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Tele-dialisi a domicilio abbatte costi e ricoveri

20 aprile 2018 | 17.20
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(Fotogramma)
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Nel mondo che invecchia una persona su 10 è affetta da patologie renali croniche. E se nel 2010 erano circa 2,6 milioni a livello globale i pazienti in dialisi, le stime al 2030 puntano già a quota 5,4 milioni. Un'impennata che mette al centro delle sfide sanitarie anche il capitolo della sostenibilità. Problema comune a tutte le latitudini e particolarmente sentito in Italia, dove oggi si contano circa 45 mila connazionali in trattamento dialitico, oltre a 27 mila persone che sono state sottoposte a un trapianto di rene.

"La sfida oggi è accontentare la crescente domanda di dialisi avendo a disposizione risorse che si restringono, creare quindi un sistema sanitario equo e sostenibile che garantisca un equilibrio tra il mondo politico-economico e quello clinico", ragiona Lorenzo Di Liberato, medico dirigente dell'Asl-Nefrologia Chieti, oggi a Lecco in occasione di un simposio organizzato da Baxter, e trasmesso anche in live streaming, nell'ambito del XIX Convegno del Gruppo di dialisi peritoneale (Gsdp) della Società italiana di nefrologia (Sin). La strategia suggerita dal Piano nazionale cronicità raccomanda più cure a domicilio e personalizzate. Le barriere che ne ostacolano la concretizzazione "sono le politiche di rimborso non vantaggiose per la dialisi domiciliare - elenca Di Liberato - il paziente che sempre più spesso è solo e si sente insicuro, e il medico che teme ripercussioni sull'aderenza alle cure e ipotizza che il malato non sappia riconoscere quando chiamare per segnalare un problema".

"C'è tanto lavoro da fare per una piena applicazione del Piano cronicità. Ma la telemedicina può dare un supporto", osserva lo specialista. E poi c'è il risvolto economico, come testimoniano i dati del primo studio di Health technology assessment (Hta) condotto in Friuli Venezia Giulia dalla Regione con l'Aas3 per valutare vantaggi e impatto economico della nuova tecnologia Baxter per la dialisi peritoneale automatizzata. I dati sono stati analizzati da Crea Sanità (Consorzio per la ricerca economica applicata in sanità); 21 i pazienti arruolati, "seguiti per un anno, 6 mesi con tecnologia preesistente e 6 mesi con telemedicina-telemonitoraggio bidirezionale, con il nuovo sistema Claria Sharesource", spiega Gianpaolo Amici, direttore Nefrologia e Dialisi Aas3. "Abbiamo notato una netta riduzione di accessi ospedalieri, ricoveri, visite programmate e non, che si è tradotta in un'analisi economica molto favorevole. La valutazione ha permesso di quantificare tra i 300 e i 700 euro di risparmio mensile per paziente applicando la nuova tecnologia".

Lo scopo dello studio era dimostrare il vantaggio economico e per i pazienti, e il risparmio di tempo e risorse. "Con l'applicazione della telemedicina si è osservata una riduzione delle telefonate pro-capite mensili (da 0.6 a 0.5), e un calo del 50% o più negli accessi programmati al centro (da 2.2 a 1.0), in quelli non programmati (da 0.4 a 0.2) e nelle giornate di degenza (da 1.7 a 0.8) - dice Amici - L'analisi economica ha restituito un vantaggio nei costi globali mensili di follow-up, escludendo il materiale dialitico necessario, da un range di costo di 747-1.295 euro con la vecchia tecnologia a un range di costo di 305-389 euro con la nuova. E si è mostrato il corretto funzionamento del sistema e un miglioramento della qualità della vita dei pazienti". Valutati anche i costi sociali, in termini di tempo perso per il paziente e i suoi familiari.

L'aspetto innovativo, secondo Di Liberato che porta l'esperienza della sua équipe con il sistema, "è nell'immediatezza e nella semplificazione dei controlli. Il nuovo sistema ci permette di poter verificare quotidianamente da remoto, anche da smartphone, l'attività del paziente e l'aderenza alla terapia e di intervenire prima", 'spostando' dati e non persone. Non a caso per la sperimentazione in Friuli Venezia Giulia è stata scelta un'area complessa da un punto di vista geografico. Il 19% dei pazienti arruolati è residente in zone di montagna (20 km, su strade non agevoli, la distanza media dal centro che li segue).

"La comunicazione che viene garantita dalla nuova tecnologia è bidirezionale - aggiunge Di Liberato - e il medico può modificare, programmare e personalizzare la terapia, oltre a intercettare tempestivamente eventuali allarmi, prevenendo un uso scorretto della macchina per la dialisi peritoneale automatizzata e anche possibili complicanze. E' un'innovazione reale, non un 'Grande fratello'". Per agevolare le decisioni delle aziende sanitarie sull'implementazione di simili sistemi di trasmissione dati, nel corso del simposio di oggi è stato chiesto da alcuni specialisti alla Sin un documento in cui la società scientifica sottolinei l'assenza di criticità sulla privacy.

Per centrare l'obiettivo della domiciliarizzazione della dialisi, "bisogna avere il coraggio di cambiare aspetti organizzativi, anche attraverso l'uso della tecnologia", riflette Di Liberato. "Nel corso del convegno abbiamo visto diversi modelli innovativi da portare avanti - evidenzia Gianfranca Cabiddu, coordinatore del Gsdp della Sin e responsabile della Struttura dialisi peritoneale dell'azienda ospedaliera Brotzu di Cagliari - come quello della dialisi peritoneale assistita, in situazioni in cui il paziente non si può autogestire e non ha a disposizione un supporto familiare". Ci sono esperienze in Rsa e realizzate da ospedali come il Bassini di Cinisello Balsamo.

Gli specialisti della struttura sanitaria milanese hanno spiegato di aver affrontato il tema della domiciliarità "di fronte alla crescente domanda di trattamenti dialitici ospedalieri" e di essersi resi conto che "i pazienti nel 50% dei casi esprimevano il desiderio di fare la dialisi peritoneale a domicilio, ma solo il 20% avviava questo percorso", per ostacoli legati il più delle volte alla "non autosufficienza o all'assenza di un caregiver". Da qui l'idea di arruolare gli Oss (operatori sociosanitari) per inviarli a domicilio. Si è partiti nel 2014 con 4 pazienti e un budget di 30 mila euro, salito adesso a 250 mila euro insieme al numero di pazienti coinvolti. "Oggi possiamo dire che siamo riusciti anche a risparmiare - continuano gli esperti - Il trattamento dialitico assistito a domicilio è più economico della dialisi ospedaliera. Ogni anno abbiamo un risparmio di circa 4 mila euro a paziente, considerando anche gli accessi non effettuati".

Gli Oss, raccontano gli specialisti del Bassini, vengono "istruiti a fare le manovre con la macchina per la dialisi, ma anche a riconoscere eventuali segni che possono rappresentare un alert per i medici (sovraccarico di acqua, sintomi di peritonite, e così via). I report sono quotidiani. E così sia le complicanze che gli abbandoni della dialisi peritoneale sono ridotti al minimo. Si tratta di pazienti anziani fragili - puntualizzano - che in emodialisi morirebbero in brevissimo tempo".

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