rapidamente resa obbligatoria".

L'editoriale dedicato da Nature alla Francia esordiva precisando: "Una cosa è certa, l'immunizzazione diffusa è uno strumento vitale per la salute pubblica. Ma è molto più controverso, data la diversità delle norme etiche e culturali dell'umanità, imporre vaccinazioni a una popolazione". Ed entrando nel merito delle scelte d'Oltralpe, proseguiva evidenziando che "a suo merito il Governo francese si è impegnato a rivedere annualmente la conformità e l'impatto della nuova legge. Ma in un Paese in cui la 'liberté' è uno dei tre pilastri del motto nazionale, una legge dalla mano pesante potrebbe avere un effetto che nessuno vuole: alimentare ulteriormente la resistenza infondata ai vaccini salvavita".

"Rendere obbligatori i vaccini dovrebbe essere al massimo una soluzione tampone temporanea - è il senso della riflessione pubblicata dalla rivista scientifica - L'unica politica sostenibile" per il Governo francese "è adoperarsi per offrire all'opinione pubblica una forte argomentazione sui benefici delle iniezioni scudo e implementare una strategia più proattiva che possa estendere i già rispettabili tassi di copertura".

In Italia la situazione di partenza sulle coperture vaccinali era diversa, chiariscono gli scienziati tricolore nel loro intervento. Si potevano scegliere vie alternative alla legge sull'obbligo? "Un'esperienza pilota in Veneto (5 milioni di abitanti) ha mostrato che non erano fattibili", rilevano gli esperti. La strategia era di "sospendere le ex vaccinazioni obbligatorie e investire in educazione sanitaria per promuovere l'adesione volontaria al vaccino", ricordano gli autori. Questo "ha portato, ad esempio, a un calo nella copertura per il vaccino antipolio nel 2006-2016 del 5,2% in Veneto rispetto al 3,3% a livello nazionale", sottolineano. "Come rappresentanti della salute pubblica - è la conclusione di Burioni e colleghi - noi riconosciamo che l'azione del Governo è epidemiologicamente giustificata. Tuttavia, l'intervento proattivo è ancora necessario per migliorare l'adesione al vaccino e promuovere la fiducia del pubblico verso lo strumento".

"Penso che nei dati c'è un'indicazione del fatto che in Italia sta cambiando l'atteggiamento nei confronti delle vaccinazioni", commenta Burioni all'AdnKronos Salute. "Non sappiamo - spiega - se è solo per la legge sull'obbligo o se a incidere è stato anche un maggior impegno di medici e scienziati nell'informare. O magari anche l'Ordine dei medici che, uscito da un sonno pluriennale, ha fatto qualcosa. Ma abbiamo i primi segni che la situazione sta migliorando. E in questo momento, mentre un miglioramento è evidente ed è dato dai numeri, le opinioni pessimistiche riguardo ai possibili effetti negativi della legge rimangono ancora opinioni: i numeri infatti non le stanno ancora confermando in Italia".

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