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Derivati: Cannata, Tesoro ne ha 163 mld, enti locali sempre meno/Il punto

10 febbraio 2015 | 19.10
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In audizione alla Camera Maria Cannata, responsabile del Tesoro per il nostro debito, ripercorre la vicenda Morgan Stanley e spiega che gli enti locali ormai stanno estinguendo i contratti

Roma: esterno del Ministero del Tesoro
Roma: esterno del Ministero del Tesoro

Quello dei derivati è un mercato che, in un certo senso, appartiene al passato (per il nostro Tesoro ma soprattutto per gli enti locali) ma che - nonostante le polemiche su alcune operazioni - è stato più importante di quanto si immagini, soprattutto nei momenti più duri della crisi. E' la 'fotografia' scattata in un'audizione alla Commissione Finanze della Camera (in realtà sospesa a metà per i lavori dell'aula, si riprenderà la prossima settimana) da Maria Cannata, Capo della Direzione del Debito pubblico del Ministero dell'economia. Ripercorrendo le problematiche di questo settore, la Cannata ha spiegato come dall'inizio della crisi finanziaria tutta l'attività del Tesoro "si è concentrata essenzialmente nella gestione e rimodulazione del portafoglio in essere, senza l'apertura di nuove posizioni". Un Tesoro che - ha aggiunto - ormai possiede "poche tipologie di derivati, funzionali agli obiettivi strategici di riduzione del debito".

Il risultato - secondo i dati diffusi alla Camera - è che alla fine del 2014 gli strumenti derivati per la gestione del debito dalla Repubblica Italiana ammontavano a circa 163,1 miliardi di euro, di cui 159,6 miliardi di valore nozionale e 3,5 miliardi di una componente marginale aggiuntiva. Unica eccezione al sostanziale blocco delle attività sui derivati, i cross currency swap, ovvero quel tipo di contratti con cui due controparti si accordano per scambiarsi reciprocamente un capitale iniziale, dei flussi periodici di interessi e un capitale finale, espressi in due valute diverse.

E' stata quasi una scelta obbligata "viste le criticità che cominciavano ad emergere nella gestione del rischio di controparte": infatti, ha spiegato la responsabile del debito pubblico del Mef, nella gestione futura del debito pubblico, il Tesoro punta a alimentare ''principalmente il filone dei cross currency swap, a copertura di emissioni in valuta estera, soprattutto in dollari''. "Da tale mercato l'Italia è assente dal 2010" ma "la domanda di titoli in dollari è tipica di una platea vastissima di investitori e diffusa a livello globale, poiché nelle gestioni di portafoglio una quota in divisa statunitense è quasi sempre presente ed è di ottima qualità" visto "che fra i più assidui investitori in dolari ci sono le banche centrali di ogni parte del mondo".

'Continua la cancellazione dei contratti delle amministrazioni territoriali'

La Cannata ha evidenziato come ''in prospettiva le banche saranno spinte a detenere meno titoli governativi in portafoglio e un emittente di grandi dimensioni come l'Italia deve con ogni mezzo allargare e per tempo le alternative a questo bacino di assorbimento''. "E' dunque opportuno - ha spiegato la dirigente del Tesoro - non precludersi anche mercati in valute diverse dall'euro senza per questo rimanere esposti al rischio di cambio, e dotarsi di ogni strumento per mantenere la convenienza economica di tali emissioni, come il sistema di garanzie bilaterali contemplato dalla legge di stabilità".

Grazie a questi interventi di 'collateralizzazione bilaterale', per la Repubblica Italiana - ha segnalato la Cannata - può essere quantificato un risparmio "intorno ai 5 punti base su un titolo triennale, ai 10 per un quinquennale e oltre i 20 per un decennale". La responsabile della Direzione del Debito pubblico ha segnalato comunque come , attraverso una azione di ricomposizione, ''il portafoglio derivati risulta oggi più bilanciato fra le diverse scadenze".

Punto delicato (viste le esperienze del passato) le operazioni condotte in questo campo dagli enti locali: tuttavia la relazione depositata dalla Cannata segnala come anche nel 2014 è proseguita "la tendenza alla cancellazione delle operazioni derivate" da parte delle amministrazioni territoriali, con l'estinzione di 16 contratti per complessivi 1,253 miliardi, a cui vanno aggiunti 20 contratti giunti a scadenza naturale per circa 245,6 milioni. Nel testo si rileva che ''in base alla documentazione trasmessa dagli enti interessati al 31 dicembre 2014 risultano censiti 433 contratti derivati detenuti da 216 enti, per un nozionale iniziale (al momento della stipula) di circa 24,767 miliardi di euro".

'Caso Morgan Stanley, esborso considerevole ma limitato da nostri negoziati'

In dettaglio, le Regioni ''si caratterizzano come i soggetti più rilevanti con 14,915 miliardi complessivamente stipulati'', pari al 60% del totale, seguite da 30 comuni capoluogo con 5,988 miliardi (24% del totale), da 32 province con 2,415 miliardi (10%) e 137 comuni non capoluogo con 1,449 miliardi (6%). Riassumendo, insomma, dal 2008, ha ricordato la Cannata, "da quando cioè è stato introdotto per regioni ed enti locali il divieto di sottoscrivere strumenti finanziari derivati, risultano scaduti o estinti anticipatamente 947 contratti di swap con un nozionale iniziale complessivamente cancellato di circa 16,2 miliardi". un fenomeno peraltro che aveva raggiunto la massima dimensione nel 2007 con 798 enti interessati e 1.333 contratti.

Inevitabile un riferimento alla controversa questione del contratto stipulato con Morgan Stanley, che all'inizio del 2012 aveva avanzato la richiesta di chiudere una posizione su un contratto derivato sottoscritto con il governo italiano nel 1994. La Cannata ha sottolineato come "alla fine del 2011 la posizione di credito della Repubblica appariva così fragile che Morgan Stanley ritenne di non poter tralasciare di avvalersi della posizione di forza'' legata a una clausola rescissoria del contratto.

Una estinzione anticipata che ha provocato perdite per 2,5 miliardi di euro ma che - ha spiegato la dirigente del Mef - avrebbero potuto essere molto più alte. In quell'occasione, ha ricordato, ''il Tesoro ha negoziato attivamente, effettuando alcune ristrutturazioni e chiudendo buona parte del portafoglio con la controparte: anche se l'esborso è stato considerevole è risultato comunque inferiore a quello che ci sarebbe stato subendo passivamente l'esercizio della clausola''.

'In tredici contratti restano clausole di risoluzione anticipata'

Ma la questione delle clausole è evidentemente un elemento che pesa nella valutazione delle operazioni su derivati. Alla luce di quella vicenda la Cannata - nel testo depositato in commissione - ha spiegato che in tredici contratti rimangono "clausole di risoluzione anticipata al valore di mercato''. "Tale facoltà - si precisa - è riconosciuta ad entrambe le parti contraenti a date definite in alcuni casi senza che sia necessario il verificarsi una qualche condizione, in altri, invece, subordinatamente al verificarsi di un evento di credito'' ovvero nel taglio del rating al di sotto di una determinata soglia (A- nel caso di Standard & Poor's e A3 nel caso di Moody's.

La pesante 'esperienza' maturata nel caso Morgan Stanley, evidentemente, ripropone il nodo del dialogo con le controparti (spesso grandi gruppi internazionali). ''Attualmente - ha rivelato la responsabile del debito pubblico - le controparti in contratti derivati del Tesoro sono diciannove, di cui diciassette sono Specialisti in titoli di Stato e due no" anche se queste ultime, ''sono di posizioni residuali''.

E comunque, ha rivendicato la Cannata, "potersi avvalere di un gruppo di banche impegnate a sottoscrivere con continuità, in ogni condizione di mercato, le aste di emissione dei titoli, nonché a sostenere il mercato secondario regolamentato con una presenza costante in quotazione su una molteplicità di titoli ha dimostrato tutta la sua importanza durante i momenti peggiori della crisi". "Nonostante le difficoltà, le attività del Tesoro sono state sempre coperte - ha concluso - con una tenuta che ha talora sorpreso il mercato stesso".

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