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Lavoro: il futuro dell'azienda, tra persone e robot

24 ottobre 2014 | 16.06
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La sfida lanciata dal Future managment tool è quella di far sì che i robot possano contribuire alla produttività di un'impresa senza che gli uomini restino senza lavoro

Robot intelligenti come l'essere umano potranno aiutare le imprese italiane a essere più efficienti senza sacrificare i dipendenti. Non è fantascienza, ma uno scenario più vicino di quanto si possa pensare. In un convegno organizzato dal Cfmt, Centro di formazione management del terziario creato da Confcommercio e Manageritalia, si è parlato di futuro prossimo e di integrazione nel mondo del lavoro tra macchine e uomini. La sfida lanciata dal Future managment tool è quella di far sì che i robot possano contribuire alla produttività di un'impresa senza che gli uomini restino senza lavoro. Enrico Pedretti, di Manageritalia, parla di necessaria "collaborazione" e ricorda che questi "sono i temi di oggi forse anche di ieri".

Michael Osborne, tra gli invitati al meeting organizzato al centro Ibm di Milano, è uno dei teorici della materia: ha pubblicato un report sui 'white collar robot' e sostiene che "tecnologie sempre più smart" permetteranno di sostituire gli uomini con robot "in occupazioni relativamente più alte", quelle dei colletti bianchi: "In passato - racconta Osborne all'Adnkronos - l'innovazione ha causato effetti nell'occupazione più bassa e i robot hanno sostituito gli esseri umani nelle fabbriche e nelle fattorie". Adesso, grazie alla tecnica, potrebbe essere diverso: "E' un cambiamento normale per la forza lavoro", dice.

I lavori più a 'rischio' nell'immediato, secondo Osborne, sono quelli legati alla "logistica, al retail, ma questo vale anche per i tassisti" ma i robot non riusciranno a compire quei lavori che hanno bisogno di un alto livello di interazione tra le persone. Durante la sua presentazione, Osborne spiega che "nel 1900 il 40% dei cittadini americani lavoravano nelle fattorie, nel 1999 il numero è crollato al 2%". A permettere questo è stato proprio il progresso tecnologico e questo non ha influito sul mercato del lavoro perché "nel 1900 il tasso di disoccupazione era al 5%, un secolo dopo al 4.2%".

In futuro alcuni settori subiranno l'arrivo delle "macchine intelligenti", ma secondo Osborne "i lavoratori molto preparati riusciranno a resistere". Come spiega Pedretti, questo è il momento per "aiutare gli imprenditori ad evolvere nella competitività e nel mondo del lavoro" senza considerare la tecnica necessariamente come una "minaccia". Pedretti dice che "il nostro compito è quello di stare su temi di frontiera che possano aiutare gli imprenditori di evolvere nella competività e nel mondo del lavoro".

Thomas Bialas è un futurologo e definisce "plausibile uno scenario in cui il 50% dei lavori verrà svolto da robot e computer connettivi". Gli uomoni hanno due chance: "Potranno essere disoccupati al 50% - dice - o potranno avere più tempo libero". La ricetta è quella di investire in preparazione per "far fare il lavoro sporto ai robot e avere noi più tempo libero per le cose fondamentali". Il rischio da evitare, secondo Bialas, è quello di "emulare i robot, copiarli o cercare di essere meglio; dobbiamo invece essere diversamente abili e fare quello che non possono fare".

Gli umani, insomma, devono premere su "intuizione, immaginazione e ispirazione, cioè - dice Bialas - nella parte creativa per andare lì dove nessuna intelligenza artificiale potrà mai arrivare". A che punto sia l'Italia sull'innovazione tecnologica lo spiega Pedretti: "Abbiamo delle imprese di nicchia che in ambieto di software e robotica scoprono e inventano qualcosa; manca la capacità di rendere tutto questo un prodotto che si vende su grande scala, rischiamo sempre che qualcuno ci rubi l'idea e che diventi capace di distribuirla in tutto il mondo. Questa è una cosa che non dobbiamo più fare, aiutando le imprese a fare rete".

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