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Expo: Viti, in Delta Po molte opportunità di lavoro, giovani non si sacrificano

22 giugno 2015 | 07.00
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"Il riconoscimento se ben sfruttato può portare un significativo sviluppo per le attività economiche e la popolazione, ma mancano giovani disposti a sacrificarsi", spiega il presidente del parco a margine del convegno 'Beyond food sustainability', nel corso del quale si è celebrata l'assegnazione del marchio a tre parchi italiani

Foto dal sito
Foto dal sito http://www.parcodeltapo.org/index.php/it/

Il riconoscimento Mab Unesco è "uno strumento che se ben sfruttato può portare un significativo sviluppo per le attività economiche e la popolazione, ma mancano giovani disposti a sacrificarsi". Lo afferma Mauro Giovanni Viti, presidente del parco regionale veneto del Delta del Po a margine del convegno 'Beyond food sustainability' a Expo 2015, nel corso del quale si è celebrata l'assegnazione del marchio Mab Unesco per i tre parchi italiani dell'Appennino Tosco Emiliano, delle Alpi Ledrensi e Judicaria e del Delta del Po.

Il riconoscimento Mab Unesco, sottolinea Viti, "non è un marchio commerciale, ma un'etichetta che qualifica un intero territorio". "Abbiamo lavorato tanti anni perché la candidatura avesse un peso valido da poter essere sostenuta - afferma - e ora che il riconoscimento è arrivato, è diventato per noi un punto di partenza".

L'obiettivo è "accedere a piani di gestione dell'area in grado di rilanciare il territorio". Anche se, puntualizza Viti, "veniamo da stagioni nelle quali sia le amministrazioni dell'Emilia Romagna che del Veneto hanno investito molto sia in termini finanziari che di attività proprio proprio per evitare che le aree cedessero il posto al degrado".

Tuttavia, esiste un problema di ricambio generazionale che rischia di lasciare al palo il potenziale di opportunità: "Negli ultimi anni - assicura Viti - il Delta del Po ha avuto uno sviluppo economico notevole. Una valle da pesca, però, è un ambiente dove, per quanta tecnologia si possa utilizzare, l'esperienza umana è insostituibile, ma le condizioni di vita sono estreme". E questo, aggiunge il manager, "è un elemento caratteristico destinato a non mutare nel tempo".

Per questo desta molta preoccupazione il fatto che "non ci sono più giovani disposti a fare la vita delle valli, dove si lavora sette giorni su sette, 365 giorni all'anno tra nebbia e freddo d'inverno e caldo torrido d'estate". "Noi - conclude - continuiamo a sperare che "l'attività valliva venga incrementata, riuscendo a trovare il giusto ricambio generazione a quel tipo di lavoro".

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