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Expo: Granarolo e l'Africa milk project, best practice per sviluppo sostenibile

07 settembre 2015 | 07.42
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Expo: Granarolo e l'Africa milk project, best practice per sviluppo sostenibile

Ottocento allevatori riuniti in cooperativa producono 30 quintali di latte al giorno. Succede a Njombe, in Tanzania, grazie all'Africa miilk project, programma nato nel 2004, promosso da Granarolo, in collaborazione con la Cefa onlus, e premiato come 'best practice' per lo sviluppo sostenibile da Expo Milano 2015. "Abbiamo realizzato una latteria: il latte, in parte, viene utilizzato per prodotti ispirati alla tradizione italiana; in parte viene somministrato a 29mila bambini dei villaggi", spiega il presidente di Granarolo, Gianpiero Calzolari.

"In Africa - dice parlando a margine del convegno 'Alimentazione e sicurezza per l'infanzia nei continenti', organizzato oggi pomeriggio a Expo - abbiamo sostenuto un progetto che replica il modello cooperativo sul quale Granarolo si fonda, in una delle zone più povere della Tanzania. Ci piace pensare che il seme che abbiamo gettato possa realizzare qualcosa che assomigli al nostro successo imprenditoriale", ma per ora si pensa all'immediato futuro. Dalla Tanzania il programma potrebbe presto spostarsi "in Mozambico", ma anche "il Gambia - sottolinea Calzolari - si è presentato chiedendo qualcosa del genere".

L'idea va "ben al di là di logiche di mero assistenzialismo", tanto è vero che "oggi la latteria-caseificio di Njombe cammina con le proprie gambe e ci avviciniamo a consegnare ai produttori locali la gestione della latteria". I 30 quintali di latte sono destinati alla produzione di prodotti come yogurt e formaggi, ma diversi litri vengono somministrati ai 29mila bambini dei villaggi "che vengono abituati a consumare un elemento così importante come il latte", sottolinea Calzolari.

Lo sguardo è sul mondo dell'infanzia. Giuseppe Ruocco, direttore generale per l'Igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del ministero della Salute, spiega che assicurare ai bambini "un’alimentazione che rispetti i principi della sicurezza alimentare è un dovere per coloro che adottano scelte strategiche. Non può sfuggire - ricorda - che il regime alimentare seguito nelle prime fasi della vita condiziona la salute in quelle successive": i difetti "o gli eccessi alimentari" in questa fase della vita, insomma, "si riflettono da adulto".

Nei paesi in via di sviluppo si stima che siano 200 milioni i bambini che soffrono di malnutrizione e le principali cause sono legate a disastri naturali, guerre e alla scarsa presenza di infrastrutture agricole. "Tutto quello che riusciamo a fare perché quei popoli possano avere l'autodeterminazione, e non affidarsi completamente alle multinazionali - aggiunge Calzolari - è un fatto di stabilità sociale, pace e prospettiva". Ma per farlo, "organizzazioni internazionali e soggetti privati devono trovare forme di collaborazione", dice.

L'accesso al cibo è, del resto, come sottolinea Adele Rossetti, direttore generale del World food programme Italia, "un punto di partenza per conquistare la libertà, giustizia e pace". Il Wfp - tra le più grandi organizzazioni umanitarie contro la fame nel mondo, sostenuta da donazioni volontarie - nel 2014 "ha fornito cibo vitale a più di 80 milioni di persone in 82 paesi e ha distribuito oltre 3 milioni di tonnellate di alimenti; 17 milioni di bambini hanno usufruito di pasti scolastici o di razioni da portare a casa distribuiti dal Wfp", aggiunge.

Per questo, esportare un modello imprenditoriale in Africa può aiutare, come dice Calzolari, a raggiungere "stabilità sociale e pace". Granarolo ha scelto il suo modello, quello cooperativo. "C'è un'immagine emblematica della nostra cooperativa: nel 1957 quattro-cinque mezzadri che consegnano latte in bicicletta. Oggi siamo diventati la più importante filiera nazionale e ci piace pensare che il seme gettato in Tanzania possa realizzare qualcosa che assomigli al nostro successo imprenditoriale", conclude Calzolari.

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