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Manovra, la denuncia di Gimbe: "Alla sanità nemmeno le briciole"

08 ottobre 2018 | 13.05
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Nella Manovra 2019 il debito pubblico cresce, ma alla sanità non spettano nemmeno le briciole. E' la denuncia della Fondazione Gimbe, che ha condotto un'analisi della nota di aggiornamento al Def 2018, da cui emergono "tutte le contraddizioni di una manovra che porta alle stelle il debito sacrificando le tutele pubbliche. La sanità continua a rimanere fuori dall’agenda politica e nonostante le dichiarazioni di intenti del contratto di governo - elenca - nessun rilancio del finanziamento pubblico, pochi interventi realmente innovativi e dubbi sulle reali coperture. Non solo. Cala il silenzio su rinnovi contrattuali, sblocco dei nuovi Lea ed eliminazione del superticket".

Per Gimbe, la nota di aggiornamento al Def 2018 "conferma tutti gli impegni più 'popolari' presi in campagna elettorale da M5S e Lega. Tenendo conto dell’enorme indebitamento, dell’incertezza sulle coperture e della prima bocciatura da parte dell’Ue, è evidente che per la sanità nella prima Legge di Bilancio giallo-verde il triennio 2019-2021 è buio pesto - proseguono gli esperti - Unica ragionevole certezza è che il miliardo aggiuntivo stanziato dal precedente esecutivo rimarrà indenne, con un finanziamento pubblico per il 2019 di 114,396 miliardi di euro".

"Dopo quasi un decennio di tagli e definanziamenti destinati al risanamento della finanza pubblica - afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe - da un Governo che si definisce 'del cambiamento' ci si aspettava che la sanità pubblica fosse rimessa al centro dell’agenda politica, tenendo conto del programma contenuto nel Contratto. Invece, nonostante l’ aumento del debito pubblico, tutela della salute, ricerca e sviluppo e innovazione non hanno diritto di cittadinanza nella manovra di fine anno", evidenzia l'esperto.

Ecco cosa emerge, alla vigilia della discussione della Legge di bilancio, dall'analisi indipendente della Fondazione Gimbe. Quanto alla revisione delle stime finanziarie, la Nota di aggiornamento al Def azzarda una crescita del Pil del 3,1% nel 2019, che schizza al 3,5% nel 2020 per poi tornare al 3,1% nel 2021, ma contiene l’aumento percentuale della spesa sanitaria a 0,8% nel 2019, 1,9% nel 2020 e 2% nel 2021. Questo primo dato certifica che la crescita della spesa sanitaria nel triennio 2019-2021 rimane ben al di sotto di quella stimata per il Pil nominale - si sottolinea - Inoltre, considerato che l’indice dei prezzi del settore sanitario è superiore a quello generale dei prezzi al consumo, la restrizione in termini di spesa reale è ancora più marcata.

Rispetto al Def 2018, la nota aumenta dello 0,1% per anno il rapporto spesa sanitaria/Pil (6,5% nel 2019 e 6,4% nel 2020 e nel 2021), ma non conferma l’attesa inversione di tendenza annunciata dal premier Conte. Parallelamente aumentano le stime della spesa sanitaria rispetto al Def 2018: 117,239 miliardi euro per il 2019 (+857 mln), 119,452 mld per il 2020 (+880 mln) e 121,803 per il 2021 (+909 mln).

Rimane poco comprensibile il notevole incremento (+2,4%) della spesa sanitaria dal 2017 al 2018 stimato in ben 2,732 miliardi di euro. Considerato che tutte le Regioni hanno raggiunto un sostanziale pareggio di bilancio, come interpretare gli oltre 2,9 miliardi di spesa sanitaria previsti nel 2018? E' un via libera - chiede Gimbe - a spendere in libertà in questi ultimi due mesi? Concretizza una (inverosimile) 'iniezione' straordinaria di liquidità di fine anno? Oppure si tratta di una sofisticata mossa contabile, se non di una clamorosa svista?

L'analisi di Gimbe rileva, inoltre, "alcune clamorose contraddizioni. Si vuole 'migliorare la garanzia dell’erogazione dei Lea in modo uniforme su tutto il territorio nazionale', ma il Governo ha già confermato il via libera al regionalismo differenziato che aumenterà le diseguaglianze. Si propone di aumentare l'attenzione per la promozione e la prevenzione della salute, senza prevedere azioni correlate né tantomeno risorse".

"Infine - commenta Cartebellotta - è anacronistico affermare che bisogna 'prepararsi ai cambiamenti derivanti dal progresso scientifico e dall’innovazione tecnologica', ovvero si continua a ignorare il ritardo decennale nell’adozione di tecnologie innovative per trasformare l’assistenza sanitaria". Infine, il capitolo delle 'azioni previste'. Viene confermata la volontà di "completare i processi di assunzione e stabilizzazione del personale" e l’aumento delle borse di studio per medicina generale e specializzazioni: il costo già stimato dalla Fondazione Gimbe è di 1,1 miliardi di euro per assumere 20.000 professionisti sanitari, di 250-300 milioni per le borse di studio di specializzazione e 40 milioni (già stanziati) per il corso di formazione specifica in medicina generale. Nessun cenno ai rinnovi contrattuali, per cui si stima 1 miliardo di euro.

Miglioramento della governance della spesa sanitaria. Azioni limitate a farmaci e dispositivi: risoluzione dei contenziosi sul payback farmaceutico, nuove modalità di calcolo di scostamenti dai vincoli della spesa farmaceutica per acquisti diretti e del tetto della farmaceutica convenzionata 2017-2018, adeguamento per il 2019 dei criteri per la contrattazione del prezzo dei farmaci, specifiche direttive per l’acquisizione delle categorie merceologiche sanitarie. Nessuna stima delle risorse potenzialmente recuperabili da tali azioni.

Oltre all’istituzione dell’Anagrafe nazionale dei vaccini, nella nota si propone l’implementazione del Fascicolo sanitario elettronico in tutte le Regioni, la connessione dei vari sistemi informativi per tracciare il percorso del paziente e l’estensione della tracciabilità dei medicinali al settore veterinario. Non sono stimati, però, gli investimenti necessari e le risorse recuperabili. Sul fronte Lea sono previste due azioni rilevanti: la definizione degli standard per l’assistenza territoriale e l’avvio del nuovo Piano nazionale per il governo delle liste d'attesa, ma non c'è alcun cenno allo sblocco dei nomenclatori tariffari dei 'nuovi' Lea per i quali manca la copertura finanziaria (800-1.600 milioni), né di effettuare un consistente sfoltimento delle prestazioni incluse.

Subordinata alla "garanzia degli equilibri economico-finanziari del Ssn" la revisione della disciplina della compartecipazione alla spesa e delle esenzioni. Nessun cenno all’eliminazione del superticket. Infine, una cabina di regia definirà le priorità per gli interventi di edilizia sanitaria relative all’adeguamento antisismico, all’osservanza delle norme antincendio e all’adeguato ammodernamento tecnologico, senza alcuna stima delle risorse necessarie, né alcun riferimento a quelle della Corte dei Conti che ha valutato in 32 miliardi il costo per ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico.

L'analisi della nota di aggiornamento al Def non lascia, dunque, molte speranze. "La prima cartina al tornasole - conclude Cartabellotta - con cui il governo del Cambiamento poteva dimostrare che il rilancio del Ssn è una priorità politica, è già andata in fumo: senza invertire la tendenza del rapporto spesa sanitaria/Pil è impossibile un consistente rilancio del finanziamento pubblico nel prossimo triennio. Manca un approccio di sistema per salvare il Ssn, le azioni innovative e rilevanti previste per la sanità sono poche e la copertura finanziaria è al momento molto incerta. Infine, il silenzio sul rinnovo dei contratti e sul via libera ai nuovi Lea, lascia ancora più perplessi sulla volontà dell’Esecutivo di aumentare le tutele pubbliche".

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