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Imprese: il risveglio delle piccole, 25% vuole assumere nel 2015/Adnkronos

25 aprile 2015 | 13.34
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E' un'inversione di tendenza quella che emerge da un'indagine dell'Adnkronos. Nelle imprese più piccole l'effetto delle nuove norme del Jobs Act e della decontribuzione prevista dalla legge di stabilità rischia di avere un impatto ancora marginale

INFOPHOTO - INFOPHOTO
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Anche le piccole imprese tornano ad assumere. O, almeno, hanno intenzione di farlo da qui alla fine del 2015. E' un'inversione di tendenza quella che emerge da un'indagine dell'Adnkronos: è pari quasi al 25%, su un campione di oltre mille piccole aziende distribuite su tutto il territorio nazionale, la percentuale di quelle che dichiara di voler incrementare il numero dei propri collaboratori entro la fine dell'anno. Si tratta solo di un primo accenno di ripresa, considerato che oltre la metà delle aziende (il 55%) continua a lamentare condizioni di mercato che impediscono nuove assunzioni e che ancora il 20% delle pmi teme di dover licenziare.

In sostanza, le piccole imprese che hanno ridotto all'osso negli ultimi anni di crisi il proprio personale hanno l'esigenza di ripartire con nuovi innesti per rispondere a un primo incremento del volume degli affari. Ma è un'esigenza che, in molti casi, sembra destinata a non tradursi in occupazione stabile. Nelle imprese più piccole l'effetto delle nuove norme del Jobs Act e della decontribuzione prevista dalla legge di stabilità rischia di avere un impatto ancora marginale. E la nuova occupazione di essere ancora precaria.

Tra le imprese che dichiarano di voler assumere, infatti, tre su quattro di quelle sotto i 20 addetti ritengono di non essere pronte a impegnarsi con un contratto a tempo indeterminato. Troppo presto, evidentemente, per considerare duratura una ripresa che appare ancora troppo fragile. Così come viene considerato ancora troppo oneroso il rapporto di lavoro stabile.

La nuova occupazione, che per ora è solo potenziale, in alcuni casi, non è solo precaria. Diventa illegale, crea posti di lavoro fantasma, con rapporti senza alcuna garanzia. Durano quanto serve, finiscono senza preavviso. E' la flessibilità estrema, che non conosce regole. E la metà delle imprese che ammettono il ricorso al nero giustifica la propria scelta con l'eccessivo costo del lavoro. E' la fetta, ampia, di imprese che si dice disponibile a rientrare nella legalità con condizioni più favorevoli. Per tre su dieci, la scelta di campo è invece considerata irreversibile.

Il ricorso al nero, in sostanza, può essere anche un passaggio transitorio verso una nuova occupazione. Il 30% delle imprese che dichiarano di aver bisogno di più forza lavoro conta, prima o poi, di regolarizzare le posizioni. Il 40%, invece, lo ritiene improbabile ma non lo esclude; quasi un terzo del totale non pensa di poter tornare più ad una occupazione regolare.

Evasione, quindi lavoro nero, ma anche contratti impropri. In attesa che portino risultati i controlli che il ministero del Lavoro ha deciso di rafforzare, nell'ambito delle iniziative di contrasto al lavoro irregolare, sull'utilizzo distorto delle tipologie contrattuali flessibili, per identificare quei casi nei quali il ricorso a specifiche tipologie contrattuali, in particolare i contratti di collaborazione a progetto e le partite Iva, maschera rapporti di lavoro subordinato.

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