"L'uscita della Grecia dall'area dell'euro, che era una possibilità teorica, non può purtroppo essere esclusa". Ad affermarlo, in un'intervista a 'Les Echos', è Benoit Coeuré, membro del direttorio della Bce, aggiungendo che "è la scelta del Governo greco di concludere le trattative con i creditori e di ricorrere ad un referendum che ha condotto l'Eurogruppo a non prolungare il secondo piano di salvataggio".
L'auspicio della Bce e delle autorità europee, sottolinea Coeuré, "è che la Grecia resti nell'area dell'euro. E' il senso della proposta che è stata fatta la settimana scorsa dalla Commissione Ue, dall'Fmi e della Bce sotto la forma di un programma di riforme e di un'offerta di finanziamento molto più favorevoli rispetto a tutte le proposte fatte in passato. L'Europa non ha mai abbandonato la Grecia".
Queste proposte, aggiunge, "permettevano alla Grecia di avere il tempo necessario e l'autonomia necessaria per fare le riforme". L'avanzo primario "era stato riportato all'1% del pil nel 2015 contro il 3% precedente".
Un 'no' al referendum dei greci, sottolinea ancora Coeuré, rappresenterebbe "un rifiuto dell'offerta degli altri 18 paesi dell'area dell'euro. Sarebbe allora molto difficile di riannodare i fili del dialogo politico. L'Eurogruppo ha chiaramente considerato che le proposte delle tre istituzioni (Commissione Ue, Bce e Fmi) erano al limite di quello che era accettabile".
A livello formale, sottolinea, "il programma di salvataggio si concluderà questa sera. Se la riposta al referendum sarà un 'sì' non ho dubbi che le autorità dell'area euro troveranno i mezzi per mantenere i loro impegni. La questione è politica. La risposta dipende dai greci".
Per quanto riguarda l'esposizione della Bce alla Grecia, Coeuré spiega che "i prestiti alle banche greche ammontano a 116 miliardi di euro" ai quali si aggiungono i prestiti legati al programma di riacquisto dei debiti sovrani deciso nel 2010 che ammonta a "circa 20 miliardi di euro".