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Fondazioni: Resti, escano da banche, nel loro interesse/Adnkronos

01 febbraio 2015 | 12.57
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Oggi, visto l'andamento dei mercati finanziari, possono farlo nel loro interesse, ottenendo perfino delle plusvalenze, spiega l'economista della Bocconi. Emmanuele Emanuele: "Non hanno fatto quello che prevedeva la legge"

Fondazioni: Resti, escano da banche, nel loro interesse/Adnkronos

Le Fondazioni devono uscire dal capitale delle banche. E oggi, visto l'andamento dei mercati finanziari, possono farlo nel loro interesse, ottenendo perfino delle plusvalenze. Lo sostiene, interpellato dall'Adnkronos, Andrea Resti, professore di Economia dei mercati e degli intermediari finanziari alla Bocconi, dopo l'appello rilanciato in questo senso dal presidente della Fondazione Roma, Emmanuele Emanuele, convinto che gli Enti "non stanno facendo quello che prevedeva la legge Amato-Ciampi: ritirarsi dal sistema bancario per dedicarsi ad aiutare il nostro Paese a mantenere quel livello di welfare che abbiamo acquisito e che a causa della crisi stiamo perdendo".

Resti spiega: "è corretto quello che dice Emanuele e la ripresa dei corsi borsistici crea spazi di opportunità. E' possibile limitare le minusvalenze o in alcuni casi addirittura ottenere plusvalenze. E' nell'interesse delle stesse fondazioni cedere le quote detenute nelle banche". Questo, anche perché "non esistono più i dividendi di una volta. Il settore bancario è un settore maturo, che ha una redditività più bassa che in passato, peraltro da spalmare in maniera meno vantaggiosa per gli azionisti a causa dei coefficienti patrimoniali rafforzati".

Resti non pensa a un nuovo intervento normativo. La legge, spiega, "già c'è ed è la legge Amato-Ciampi che è stata clamorosamente disapplicata, con le fondazioni che hanno conservato il controllo della banca conferitaria, addirittura ricorrendo alla leva finanziaria contro ogni logica del buon padre di famiglia". Piuttosto, Resti sollecita un intervento legislativo per "ottenere maggiore trasparenza nei bilanci delle fondazioni". Un'esigenza che il professore della Bocconi ritiene "imprescindibile".

Il punto di partenza dell'analisi di Emmanuele Emanuele, storico e critico azionista prima della Banca di Roma e poi di Capitalia, è che le Fondazioni devono tornare al loro ruolo sociale. Sarebbero dovute intervenire, a maggior ragione durante la crisi, in "settori nei quali l'Italia mostra maggiori criticità, come la salute, la ricerca scientifica, l'istruzione e la cultura".

Secondo Emanuele, invece, "hanno fatto esattamente il contrario di quanto prevedeva la legge Amato-Ciampi, rimanendo nel sistema bancario per più motivi, il più importante dei quali è certamente che le Fondazioni, soprattutto nella fase cui faccio riferimento io, erano popolate soprattutto da politici di mestiere che avevano interesse a essere presenti nel sistema creditizio, che svolge anche un'opera di acquisizione di consenso".

Una scelta che peraltro, secondo il presidente della Fondazione Roma, "non è stata vincente". Monte dei Paschi o Carige, spiega, "non mi pare brillino per i grandi risultati. Tutte le Fondazioni sul territorio hanno problemi, con l'eccezione di Milano e Torino che hanno patrimoni talmente rilevanti da potere fronteggiare la crisi. Hanno commesso l'errore di continuare a lavorare in un settore di crisi manifesta, con una desertificazione in alcuni territori degli interventi previsti dalla legge Amato-Ciampi, perché non ci sono più risorse dalle banche. A questo si aggiunge l'incomprensibile decisione del Governo di aumentare le imposte sui dividendi degli Istituti bancari".

Il legame ancora stretto tra Fondazioni e banche è finito più volte, anche negli ultimi mesi, sotto i riflettori dei lavori parlamentari. E' di metà dicembre la presentazione della proposta di legge del deputato di Scelta civica, Mariano Rabino, elaborata con i Radicali italiani. “Bisogna tornare allo spirito originario della legge Ciampi, attuando una completa e puntuale dismissione della partecipazione delle fondazioni nelle società bancarie. Tutto ciò va portato avanti in tempi certi, evitando così che in futuro si ripetano scandali inaccettabili come quello che ha coinvolto Mps", diceva Rabino presentando la sua iniziativa.

Nella stessa occasione l'economista Tito Boeri, oggi presidente in pectore dell'Inps, evidenziava che “il collegamento tra banche, fondazioni e politica è senza dubbio un legame che ha minato la solidità del nostro sistema bancario: le fondazioni sono state il cavallo di troia della politica nelle banche e gli effetti scellerati di questa commistione sono sotto gli occhi di tutti”.

Pierpaolo Vargiu, presidente della commissione Affari sociali della Camera, che ha presentato la proposta di legge con il collega Rabino, sottolineava come la proposta vada “portata avanti con determinazione" per fiaccare le resistenze del sistema. Le fondazioni "devono smettere di essere gli assessorati alla cultura arbitraria di un partito politico piuttosto che un altro”. E tutto ciò "va portato avanti in tempi certi, evitando così che si ripetano casi come quello che ha coinvolto Mps".

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