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Tfr: flop trasferimento in busta paga, lo sceglie solo 0,056% lavoratori

30 maggio 2015 | 16.16
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Report Osservatorio Consulenti Lavoro, a frenare i lavoratori anche le tasse troppo alte

(foto Infophoto)
(foto Infophoto)

Il Tfr in busta paga si sta dimostrando un flop e a frenare sono le tasse troppo alte. Su un campione di 1 milione di lavoratori, la scelta di liquidare il Tfr in busta paga è stata effettuata solo da 567, ossia lo 0,0567%, insomma molto meno dello 0,1%. E di questi, solo il 10% dei lavoratori ha tolto il Tfr da un fondo pensione integrativo, negli altri casi il Tfr era destinato all’Inps poiché dipendenti di aziende con più di 50 dipendenti. A frenare il trasferimento del Tfr nel 60% dei casi è stata la tassazione ordinaria ritenuta troppo penalizzante. E’ questo il risultato dell’adesione dei lavoratori registrata dall'Osservatorio della Fondazione studi dei Consulenti del lavoro a quasi due mesi di vigenza della norma inserita nella Legge di Stabilità 2015 ed in vigore dal 3 aprile scorso. L’identikit dei lavoratori richiedenti registra il 75% delle adesioni al Centro nord ed il 25% al Sud. Quasi la maggioranza, pari al 43%, è impegnato nel commercio, nel terziario e nel turismo, il 18% appartiene all'industria, il 9% alla piccola industria, il 12% all'artigianato, mentre il 18% rientra in altre categorie. Analizzando le fasce di reddito dei lavoratori richiedenti, l'Osservatorio rileva che il 50% ha un reddito pari a 30mila euro.

"I Consulenti del Lavoro all'indomani dell'approvazione dell'operazione 'Tfr in busta paga' avevano preventivato una scarsa adesione. Oggi ne abbiamo la conferma è il dato non ci stupisce ", ha commentato la Presidente del Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone. I lavoratori dunque, a partire da questa ultima data, spiega lo studio dell'Osservatorio Consulenti del Lavoro, hanno avuto la possibilità di presentare la loro istanza per liquidare il proprio Tfr in busta paga fino a giugno 2018. Tuttavia, sottolinea, "per espressa previsione del Dpcm la liquidazione in busta paga del dipendente che ha fatto richiesta è ammessa a partire dal mese successivo a quello di presentazione dell’istanza: ossia a partire dal mese di maggio in corso". "Questo insuccesso -afferma ancora Calderone- è l'ennesima dimostrazione che la politica ha spesso la percezione delle esigenze del mondo del lavoro ma non è in stretto contatto con chi parla tutti i giorni con lavoratori e imprese. La bontà del provvedimento è apprezzabile, ma non la sua struttura tecnica poiché la tassazione applicata a questa misura ne ha determinato il suo insuccesso fino ad oggi".

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