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Pensioni: contributi versati nel 2013 rischiano di pesare meno per svalutazione

28 marzo 2015 | 17.18
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I contributi versati all'Inps nel 2013 potrebbero pesare meno del loro valore effettivo. L'Istituto -a quanto apprende l'Adnkronos- starebbe valutando di applicare la norma contenuta nella riforma del 1995 che lega la determinazione del tasso di capitalizzazione per il sistema contributivo all'andamento del Pil nei 5 anni precedenti

(Infophoto)
(Infophoto)

I contributi versati all'Inps nel 2013 potrebbero pesare meno del loro valore effettivo. L'Istituto -a quanto apprende l'Adnkronos- starebbe valutando di applicare la norma contenuta nella riforma del 1995 che lega la determinazione del tasso di capitalizzazione per il sistema contributivo all'andamento del Pil nei 5 anni precedenti. Il problema si è posto perché nel quinquennio che ha preceduto il 2013 la variazione media del tasso calcolata dall'Istat è risultata negativa, ponendo per la prima volta da quando c'è la riforma non un problema di rivalutazione, ma di svalutazione o riduzione dell'importo.

La questione in un primo momento era stata risolta dal Presidente Tiziano Treu, autore della legge 335/95 in accordo con l'ex direttore dell'Inps Mauro Nori con la decisione di non procedere alla 'rivalutazione-svalutazione' per il 2013. Ma con l'arrivo del nuovo presidente Tito Boeri sarebbe tornata di attualità. Boeri infatti avrebbe riaperto la questione chiedendo formalmente un approfondimento della questione. La vicenda non è di poco conto. Se si dovesse decidere di svalutare i contributi, oltre al 2013 la questione potrebbe riguardare anche il 2014, la decisione avrebbe ripercussioni per tutti gli anni che mancano alla pensione decurtando di fatto il rendimento dei contributi versati di tutti i lavoratori in attività.

La vicenda riguarda circa 16 milioni di lavoratori ed era stata ampiamente analizzata prima dell'arrivo di Boeri all'Inps anche in riunioni tecniche con gli esperti della ragioneria e del ministero del Lavoro. Alla fine su decisione dei vertici dell'Inps si era deciso per una interpretazione che non contemplasse la svalutazione che potrebbe presentare profili di costituzionalità. La norma del 1995 sottolinea che "ai fini della rivalutazione del montante contributivo individuale....la contribuzione si rivaluta...".

Percio a fronte di un tasso di capitalizzazione inferiore a 1, si legge in una richiesta di parere del direttore Nori ai ministeri del Lavoro e dell'Economia, "non vi può essere rivalutazione del contributo accreditato, ma neppure può dedursi una possibile svalutazione del contributo nominale accreditato posto il tenore letterale della norma", che parla esplicitamente di rivalutazione. Nella lettera ai ministeri Nori conclude che "salvo avviso contrario dei Ministeri, l'Inps in ottemperanza al tenore letterale dell'articolo 1 comma 9 della legge 335 del '95 nell'ipotesi di variazione negativa della media quinquennale del Pil non procederà ad alcuna rivalutazione dei contributi accreditati limitandosi a considerare il valore nominale dei contributi accreditati". Una scelta che ora sembra essere rimessa in discussione.

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