Nel secondo trimestre del 2015, la dinamica tendenziale dei prezzi al consumo (pari in media a +0,1%) è compresa tra lo 0,3% misurato per le famiglie con i più elevati livelli di spesa (quelle dell’ultimo gruppo) e il -0,2% per le famiglie con spesa media mensile più bassa (quelle del primo gruppo). Lo rileva l'Istat.
Il differenziale di inflazione tra il primo e l’ultimo gruppo di famiglie, spiega l'Istat, è dovuto sia alla dinamica dei prezzi dei diversi aggregati di prodotto sia al loro peso nelle abitudini di consumo di ciascun gruppo.
La deflazione – che continua a caratterizzare l’andamento dei prezzi per le famiglie con minore capacità di spesa – è da ascrivere soprattutto, prosegue l'Istat, alla persistente seppur attenuata flessione dei prezzi dell’energia, un aggregato la cui incidenza sul bilancio di questo gruppo di famiglie è più che doppia rispetto a quella dell’ultimo gruppo.
Secondo Massimiliano Dona, segretario generale dell'Unione nazionale consumatori, i dati "dimostrano che le famiglie più povere hanno talmente ridotto i consumi allo stretto indispensabile, da avere una minore inflazione rispetto a quelle più ricche, che possono permettersi anche spese non obbligate".
"Nonostante la media dell'inflazione sia particolarmente bassa, +0,1% - fa notare - il differenziale tra il primo e l'ultimo gruppo è particolarmente elevato, 0,5 punti percentuali. Un segno delle differenze esistenti nei consumi tra chi arriva a fine mese e chi non ce la fa più. Un indicatore delle disparità sociali".